Uno schiaffo alle critiche e ai rilievi di incostituzionalità espressi dal presidente Napolitano allo stesso Alfano, convocato nel luglio scorso. Il ddl era stato approvato alla Camera l’11 giugno con la fiducia, sollevando le proteste della magistratura e della stampa; ma dopo lo stop del Colle il testo si è «addormentato» in commissione Giustizia al Senato.
Tutta l’opposizione si prepara a dare battaglia anche perché viene vista come una rappresaglia sull’inchiesta che riguarda la Protezione civile. La capogruppo Pd Anna Finocchiaro, avverte: «Sappiano che quel ddl, così come è uscito dalla Camera, non lo voteremo mai».
Berlusconi ha il mirino puntato sulle intercettazioni e, adesso, il Pdl ha riesumato il testo per non cambiarne una virgola. «L’importante è lasciare tutto com’è perché si incassi subito la legge», afferma Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo Pdl a Palazzo Madama. Eppure il relatore Centaro, sempre Pdl, aveva promesso modifiche. Il ddl andrà in aula al Senato il 7 marzo, il 3 in commissione riprende la discussione. Il premier avrebbe accelerato, ma ha talmente ingolfato il Parlamento delle leggi ad personam che ora ha la precedenza il Legittimo impedimento. E in commissione c’è ancora il ddl anti-pentiti (del senatore Valentino, pur disconosciuto da Alfano), mai accantonato e abbinato alla riforma del processo penale.
Il Colle ha esercitato la moral suasion perché il ddl venisse corretto: con gli aspetti di incostituzionalità non potrebbe firmarlo. I punti inaccettabili sono quelli che autorizzano le intercettazioni solo per «evidenti indizi di colpevolezza», anziché di reato (quindi quando il reato sarebbe già accertato), il carcere per i giornalisti - è impedita anche la pubblicazione di riassunti delle intercettazioni, e la «norma transitoria»: esclude l’applicazione delle norme ai processi precedenti all’entrata in vigore della legge, col rischio di creare confusione e disparità nei procedimenti.