Dal 1999 in Sicilia vige lo stato di emergenza sui rifiuti, perchè? Mentre giacciono inevase diverse richieste per l’apertura di impianti per il trattamento dei rifiuti, continua il business delle discariche, e la gestione clientelare di un sistema che ha fatto dell’emergenza la sua ragione d’essere per sovvertire le regole e la trasparenza.
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Era il 1999 quando in Sicilia veniva dichiarata l’emergenza rifiuti. E se persino in Campania, nel 2009, lo stato di emergenza è finito, in Sicilia continua un sistema costoso e inefficente. E soprattutto improduttivo: la raccolta differenziata nell’isola è ferma al 7,3% e gli ATO, i carrozzoni creati per gestire la raccolta, e appena sciolti dal governo Crocetta, hanno maturato debiti per 1,3 miliardi di euro (fonte: Corte dei Conti).
L’emergenza continua. Con il grande business delle discariche, che in Sicilia sono gestite da privati. Uno dei costi principali della raccolta dei rifiuti è proprio questo: il trasporto in discarica. Tutti i Comuni della provincia di Trapani, ad esempio, sono costretti a depositare i loro rifiuti a Siculiana, in provincia di Agrigento. Con la doppia conseguenza del costo del trasporto, da un lato, e della creazione, nel territorio, di mini discariche di appoggio, centri di raccolta dei rifiuti fantasma, che vengono ricavati in zone industriali dismesse come in canili.
Ma perchè si dipende così tanto dalle discariche in Sicilia? Anzi, perchè non si fanno impianti per il trattamento dei rifiuti? E’ questa la vera alternativa alle discariche. I progetti, depositati alla Regione, sono tanti. E allora?
E allora, tutto tace. Forse perchè, con gli impianti a regime finirebbe l’emergenza, e con l’emergenza cesserebbe tutto quell’apparato burocratico, manageriale e clientelare ad essa collegato.
UN SISTEMA PAZZESCO. Ecco perchè l’emergenza conviene.. …
Agli occhi di un osservatore esterno, il sistema della gestione dei rifiuti in Sicilia è pazzesco: da 15 anni c’è lo stato di emergenza; sulla carta si lavora per portare nei binari della normalità un sistema che, come dimostrano molte inchieste, è ad alta infiltrazione della criminalità organizzata; ma c’è una mano invisibile che impedisce la crescita di una normale filiera per la gestione e il trattamento dei rifiuti, un sistema che non solo permetterebbe di superare l’emergenza, ma anche di creare occupazione e posti di lavoro veri, al contrario delle clientele spropositate generate dai vari Ato in questi anni. Altro che emergenza: aprire un impianto di questo genere dovrebbe essere, pur nella sua complessità, qualcosa di ordinario.
Ma c’è l’emergenza. E allora tutto si ferma.
Uno status quo che conviene anche alla politica. Pensiamo a tutti i precari che in questi giorni attendono di sapere quale sarà il loro futuro una volta cessati gli Ato e con il nuovo regime delle Srr. La politica siciliana campa di questo, allungare la precarietà, per accrescere la dipendenza e dunque il consenso.
LE PRATICHE INEVASE. Ma torniamo a noi, alle pratiche inevase per la costruzione di nuovi impianti. Sono tutte lì, negli uffici dell’Assessorato ai Servizi di pubblica utilità, diretto da Nicolò Marino. Ottimo magistrato, impegnato sul fronte dell’antimafia. Però, le cose bisogna dirle (se no, come dice Pietrangelo Buttafuoco, cadiamo vittime dell’omertà dell’antimafia…), e da un magistrato ci si aspetterebbe non l’ennesima richiesta al governo dell’applicazioni di regole e procedure speciali, ma la normalità della legge, solo quella (che in Sicilia sarebbe un miracolo). E invece no, vige la deroga, come sempre, rispetto alle norme nazionali.
E a chiedere la deroga, al governo romano, è quello stesso assessorato che non riesce a portare avanti quei progetti, ordinari, che consentirebbero di non chiedere l’emergenza.
Che paradosso. E’ come un impiegato che chiede al datore di lavoro di pagargli lo straordinario, non perchè lavora di più, ma perchè non è capace di fare il suo lavoro.
L’AMMUINA. Sono decine ormai i progetti dormienti negli uffici dell’assessorato e riguardano anche le piattaforme di trattamento e gli impianti per il riciclaggio di materiali o di rifiuti speciali. La cosa non è passata inosservata. L’assessorato è lo stesso di cui la commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti (presieduta da Gaetano Pecorella) scrive nella sua relazione finale: «Il disordine organizzativo appare talmente ben organizzato da far nascere la fondata opinione che esso sia architettato per l’inefficienza della macchina burocratica in modo che ciascun ufficio possa giustificare la propria inefficienza con la presunta inefficienza di un altro ufficio”.
E’ la Sicilia del 2013, sembra la Napoli dell’800. L’ordine pare quello: “Facite ammuina”.
Tant’è che la commissione arriva facilmente alla conclusione: “Assolutamente inutile, anzi deleteria, appare allo stato la dichiarazione dello stato di emergenza nella Regione siciliana nel settore dello smaltimento dei rifiuti e la nomina di un commissario delegato, come peraltro avvenuto in passato senza alcun risultato».
