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14/05/2013 04:49:45

Marsala, 1° maggio 1964. Una strage dimenticata. I familiari aspettano ancora la verità

Una disgrazia che colpì tutta Italia perché le vittime provenivano da ogni regione. Maria Papaleo è la sorella di uno dei 17 ragazzi che persero la vita in quel tragico incidente. Cosa successe quel giorno di quasi 50 anni fa?


Mio fratello si trovava nel collegio dei Salesiani da qualche mese. Per la festa del primo maggio i preti organizzarono una gita in barca all’isola di Mozia. Purtroppo le barche erano troppo piccole per trasportare tutti i ragazzi, e quella in cui era mio fratello si capovolse, ed è successa la disgrazia.

Lei quanti anni aveva quando successe? Cosa ricorda di quel giorno?

Avevo solo sei anni. Ricordo poco. Ricordo di quando arrivò il telegramma la sera, i miei genitori che partirono immediatamente per Marsala. E il loro ritorno, con la bara di mio fratello. Da mia madre ho avuto poche notizie, per lei è ancora un dolore enorme, dopo tutti questi anni, l’aver perso un figlio di 13 anni in questa maniera. Ed è difficile parlarne.

Una strage avvenuta in una maniera assurda. Evitabilissima con un po’ di buonsenso.

Dalle poche notizie che sono riuscita a trovare ho scoperto che queste barchette non fecero il tragitto normale indicato dalla Capitaneria di Porto ma seguirono una strada diversa. Purtroppo non erano controllati, anche la Capitaneria quando seppe del problema non riuscì ad arrivare in tempo.

Lei fa riferimento alle poche notizie che ha trovato. Anche perché sulla strage del primo maggio si è sempre detto e scritto poco.

Esatto. Io infatti in questo ultimo periodo ho trovato, durante le mie ricerche negli archivi storici, qualche articolo sull’Osservatorio Romano, altri trafiletti su L’Unità e poco altro. C’è stata anche un’indagine per omicidio colposo ma noi familiari non abbiamo mai avuto notizia sull’esito di questa inchiesta. Anche perché nel 1964 non ci si poteva costituire parte civile quindi le famiglie erano ignare delle decisioni che erano state prese nel condannare lew persone che hanno deciso di intraprendere questa gita in barca.

Lei un suo contributo lo sta dando in molti modi. È stato creato anche un sito internet dedicato alla storia di quel primo maggio.

Il sito è stato creato dal signor Caravello, nipote di uno dei ragazzi morti quel giorno. Anche lui ha trovato qualche notizia sui giornali dell’epoca. C’è questa volontà di ricordarli.

A proposito di memoria. C’è un monumento al cimitero di che ricorda la strage?

So di una scultura marmorea dedicata ai 17 ragazzi.

Lei non mai venuta a Marsala. Ha mai avuto la tentazione di andare a vedere i luoghi della strage dove è morto anche suo fratello?

Per varie vicissitudini non sono mai riuscita a completare la ricerca e fare una visita in loco. Mi sono però ripromessa di farlo. Di venire a vedere i luoghi in qui ha vissuto quei pochi e ultimi mesi mio fratello.

Il prossimo anno cade il cinquantesimo anniversario della strage. E per l’occasione si può provare a fare un po’ più di verità sulla vicenda, come sta cercando di fare lei con altri parenti di quei ragazzi morti nella sciagura.

Ci sembra giusto sapere la verità su come sono andate realmente le cose e su come andò a finire quell’inchiesta. E sembra giusto soprattutto perché il prossimo anno cade il cinquantesimo anniversario, e spero che le autorità locali ci daranno una mano. Almeno fare una messa solenne. Cosa che non è mai stata fatta, anche perché i genitori e i parenti si sono persi tutti di vista.

È importante lavorare sulla memoria. Ad esempio al cimitero di Marsala c’è un monumento, ma sembra che non ci sia alcuna stele allo Stagnone, luogo dell’incidente. Bisogna fare uno sforzo di memoria collettiva, lanciare appelli ai ricordi della gente. Chi sa parli, in sostanza.

Spero che i familiari possano mettersi in contatto per fare questo sforzo di memoria collettiva. Questo ci serve anche per trovare tutte le foto dei ragazzi. Notizie che possono farci piacere, ad esempio sapere come loro passavano le giornate, come hanno trascorso i loro ultimi momenti di vita. È una cosa che non ci può consolare, né togliere il dolore. Ma riavvicinarci ai nostri cari.