Un'agghiacciante dimostrazione di come Cosa Nostra continui a operare e a esercitare il controllo anche dietro le sbarre. Il blitz antimafia scattato ieri, con 181 arresti e oltre duemila carabinieri impegnati, ha svelato un dettaglio inquietante: un boss ha commissionato un pestaggio dal carcere e ha preteso di assistere alla violenza in diretta su uno smartphone introdotto illegalmente nella struttura penitenziaria.
Il pestaggio in diretta su smartphoneDalle intercettazioni è emerso che boss come Nunzio Serio e Calogero Lo Presti comunicavano tranquillamente con gli affiliati all’esterno del carcere grazie a cellulari introdotti illegalmente. Questi dispositivi venivano utilizzati come veri e propri “tele-citofoni”, attraverso cui i detenuti potevano impartire ordini e ricevere aggiornamenti in tempo reale sulle attività mafiose.
Uno degli episodi più sconcertanti riguarda proprio Calogero Lo Presti, che ha organizzato un vero e proprio raid punitivo nei confronti di un suo nemico, Giuseppe Santoro. Il boss non solo ha scelto personalmente la squadra che avrebbe dovuto eseguire il pestaggio, ma ha anche assistito all’aggressione in diretta, grazie a un video-collegamento dal carcere. Una dinamica che dimostra come la mafia stia utilizzando le nuove tecnologie per continuare a gestire i propri affari criminali anche dietro le sbarre.
De Lucia: "Cosa Nostra è ancora viva e presente"Il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, ha commentato l'operazione spiegando come la mafia, nonostante i colpi ricevuti, sia ancora molto radicata e pericolosa:
"Le indagini dimostrano che Cosa Nostra è viva e presente. Continua a fare affari e a cercare di riorganizzarsi, utilizzando canali comunicativi assolutamente nuovi."
L’introduzione di smartphone nelle celle e l’uso di chat criptate e videochiamate per le riunioni sono solo alcune delle prove della capacità della mafia di adattarsi ai tempi moderni.
De Lucia ha anche sottolineato le difficoltà nel contrasto al fenomeno, a causa della carenza di uomini in Procura:
"Lo Stato sta reagendo, ma in Procura mancano 13 sostituti e un procuratore aggiunto. Bisogna fare di più per arginare questa piaga."
Il procuratore capo ha anche ribadito come dalla mafia non si possa uscire facilmente, se non in due modi:
"O collabori con la giustizia o muori. Chi esce dal carcere, spesso, torna subito a ‘mafiare’. Le inchieste lo dimostrano chiaramente."
Tra le intercettazioni raccolte nell’ambito dell’inchiesta, emerge anche una certa frustrazione tra gli stessi mafiosi, che si lamentano della perdita di potere della criminalità organizzata rispetto al passato. Uno dei boss intercettati, Giancarlo Romano (poi ucciso nel febbraio 2024), esprimeva il suo rammarico per la situazione:
"Siamo ridotti a campare con una panetta di fumo… una volta si parlava di interi carichi, oggi siamo a terra. Senza un’adeguata formazione, senza collegamenti con il potere, la mafia non sarà più quella di una volta."
In una conversazione, Romano citava persino Il Padrino come modello di riferimento per la mafia, lamentando il fatto che le nuove generazioni di affiliati non avessero la capacità di creare rapporti con il potere politico ed economico, come accadeva in passato.
Una mafia sempre più tecnologica, ma sotto pressioneDall’inchiesta emerge una mafia che, pur attraversando un periodo di crisi, resta radicata e pericolosa. L’uso della tecnologia, le riunioni in chat, le direttive impartite direttamente dal carcere tramite videochiamata, dimostrano che Cosa Nostra sta cercando di adattarsi ai tempi moderni.