E la sfida sarà tutta polarizzata sul confronto tra Bersani, Renzi e Vendola. Renzi ha aspettato che finisse la campagna elettorale delle elezioni regionali in Sicilia per cominciare la sua tournee nell'isola. E a Marsala farà tappa domenica sera, alle 21 nella sala conferenze dell'Hotel President, in via Nino Bixio. L'evento è organizzato dal consigliere provinciale Annamaria Angileri, anima critica per eccellenza del Pd marsalese, pronta a sostenere questa nuova battaglia.
Dichiara Annamaria Angileri: "Si tratta di una candidatura prestigiosa, che porta valore aggiunto al Partito Democratico, che in Sicilia ha avuto tra l'altro un trend negativo, dimostrato dalle elezioni regionali. Sulla candidatura di Renzi c'è un grandissimo interesse anche a Marsala, da quando abbiamo aperto il comitato si è avvicinata un sacco di gente, che non ha mai militato nel Pd, pronta a dare il suo contributo per cambiare questo partito, come ho sempre cercato di fare io".
Angileri è "contentissima" per Rosario Crocetta: "Gli ho dato una mano sin dall'inizio, quando ancora la sua candidatura non era avallata dal Pd, ed era sostenuta da pezzi del partito e dalla società civile". Il Pd, comunque, secondo Angileri, "ha fatto numerosi errori, ma bisogna guardare avanti". Il dato trapanese del Pd è critico: "Abbiamo eletto un solo deputato. Ne avevamo tre. Dovevamo mettere in campo tutte le persone che potessero portare consensi. Io avevo offerto la mia candidatura, ma hanno prevalso i soliti giochi di correnti. Si poteva e si doveva fare di più". Angileri fa gli auguri a Gucciardi, deputato eletto, e ad Antonella Milazzo, che era nel listino di Crocetta, "ma adesso bisogna lavorare per valorizzare quanto più persone possibili".
Ecco un'intervista di Matteo Renzi a La Stampa alla vigilia del suo viaggio in camper in Sicilia:
In Sicilia sta per andarci anche lui, magari non attraversando lo Stretto a nuoto - alla maniera di Grillo - ma in tour col camper, come da un mese e mezzo a questa parte. Tappa obbligata Pozzallo, dove nacque Giorgio La Pira, sindaco della città di cui adesso è sindaco lui: poi la Valle dei Templi, Gela e un paio di appuntamenti a sorpresa. Matteo Renzi dirà anche lì, come in questa intervista, che il voto siciliano non gli è piaciuto granché: fatta salva la soddisfazione per la vittoria di Rosario Crocetta («E’ stato un bravo sindaco, farà benissimo anche in Regione») e qualche riflessione controcorrente proprio su Beppe Grillo. Già, Renzi e Grillo: secondo molti, due tipi assai simili...
Il paragone la offende?
«Semplicemente non lo capisco. Casini va ripetendo che sarei un Grillo in doppiopetto... A parte la battuta, che senso ha?».
Beh, entrambi volete il noto «tutti a casa», e interpretate la politica in maniera, diciamo, un po’ aggressiva.
«Ma nemmeno per idea, guardi. L’unica cosa che abbiamo in comunque, forse, è l’aspirazione ad un radicale rinnovamento. Ma per il resto...».
Per il resto?
«Per il resto, credo non ci siano due persone più distanti».
Addirittura.
«Guardi, ci sono molti modi attraverso i quali tentare di rinnovare la politica. Uno è il metodo-Monti, diciamo così: politici a casa grazie ai tecnici; un altro è il sistema Grillo: tutto a base di demagogia, insulti e parolacce; poi ci sono io, che non c’entro niente né col primo né col secondo».
Dove sarebbe la differenza?
«Nel tentativo di rinnovare la politica attraverso la politica. Politica buona, fatta da gente nuova: e saldamente ancorata a valori, storie e tradizioni. Le pare il modo di fare di Grillo?».
Insomma, lei dice: c’è una questione di stile. Intanto, però, lui in Sicilia ha stravinto, no?
«Mah... Credo sia in parte addirittura deluso. Mi dicono che a un certo punto si fosse convinto di vincere davvero, non di arrivare terzo. Perché, non dimentichiamolo, in fondo Grillo è arrivato terzo».
E’ poco?
«E’ certo molto di più di quanto si aspettassero tanti leader nazionali, è vero. Ma è anche vero che si è impegnato in Sicilia per settimane anima e corpo. A parte la nuotata, idea interessante sul piano della comunicazione, mi pare abbia completamente fallito l’obiettivo principale: recuperare voti dall’astensione. Che infatti è cresciuta fino a infrangere la barriera del 50%. Preoccupante e spaventoso».
Come si ferma l’ascesa di Grillo? Glielo chiedo perché in molti pensano che solo lei potrebbe tenergli testa.
«Mi pare una fesseria. Non credo sia poi così difficile arrestarne l’ascesa. Il Pd può fermarlo - forse bisognerebbe dire: avrebbe potuto fermarlo - presentando alle Camere un vero e severo piano anti-casta. E’ su questo terreno che Grillo è cresciuto ed è su questo terreno che bisogna batterlo».
E’ stato fatto, in qualche modo.
«Ecco, appunto: in qualche modo. E il modo è che - dopo gli scandali nel Lazio e in Lombardia - si presenta un provvedimento per ridurre drasticamente costi, consiglieri e spese delle Regioni e poi lo si affonda in una qualunque commissione parlamentare. Che deve pensare la gente, esasperata come è?».
Che allora è meglio votare Grillo.
«Ed è un errore. A parte le parolacce, che dice Grillo? Lo ha mai sentito parlare dell’euro? Oppure della mafia, che non avrebbe ucciso nessuno? Uno lo ascolta e chiama il 118, no? L’unico suo argomento vero è la guerra alla casta: togliamogli quello e non resta più niente».
A parte Grillo, è sorpreso dal voto siciliano?
«Potrei dire che nulla di quel che accade in Sicilia mi sorprende più... Invece mi ha sorpreso l’esplosione del non voto, questo sì: è il vero dato su cui riflettere. E mi ha sorpreso - in parte - il calo del Pd, che quasi dimezza i suoi voti rispetto alle ultime regionali».
Però ha vinto.
«E’ vero. E faccio i complimenti e gli auguri a Rosario Crocetta. Il giorno dopo il voto, chi vince ha sempre ragione. Magari con qualche avvertenza...».
Del tipo?
«Ho letto che Bersani dice: è la prima volta che vinciamo in Sicilia. Ma in Sicilia hanno governato figure, come quella di Piersanti Mattarella, che hanno pagato quell’impegno con la vita e sono - devono essere - un riferimento per il Pd. Ecco, Bersani a volte fa trasparire un’idea di Pd che non mi convince: come se questo partito fosse un’evoluzione della sua militanza e della sua storia personale. Una sorta di nuovo Pci. Non è così, e non può essere così: la tradizione cattolico-democratica è linfa vitale per il Pd. Negarlo o dimenticarlo è sbagliato. Ed è un pericolo mortale per il Pd così come l’avevamo immaginato...».