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20/05/2013 05:00:00

Marsala, il lago avvelenato. Così la Sicilfert smaltisce illegalmente il percolato

Ci sono due notizie, una buona e una cattiva. Quella cattiva è che il lago Maimone, il laghetto marsalese che si trova lungo la SS 188 (la strada che collega Marsala e Salemi) potrebbe essere stato avvelenato con tonnellate di percolato sversato illegalmente dalla Sicilfert srl. La vicenda però non è sfuggita alla Procura della Repubblica di Marsala: l’attività di sversamento è stata fermata dopo un’irruzione nei locali dell’azienda eseguita dal comando dei vigili urbani di Marsala.

  Aspettando la pioggia, solo la pioggia. E’ una regola fissa: ogni volta che piove le strade di Marsala si allagano nel giro di 10 minuti, anche meno. Ovviamente la via Salemi non fa eccezione, anzi, i canali di scolo certe volte si intasano al punto di costringerne la chiusura momentanea per motivi di sicurezza. Forse alla Sicilfert qualcuno avrà  pensato bene di approfittare della pioggia per liberare una parte del percolato stoccato nel magazzino di 2000 mq e riversarlo liberamente lungo la strada. Chi se ne accorgerà mai? Di notte, inoltre, la strada è quasi deserta.   Come smaltire illegalmente il percolato? La Sicilfert si occupa del compostaggio degli scarti della raccolta differenziata dei vari Ato della province di Trapani, Palermo ed Agrigento, nonché dei rifiuti provenienti da aziende di tutto il territorio siciliano. Un giro annuo che sfiora le 40mila tonnellate. Pochi mesi fa, mentre preparavamo questa inchiesta, tra l’Ato Tp 1 Terra dei Fenici e la Sicilfert è stato stipulato anche un accordo per la concessione ai comuni dell’Ato del compost per agricoltura.  

