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17/02/2014 07:00:00

David Costa story. Quando le campane suonavano per lui

Erano ferme, immobili. Silenziose. Le campane della chiesa dell’Addolorata martedì sera. Nessun rintocco alla notizia della condanna definitiva all’ex assessore regionale David Costa. Non suonavano a festa come quella sera di dicembre del 2006, quando Costa invece venne assolto in primo grado. Nessuna veglia, nessuna preghiere per i fedeli, come accadde nelle interminabili ore d’attesa per quella sentenza che fece sperare l’ex deputato regionale.
Le veglie e le campane, come rito per il figliol prodigo, il pupillo di Pier Ferdinando Casini.
Per Costa adesso la condanna diventa definitiva. Dopo una vicenda giudiziaria durata quasi dieci anni, la Cassazione ha messo la parola fine. La condanna è di 3 anni e 8 mesi. Il reato: voto di scambio politico mafioso.
GLI ESORDI
Comincia nel 1996 la scalata di David Costa, figlio d’arte. Suo padre Vincenzo, ex deputato e assessore regionale, gli lascia il testimone a Sala d’Ercole. Costa approda all’Ars nel 96 con il CCD, nel 2001 arriva la rielezione con la Casa delle Libertà a sostegno di Totò Cuffaro, di cui sarà assessore alla presidenza.
CON CASINI
Era il pupillo di Pier Ferdinando Casini, Costa. Sul trampolino, lanciato verso Roma, passando per Cuffaro. Poi Polizia e Guardia di Finanza lo arrestano la mattina del 15 novembre 2005. L’inchiesta si chiama “Progetto Peronospera”, è quella che scoperchia gli intrecci mafia-politica a Marsala. L’esponente dell’Udc ha sempre respinto ogni accusa.
Casini e Costa a Roma facevano tante di quelle passeggiate. Parlavano parecchio. Al padre, nel corso di una telefonata intercettata del marzo 2005, l’ex Udc racconta di una conversazione avuta con Casini in cui il leader del partito lo prendeva a braccetto e lo rassicurava sul suo futuro politico. Poi gli dice “hai fatto bene a dimetterti”. Perché Costa nel frattempo si era dimesso da assessore dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia.
L’indagine a suo carico e di altri esponenti politici partiva dal lavoro della squadra mobile di Trapani, allora coordinata da Giuseppe Linares, che smascherava le attività della famiglia mafiosa di Marsala. Il capo era Natale Bonafede, arrestato il 31 dicembre 2003 dopo tre anni di latitanza assieme al capo mandamento di Mazara del Vallo, Andrea Mangiaracina, vicino a Matteo Messina Denaro.
Gli inquirenti nell’ordinanza di custodia cautelare allora scrissero che Costa avrebbe “stipulato un patto serio e concreto, con esponenti di rilievo della famiglia mafiosa di Marsala” per motivi elettorali “raggiunti tramite appartenenti al sodalizio criminale di quella famiglia”. Tra questi, oltre a Bonafede, ci sarebbero stati Davide Mannirà, imprenditore vitivinicolo, Rocco Curatolo, Antonino Bonafede e Francesco Raia.
Nonostante questo. Nonostante tutto, il leader dell’Udc durante la campagna elettorale del 2012 a Marsala venne a fare la sua passerella a sostegno di Giulia Adamo. Nella passeggiata per il centro città c’erano tutti. E c’era anche lui, David Costa. Pier, Giulia e David. Nella convention in cui Casini diede la benedizione alla candidatura di Giulia Adamo il leader dell’Udc non si trattenne dall’invocare un applauso all’ex deputato regionale che in quel momento affrontava ancora il processo. Scroscianti applausi. Rumorosi incitamenti. Che rimbombavano nella sala di villa Favorita. Come rimbombavano i rintocchi delle campane della chiesa Addolorata la sera dell’assoluzione in primo grado.
IN AULA
