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23/11/2013 07:05:00

Inside Golem II. Le intimidazioni di Cosa nostra. "Così non ci scassa più la min...”.

Chissà quanti barili di benzina avrà consumato Cosa nostra per tutti gli attentati incendiari che ha messo in atto in questi anni. C’erano i tipi più inclini ad armeggiare benzina e accendino, quelli che non aspettavano altro che dar fuoco a qualcosa. Piromani prestati alla consorteria mafiosa. C’erano quelli che venivano arruolati soprattutto perché erano bravi ad appiccare gli incendi. Come Lorenzo Catalanotto. Di lui i pm del processo Golem II, Marzia Sabella e Paolo Guido, scrivono nella memoria d’accusa proprio che le ragioni della sua affiliazione: risiedevano proprio nella particolare inclinazione di costui (Catalanotto, ndr) a realizzare attentati incendiari attraverso l’uso di liquidi infiammabili (RISALVATO: “tutti i giorni… minchia tutti i giorni veniva mi raccontava una cosa, e gli dicevo: “minchia ma cosi noi altri ci vuole una pompa di benzina”) fatto per cui veniva prontamente addestrato dalla famiglia mafiosa di Castelvetrano (“ma questo valido è ! minchia ! però io me lo sono addestrato … hai capito ?” non mi ha detto mai no! certe volte viene, minchia sempre…” andiamo zu GIOVA’”… l’ho portato con me… dice… che dobbiamo fare ? gli ho detto… … minchia da allora ci ha preso gusto! ora uno e due mi dice: “ andiamo, andiamo!”)”.
Sono diversi gli attentati incendiari venuti fuori nel processo golem. Imprenditori che non si “mettono a posto”, altri che fanno concorrenza alle imprese di Cosa nostra, e persone che parlano troppo. Che non si fanno il loro cazzi. Che auspicano l’arresto del boss super latitante, Matteo Messina Denaro. Come Pasquale Calamia, consigliere comunale a Castelvetrano. In consiglio comunale Calamia è arrivato ad auspicare l’arresto del boss. Questa cosa non è piaciuta ai fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, il capo non si tocca. E non piaceva nemmeno l’attività di Calamia che aveva pensato di creare un consorzio di produttori di olive del belice per regolamentare un po’ i prezzi. Un consorzio pulito, per un mercato pulito, senza dover scenere a patti con quello dettato da Cosa nostra, che nel Belìce controlla buona parte della filiera.

ASPETTANDO LA PIOGGIA.
Era l’ottobre del 2008 e Giovanni Risalvato, Lorenzo Catalanotto e Marco Manzo si organizzavano per appiccare l’incendio alla casa estiva del consiglier comunale a Triscina. Fanno sopralluogi, girano e rigirano per la strada provinciale 50. Si fermano, spengono la macchina, studiano come fare. Studiano come addormentare i cani randagi che giravano attorno alla proprietà di Calamia. Cosa mettere dentro le polpette: “quattro polpette dobbiamo preparare…ma tu che hai pillole o sciroppo?”. E poi si lamentano del tempo. Perché aspettavano la pioggia per fare l’attentato. La pioggia? Sì. Una serata poco movimentata, piovosa, una di quelle serate t’autunno in cui non trovi anima viva nelle località estive. “Doveva piovere e non piove… doveva piovere e non ha piovuto… se era una nottata che pioveva eh allora”.“ Io pensavo che ci saremmo sbrigati, compare”.. ”minchia n’avissimu spirugghiautu!”. “Deve piovere .. minchia sembra agosto… non c’è neanche vento”. Giorni e giorni di appostamenti, ronde, rischiano di danneggiare l’auto, di farsi scoprire. Aspettando la pioggia. Studiando il posto, la casa. Fanno un sopralluogo ancora più ravvicinato. Entrano in casa: “c’è la porta a vetri …la serranda…” “però questo è l’orario buono” “dobbiamo andare a risicare”“e fa la botta quando ..”. L’attentato poi viene rimandato ancora una volta, siamo a novembre, la storia va avanti da alcune settimane ormai. Ma in giro c’è movimento, ci sono stati degli arresti e non stanno tranquilli. “Minchia non mi piace… oggi ho visto cose troppo strane… è da due giorni che c’è troppo bordello” “io sono dell’avviso cumpà che la botta buona è la domenica”. Poi decidono per l’attentato. E’ il 23 novembre, i tre scendono dall’auto e appiccano il fuoco alla casa. Si sono risparmiati, questa volta, con la benzina. Si sono fatti bastare solo una tanica. All’ingresso dell’abitazione i tre piazzano dei lumini a forma di croce. E’ un chiaro segnale per quel consigliere comunale che sperava che arrestassero il loro boss. L’incendio viene poi tempestivamente domato dai vigili del fuoco. Catalanotto e Risalvato, dopo l’attentato e dopo aver accompagnato Manzo, passano da casa di Calamia. La sua auto è giù, parcheggiata. E’ ancora a casa, non sa ancora nulla di quello che è successo. I due in auto commentano soddisfatti. “ E’ a posto, così non ci scassa più la minchia!”.
 

