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09/02/2014 07:00:00

Don Andrea Parrinello vive nel ricordo: il racconto di Giovanni Donza

Ecco, anche per questa domenica, il ricordo settimanale di Don Andrea Parrinello, il grande personaggio sportivo che dal dopoguerra fino agli anni 70 ha rappresentato il principale punto di riferimento per tutti i giovani marsalesi che si sono avvicinati al mondo del calcio creando un vivaio di giovani calciatori che si sono affermati sia nei tornei giovanili che in molte squadre dilettanti e professioniste. Il nuovo racconto ci viene fornito dal comitato nato appositamente e formato da Salvatore Lo Grasso, Emanuele Parisi, Totuccio Cardinale e Rino Bonomo, che continua a ricordarlo con una raccolta di testimonianze che il nostro sito si è impegnato a pubblicare. Eccovi, dunque, anche per questa domenica, il nuovo.

Episodio raccontato da Giovanni Donza  nato  il 20.01.1948.  Ha giocato dal 1964 al 1967.

La passione del gioco del calcio si è impadronita di me  sin da giovanissimo, avrò avuto  circa  12-13 anni.  Il mio grande desiderio, purtroppo mai realizzato, era quello di trasformare la  passione in una mia futura professione. Infatti, come tanti altri giovani,  anch’io ho sognato di diventare un campione dello sport.  Purtroppo il mio desiderio non ha mai varcato la soglia della realtà, ed è rimasto prigioniero tra le strette maglie dell’immaginazione di un adolescente a cui il destino aveva  riservato un dignitoso e onesto, ma faticoso, lavoro di autista. Nel 1962 e 63 ho giocato nei ragazzi della squadra tricolore, il cui allenatore era un appassionatissimo e preparato Sig. Di Giovanni. Nel 1964  grazie al personale invito di Don Andrea Parrinello, che accettai volentieri,  ho avuto l’occasione di giocare con la squadra dell’Olimpia. Il mio entusiasmo è stato incontenibile. L’Olimpia nel 1956 aveva vinto il titolo regionale e conquistato il diritto per partecipare, a Taranto, alle finali per il titolo nazionale. Un traguardo più che prestigioso! Era, dunque, d’obbligo dedicarsi con maggiore responsabilità ai duri sacrifici che il nuovo impegno comportava. Don Andrea non consentiva a nessun ragazzo,  per quanto bravo, di giocare se non partecipava agli indispensabili allenamenti. Gli orari in cui dovevamo allenarci, non costituivano alcun problema. Come da consolidata tradizione, Don Andrea, non imponeva orari, era di una elasticità impressionante; sempre disponibile. Non si stancava mai di ripetere  che prima di tutto veniva il lavoro o lo studio, dopo tutto il resto. Ai suoi  ragazzi non imponeva mai nulla! Tuttavia era sempre in grado, con qualche misterioso segreto, di convincerli ad agire secondo i suoi insegnamenti e desideri. Chissà quanti altri ragazzi, oltre al sottoscritto,  nel corso di così tanti anni, si saranno chiesti come può essere che quell’uomo, mai sposato, mai avuto figli, viene  così facilmente ascoltato dai giovani che notoriamente sono sempre in contrasto con la precedente generazione e in particolare con i propri  genitori?”  Forse qualcuno la risposta l’avrà e magari sarà anche giusta, oppure no! Chissa? Io preferisco non azzardare e continuare a ricordare quell’uomo,  oltre che come un grandissimo insegnate del gioco del calcio, anche come  un qualificato insegnate di buona creanza e di buon comportamento. Poiché Totuccio Cardinale, attraverso questa piacevole chiacchierata, me ne dà l’occasione, intendo raccontare due brevi episodi:

-         il primo riguarda specificatamente l’opera che don Andrea si proponeva – insegnare il gioco del calcio. A me  ha insegnato alla perfezione come si colpisce il pallone nelle svariate e infinite occasioni che durante il gioco si possono verificare; come sia possibile, oltre che indispensabile, controllare la  palla con qualsiasi parte del corpo; come  sia possibile precedere l’avversario e arrivare sulla palla prima di lui; quale tecnica particolare adottare per  ridurre al minimo le possibilità di farsi male in una ipotetica e probabile caduta per terra; mi ha  pure dimostrato come sia possibile insegnare ad un irriducibile malfidato Donza Giovanni a calciare anche col piede sinistro, anziché soltanto col destro. Devo riconoscere che non è stato poi tanto difficile. So con certezza che, nel corso di tanti anni, lo ha fatto almeno con un centinaio di ragazzi. Basta semplicemente rendere  fuori uso, legandolo saldamente a terra, il piede preferito del ragazzo, costringendo perciò il soggetto ad adoperare esclusivamente l’altro piede. Quando, prima o poi, avrà imparato la lezione oplà- il gioco è fatto. Segnalo che non dimenticava mai, proprio mai, di ricordarci che chi, durante un incontro, indossava una maglia di colore diverso dal nostro, non era un nemico, ma semplicemente un avversario e come tale andava assolutamente rispettato. Tutte le superiori citate raccomandazioni, è risaputo, le predicava tanto alle precedenti generazioni quanto alle successive.

 

-         Il secondo riguarda un malinconico, ma piacevole, episodio nel quale mi ritrovo con due miei compagni di squadra. Non ricordo esattamente l’anno, ricordo, invece, benissimo che mi trovavo in compagnia di Tumbarello Sebastiano, col quale quando ci incontriamo ci abbracciamo e baciamo, così come  gradirebbe  Don Andrea,  se fosse ancora tra noi, e con la Buon’anima di Rocco Curatolo,  col quale il destino è stato piuttosto spietato, chiamandolo  troppo presto in  cielo – sicuramente in Paradiso-. Dicevo che eravamo serenamente calmi e tranquilli che passeggiavamo lungo la strada più importante, più conosciuta, più vista e alla moda di Marsala. La Via Trus.. no forse era la via … coso la come si chiama?  Beh  non ricordo più  che via  era, è passato tanto tempo!  In quei momenti le  nostre menti erano prese da certi piacevoli  pensieri, non certo con Don Andrea.  A volte …. quando si dice il caso, insomma è stato proprio lui che, chissà come, ci siamo trovati davanti. Naturalmente non è stato necessario dare alcuna spiegazione. Tanto sarebbe stato inutile. Abbiamo, comunque, gradito moltissimo l’avviso di Don Andrea “ passeggiare da quelle parti era molto pericoloso”. E che era molto meglio per noi tre in futuro dimenticarci di quella zona. A meno che non preferivamo assistere alle prossime partite stando comodamente seduti in panchina.

Marsala, lì 28.09.2013                                                               Giovanni Donza