Rimbombavano le campane, rimbombavano i colpi di martello dei giudici nelle aule di tribunale. Tanti, tantissimi colpi sul banco della corte. Perchè il processo a carico di David Costa è stato lunghissimo. La scorsa settimana la Cassazione ha reso definitiva la sentenza con cui il 9 gennaio 2013 la sesta sezione della Corte d'appello di Palermo condannò l'ex assessore regionale a 3 anni e 8 mesi di carcere per voto di scambio politico mafioso (416 ter).
Fu questa l'imputazione riformulata dai giudici per il politico marsalese, che era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. A rispedire Costa dinanzi ai magistrati di II grado (diversa sezione) era stata, il 7 giugno 2012, la Cassazione, che annullò «con rinvio» l'assoluzione decretata il 17 giugno 2010 dalla III sezione della Corte d'appello, che aveva confermato la decisione del gup di Marsala Antonella Pappalardo. Costa in primo grado era stato giudicato con il rito abbreviato. Sia in I che in II grado, ma anche nel processo d'appello bis, l'accusa aveva chiesto la condanna a 5 anni.
Costa viene arrestato nel novembre 2005. L'inchiesta fu coordinata dai pm Massimo Russo e Roberto Piscitello. Secondo gli inquirenti David Costa sarebbe stato «interessato a ricevere il sostegno della famiglia mafiosa di Marsala» e nel 2001, nelle elezioni per il rinnovo dell'Ars, avrebbe ricevuto voti a fronte «di erogazione di somme di denaro». Contestata anche la disponibilità «ad assicurare l'ingerenza amministrativa nel Comune». Clamorosa, come pure la successiva ritrattazione, la dichiarazione di Giuseppe Galfano, nel 2001 candidato sindaco della Cdl, che riferì di avere visto il capomafia Natale Bonafede, allora latitante, sull'auto blu con Costa. Poi, però, inviò una lettera alla magistratura nella quale affermava di essersi sbagliato.
COSTA E PIETRO PIZZO
Durante quella campagna elettorale ci sono due uomini della famiglia di Marsala che parlano, vengono intercettati e non lo sanno. Parlano di politica. Di David Costa e di Francesco Pizzo, il figlio di Pietro, l’ex senatore socialista. Di quanto devono farsi dare per appoggiare i due alle regionali. Si chiamano Vincenzo Giglio e Vito Vincenzo Rallo. E il prezzo per il pacchetto di mille voti è 100 mila euro. Natale Bonafede non sembrava convinto della doppia iniziativa, preferiva, da quello che emerge dalle intercettazioni, sostenere soltanto Costa. Secondo lui aveva più chance e avrebbe potuto essere più utile alla causa. Rallo: “ma vedi che Pietro Pizzo non ce la fa …oh!”. Giglio: “ma che cazzo te ne fotte … quello vuole “uscire” 50 milioni … 100 milioni …”. “… Pietro Pizzo?” . “ …unca!”. “ … uh!”. “… e questo Davide Costa ne vuole uscire altri cento … e lui ha il “teorema” il “Comune” in mano …”. Destini che si rincorrono, quelli di Pizzo e Costa. Per una vicenda simile a quella di Costa, altrettanto tormentata sul piano giudiziario, e risalente sempre al 2001, nel marzo 2012 l'ex Sindaco di Marsala Pietro Pizzo è stato prosciolto, in Appello, per prescrizione del reato. Secondo l’accusa, nella primavera del 2001, Pizzo avrebbe versato 80 milioni di lire alla famiglia mafiosa di Marsala in cambio di un ‘pacchetto’ di circa mille voti per il figlio Francesco, allora candidato all’Ars.

COME BERLUSCONI
Dopo la pronuncia della Cassazione i difensori di Costa hanno annunciato un ricorso alla Corte europea. Costa ha già scontato 4 mesi di reclusione e 3 anni saranno condonati per via dell'indulto. Per lui gli avvocati chiederanno comunque l’affidamento ai servizi sociali. Come l’ex premier Silvio Berlusconi.