Anche la Corte dei Conti, è intervenuta. La magistratura contabile si è occupata dei controlli relativi alla gestione delle risorse del fondo, istituito con una legge del 2007, per la promozione di interventi mirati alla riduzione dei rifiuti. Una manna, per una regione in emergenza. Ebbene, scrive la Corte dei Conti: “a fronte di uno stanziamento effettivo pari a € 20.000.000 l‘intera cifra è stata utilizzata, per un importo pari a € 14.000.000 a copertura di situazioni di emergenza ambientale in materia di rifiuti e per un importo pari a € 6.000.000 con gli Accordi di programma sottoscritti con le Regioni Molise, Basilicata e Siciliana”.
In pratica, la Sicilia da un lato chiede e ottiene somme dal governo per realizzare gli impianti per ridurre il quantitativo dei rifiuti da mandare in discarica. Dall’altro lato, però, siccome c’è l’emergenza, utilizza le stesse somme per continuare a ricorrere alla discarica…
LE RICHIESTE IN ATTESA. Ci sono adesso a disposizione della Regione, per i nuovi impianti, 200 milioni di fondi comunitari. Al di là del superamento dell’emergenza, questi fondi creerebbero un circuito positivo, di investimenti, cantieri, lavoro. Perchè i rifiuti devono essere una ricchezza solo in Germania e in Sicilia e in Italia no? Ci sono inoltre progetti privati che chiedono solo il via, senza risorse pubbliche. Solo per citare alcune istanze che dormono nei cassetti della regione la L.M.G. srl (società di Messina) ha chiesto di realizzare un impianto recupero di rifiuti speciali non pericolosi, la palermitana ECOL SEA ECOL SEA ha chiesto l’ autorizzazione per un impianto su chiatta / cisterna, la società Terra dei fenici chiede di realizzare due impianti (uno di compostaggio ed uno per la componente secca dei rifiuti), la R.C.M. Ambiente chiede di realizzare un impianto di compostaggio, e così via.
DEROGHE E CLIENTELE. Alla luce di queste notizie gli addetti ai lavori chiedono: «Perché non si autorizzano gli impianti che sono l’alternativa alle discariche? Perché la Regione non autorizza i progetti?”. Sono decine gli impianti da autorizzare, con i quali non sarebbe necessario invocare e ottenere l’emergenza che va avanti dal 1999, e si potrebbe tornare alla normalità. Normalità che in Sicilia significa rispetto delle regole, senza deroghe per nessuno. Ad esempio, sui pagamenti alle imprese. Nell’emergenza si può derogare alla regola dell’ordine cronologico dei pagamenti alle imprese, e oggi scegliere se pagare un’impresa alla scadenza stabilita o dopo qualche mese, se non anni, può significare portarla alla chiusura. Così come si può derogare nell’assegnazione dei fondi comunitari, terreno insidioso, dove si creano facilmente clientele: a te che sei amico del politico X do il contributo, a te, anche se magari sei in regola e meriteresti di più non dò nulla, tanto c’è l’emergenza…
BELLOLAMPO. La legge, in materia di fondi comunitari, è chiara: ci vuole un regolare bando, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana. Eppure, in materia di rifiuti, dal 1999 si è quasi sempre derogato. Un esempio su tutti, il più eclatante: i fondi girati all’allora Amia – oggi si chiama Rap – che fa capo al Comune di Palermo, per gli interventi a Bellolampo. Se non ci fosse stata l’emergenza, con il suo corollario di poteri e deroghe, i soldi (pubblici) non sarebbero potuti arrivare a Bellolampo. E stiamo parlando di € 32.070.376,98, euro. A Bellolampo è stata costruita una sesta vasca, e “per quattro anni - ha sottolienato il Sindaco Leoluca Orlando – per Palermo non ci saranno problemi”. Dopo, come sempre, si vedrà. Vengono smaltite 1000 tonnellate di rifiuti al giorno. Dalla dichiarazione dell’emergenza a Palermo (emergenza nell’emergenza) fino alla costruzione del primo lotto della nuova vasca sono passati appena quattro mesi.
Morale della favola: chi, tra gli amministratori locali, ha i conti in regola e ha fatto il proprio dovere – e nell’isola dell’emergenza, da solo, ha superato la crisi – non viene aiutato. Chi invece ha contribuito al dissesto, se ha le giuste conoscenze, può ottenere quello che vuole, senza se e senza ma.
Viene facile pensare alla “rivoluzione” annunciata dal Presidente della Regione, Rosario Crocetta. Qui, però, siamo fermi ancora all’anno zero. E’ premiato chi amministra male.
E fuori da metafora il dato obiettivo è uno: c’è uno stato di emergenza, nei rifiuti, creato ad arte. Omissioni, ritardi e connivenze sono noti. L’affidamento di appalti con procedure – appunto – emergenziali, è la regola di spesa dei fondi comunitari.
IL CASO DI GELA. UN SERVIZIO PAGATO DUE VOLTE. Prendiamo il caso dell’impianto di compostaggio e della discarica, privata, di Gela. L’impianto ha avuto un finanziamento di poco più di sei milioni di euro, ma nonostante siano passati anni dal finanziamento non è stato ancora attivato. E così, i materiali che potrebbero essere lavorati e destinati successivamente a usi produttivi (si pensi al compost in agricoltura) continuano a essere portati in discarica, zona Timpazzo. E la discarica di Gela ce la fa? Certo, ha anch’essa ricevuto fondi comunitari: 6 milioni e 288 mila euro. La discarica ha una tariffa di 91,22 euro a tonnellata (mai approvata da alcun ente e nessuno provvede a tutt’oggi…) e costa 20.000 euro al giorno: i contribuenti pagano due volte lo stesso servizio, perchè da un lato pagano lo smaltimento dei rifiuti con i costi della tassa ad hoc, la Tares, e una seconda volta con il finanziamento pubblico necessario per portare i rifiuti in discarica.
W l’emergenza.