IL RACCONTO DI LINARES.
Così l’ex capo della Squadra Mobile di Trapani, Giuseppe Linares, raccontava l’accaduto ai Pm: “Fumo notevole venne visto dal personale di Polizia operante uscire da questa abitazione, al civico 17, e viene notato proprio fumo uscire dalle tapparelle e uno di questi infissi con le tapparelle che era stato, come dicevo prima, divelto nella parte bassa e da cui fuoriusciva abbondantemente questo fumo. Sugli scalini che portavano a una veranda dove vi era la porta dell'ingresso erano stati posizionati, come ho anticipato, otto lumini funerari che erano stati disposti a forma di croce. A seguito di questo rinvenimento il personale ha provveduto ad avvertire la Sala Operativa del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Castelvetrano, il personale dei Vigili del fuoco e gli operatori della Polizia Scientifica affinché procedessero ai rilievi. I Vigili del fuoco sono arrivati alle 2:35, hanno forzato una delle finestre, si sono introdotti e hanno dovuto fare ricorso ai respiratori perché le stanze erano ancora pieni di fumo e in molte vi erano ancora fiamme alte che rendevano l'aria irrespirabile e hanno messo in sicurezza l'edificio. L'incendio era stato facilitato attraverso l'espediente di ammucchiare in ogni stanza arredi e materassi che erano stati cosparsi, per come risulta dalla relazione dei Vigili del fuoco, di liquido infiammabile ed è stato anche rinvenuto un bidone di plastica disciolto, per come era descritto nelle intercettazioni, facendo riferimento al bidone di nafta.
P.M. GUIDO - Cosa veniva riscontrato con riferimento alle modalità di ingresso?
DOTT. LINARES - Allora, gli individui che avevano posto in essere l'incendio erano entrati dalla recinzione, che era facilmente scavalcabile perché nella parte anteriore non è alta più di un metro circa, hanno forzato effettivamente una serranda e sono penetrati in una camera che corrispondeva alla camera da letto matrimoniale e hanno ammucchiato nel soggiorno poltrone e sdraio e vi hanno dato fuoco. Anche nelle camere da letto, ce ne erano due, anche in queste camere da letto è stato riversato liquido infiammabile sia sugli armadi in legno e sia sui letti, e sono stati cosparsi quindi i materassi di liquido infiammabile che sono stati dati alle fiamme. Nella prima camera da letto è stato rinvenuto su un materasso il residuo di un bidone di plastica parzialmente combusto e il tappo del bidone di plastica è di colore verde”.

L’OLIO, IL MERATO E VECCHI RANCORI.
I tipi di Matteo Messina Denaro a Castelvetrano hanno messo a segno diversi attentati incendiari. Quello di Calamia ha un’importanza particolare, perché fatto ai danni di un consigliere comunale, di uno che in aula ha voluto dire apertamente che era Matteo Messina Denaro a infangare il nome della città. Poi ci sono quegli attentati fatti per questioni di affari. Come l’intimidazione a Severino Lazzara e Nicola Clemenza, che si è costituito parte civile al processo Golem II. Secondo le indagini degli inquirenti i responsabili di queste intimidazioni sono stati Tonino Catania e Nicolò Nicolosi sotto le indicazioni di Risalvato. Succede tutto in una notte, quella tra il 30 e il 31 ottobre 2008. Sono vere settimane di fuoco. Gli uomini di Messina Denaro si preparano a una serie di attentati incendiari. A Severino Lazzara e Nicola Clemenza bruciano nella stessa notte le auto. Lazzaara è un sorvegliato speciale, l’incendio alla sua auto è un messaggio chiaro per ristabilire i rapporti di forza all’interno delle dinamiche criminali del Belìce. Nicola Clemenza bisogna intimidirlo – scrivono i pm – “per le sue interferenze negli equlibri economici del settore olivicolo al quale, notoriamente, è interessata Cosa nostra”.
L’attentato a Calamia, si ricoolega, anche al suo impegno per la costituzione di un consorzio olivicolo. Cosa nostra vuole mettere tutti in riga. Così i pm spiegano l’”utilità” dell’indimidazione. “Il ricorso all’atto incendiario, realizzato sempre nottetempo, è di per sé atto delittuoso certamente idoneo a creare nella vittima un assoluto senso di smarrimento e di incertezza in merito alla propria personale sicurezza sia con riferimento alla propria famiglia che ai propri beni; con la conseguenza che l’atto intimidatorio raggiunge quasi sempre un effetto che va ben oltre il danno patrimoniale cagionato: incide cioè sui diritti di libertà del cittadino e sulla sua stessa capacità di autodeterminazione; quando poi questi svolge attività imprenditoriale, ha l’obiettivo di condizionarne pesantemente le scelte e le decisioni”.