Come si forma il percolato? Tutta questa spazzatura, i rifiuti che classifichiamo come “umido”, dopo un processo di lavorazione vengono trasformati dalla  Sicilfert in concime. E’ proprio in questa fase che si forma il percolato: dall’infiltrazione di acqua nell’ammasso dei rifiuti, sommata ai processi di decomposizione, fuoriesce questo liquido nero, viscoso, dall’odore solforoso e putrescente. La Sicilfert è obbligata a smaltire il percolato conferendolo in apposite discariche specializzate. Un capitolo di spesa che, almeno durante il periodo compreso tra Gennaio e Marzo 2013 , l’azienda sembrava non essere intenzionata a pagare.   Alla Sicilfert lavorano circa 10 persone su due turni, dalle 6 alle 14 e dalle 14 alle 22. Durante le serate invernali di pioggia battente, dopo l’ultimo turno di lavoro, bastava attendere circa un’ora davanti all’azienda per vedere come il percolato fuoriusciva tranquillamente passando sotto due cancelli, si infilava nel canale di scolo della strada per proseguire dritto dritto fino al lago Maimone, a circa 800 metri di distanza. Il viaggio del percolato veniva inoltra agevolato dalla pendenza della strada: dopo circa 400 metri la strada sale di livello e, grazie alla velocità del flusso e all’ostruzione della canaletta destra, il percolato tagliava la strada in diagonale fino ad arrivare proprio davanti al lago. Questo bizzarro processo di smaltimento del percolato è stato ripreso dalle nostre telecamere, e lo potete vedere nel video pubblicato oggi su www.marsala.it   Pioggia sporca. Non è la prima volta che ci arrivano segnalazioni sulla Sicilfert. “C’è troppa puzza”, “infettano l’aria”, etc etc. Ma la puzza, ovviamente, fa parte della coreografia di tutte le aziende che smaltiscono rifiuti, è un dato acquisito. Per verificare eventuali danni all’ambiente e (di riflesso) alla salute dei cittadini ci vogliono prove concrete.   La nostra inchiesta inizia con la prima pioggia del 2013. Piove durante la notte tra il 16 e il 17 gennaio scorso. Non è una pioggia violenta ma basta per lucidare l’asfalto. Il percolato è lì, sotto il cancello della Sicilfert. Scende piatto verso la strada, si inchina sulla destra e si immette nel canale adiacente. Una buona parte scola all’interno delle caditoie che separano il manto stradale dal piazzale dell’azienda. Questo percolato non finisce nel lago, scende direttamente dentro la terra. C’è puzza, tanta puzza. Il retrogusto che lascia dentro la gola è un misto di zolfo e ammoniaca. Il percolato non dovrebbe trovarsi fuori dall’azienda, la normativa è chiara. L’articolo 192 comma 2 del Testo Unico Ambientale (D.L. 156/2006) parla chiaro: “E’ altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee”. E’ vietato, anche quando piove. Soprattutto quando piove.   Seguiamo il fiume nero. A destra e sinistra i vitigni si arrampicano sulle colline. In alto c’è un allevamento di pecore, proprio davanti alla Sicilfert, e quando vanno a pascolare brucano proprio l’erba innaffiata con il percolato. Sui bordi della strada cresce anche il finocchietto selvatico, quello che viene raccolto aspettando la pasta con le sarde. Ma è notte, non si ferma nessuno. Le pecore e le sarde riposano mentre il lago si ingrossa di percolato per tutta la sua estensione, circa 27mila metri quadrati.   E’ impossibile giustificare tutta la quantità di materiale sversato che fuoriesce dal cancello della Sicilfert. Una condotta guasta? Una falla nel magazzino destinato allo stoccaggio? E’ notte, piove, spiove e rispunta il percolato. Nero come un arcobaleno al contrario. Puntiamo la telecamera sul canale di scolo e vediamo due colorazioni divere. C’è fango, un ruscello piccolo, marrone chiaro, che avanza timido per la discesa. Poi c’è il percolato che lo spinge verso l’interno, lo avvolge e lo sconfigge. Passano altri due giorni, le nuvole sembrano essere meno cariche ma il percolato della Sicilfert ha lo stesso vizio delle lumache, ama l’umidità e va a cercarla. Anche a Febbraio, anche nelle sere in cui l’acqua piovana non ha la forza per trascinare il fango, il percolato riesce ad avvicinarsi al lago in solitario. La ripetizione costante di questa fuoriuscita sembra dimostrare che lo sversamento non avviene per disgrazia o per errore.  Questa storia va avanti per tre mesi, tra acquazzoni e promesse di primavera anticipata.   Arrivano i nostri. Piove anche la notte di sabato 9 Marzo. Questa volta però scopriamo di non siamo i soli  interessati all’attività della Sicilfert: ci sono anche i Vigili del Fuoco, i tecnici dell’Arpa di Trapani, gli uomini del Nucleo Ambientale dei Vigili Urbani di Marsala con un mandato di perquisizione. Entrano e piantonano i cancelli fino all’alba. Alle sei del mattino il fiotto di percolato è ancora vivo e si riversa lungo  la statale.     Disastro ambientale?  Il codice europeo dei rifiuti elenca due tipi di percolato:
  • 190702 percolato di discarica, contenente sostanze pericolose
  • 190703 percolato di discarica, diverso da quello di cui alla voce 190702
  La duplice classificazione dipende dalla presenza (190702*) o meno (190703) di sostanze pericolose. Il percolato della Sicilfert ha il codice 190703, non è pericoloso ma è un rifiuto speciale e nocivo. E, soprattutto, non si può sversare all’aria aperta. Soprattutto perché è nocivo. Le analisi effettuate dell’Arpa su tutti i punti investiti dal percolato (cancelli, sede stradale, terreni limitrofi e bacino del lago) dovranno confermare la presenza del liquame e in relazione a questi dati si potrà percepire l’esistenza e l’entità del danno ambientale. Il percolato ha una componente batterica e chimica e, soprattutto, percola. Batteri, nitrati, sostanze ammoniacali e altro ancora si depositano sulla terra e poi la perforano fino ad arrivare nella falda acquifera. Le piante circostanti lo assorbono, l’acqua li assimila, entrano in circolo in tutto il territorio.    Piano piano, subdolamente. I rischi di un’eventuale bomba ecologica saranno chiari solo a indagini ultimate. Nel sito www.sicilfert.it  viene sottolineato che “dalla lavorazione dei rifiuti la Sicilfert è in grado di ottenere un prodotto finale di eccellenti qualità agronomiche che fornisce anche allo stato sfuso alle aziende agricole del territorio circostante con un notevole valore aggiunto: il risparmio”. A prescindere dai risultati delle analisi, non ci sono alibi. Nessuno può avere il diritto di mettere in circolo tonnellate di percolato, spazzatura che i marsalesi smaltiscono pagando una (salatissima) Tarsu per poi ritrovarsela nelle falde acquifere grazie all’osmosi inversa.    Questa città ha avuto sempre un rapporto ambiguo con l’ambiente. Le fogne del centro storico scaricano le acque nere direttamente sul lungomare nell’indifferenza generale. Negli ultimi 30 anni le coste sono state cementificate violando ogni vincolo demaniale. Tra gli anni ’80 e ’90 le famiglie mafiose hanno seppellito rifiuti pericolosi in tutte le cave di arenaria che giacciono sotto le nostre contrade e adesso, in quelle zone, i casi di tumori hanno un’incidenza spaventosa. In Contrada Paolini e Bufalata i casi di leucemia, anche su minori, e sono all’ordine nel giorno. Di chi è la colpa? Di nessuno, ci mancherebbe altro. I marsalesi si ammalano senza motivo. Anzi, un motivo c’è: sono semplicemente sfigati. Talmente sfigati che invece di pretendere il diritto alla salute, fanno le barricate e raccolgono firme per riconquistare il parcheggio di Porta Nuova, con parcheggiatore abusivo annesso. La vita, si sa, è fatta di priorità.