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22/02/2014 07:00:00

Eredità negata, lui si vendica: "Mio padre in affari con i boss. Farò confiscare i beni"

“Non posso avere la mia quota d’eredità? Non l’avranno neanche i miei fratelli”.
Una vendetta in perfetto stile “fratelli-coltelli”. E’ quella che sta tentando di consumare il 63enne italo-americano Francesco Giunta, originario di Campobello di Mazara, che alla Guardia di finanza di Marsala ha presentato una denuncia in cui afferma che il padre avrebbe accumulato le sue ricchezze grazie alla mafia. Perché? E’ lui stesso a spiegarlo: ‘’Non posso avere la mia quota di eredità? Non l’avranno neppure mio fratello e mia sorella. Farò confiscare tutti i beni di famiglia dallo Stato’’. Dopo un lungo periodo negli Usa, Giunta è tornato a vivere a Campobello qualche anno fa e nel 2010 salì agli onori della cronaca per aver protestato, un paio di volte, con sciopero della fame, davanti il Palazzo di giustizia di Marsala, manifestando il suo dissenso verso la decisione di un giudice della sezione civile del Tribunale che, a suo giudizio, avrebbe commesso degli errori nella spartizione, con fratelli e sorelle, dell’eredità dei genitori (il padre era un imprenditore nel settore del movimento terra). Adesso, la clamorosa svolta. ‘’Dovuta – dice Giunta assistito dall'avvocato marsalese Francesco Vinci– al fatto che i miei congiunti, con varie scuse, non vogliono darmi la mia parte di eredità e per questo non posso tornare in America e rivedere i miei figli. Per questo, ho deciso di riferire alle autorità, Guardia di finanza e magistratura, che nostro padre ha accumulato il suo patrimonio grazie alla mafia campobellese’’. E qui, affermando di parlare per conoscenza diretta dei fatti. E nella denuncia fa i nomi dei boss con quali il genitore sarebbe stato in affari: Nunzio Spezia a Natale L’Ala, i fratelli Luppino e il castlvetranese Paolo Errante. ‘’Mio padre – dice Francesco Giunta – era compare di Nunzio Spezia. Con Natale L’Ala faceva accordi e io ne so qualcosa, con Paolo Errante di Castelvetrano, spedito al soggiorno obbligato ad Abbiategrasso, hanno fatto insieme i lavori per la costruzione del nuovo ospedale di Castelvetrano. Io lavoravo con il camion per conto di nostro padre e tutto il materiale di terra veniva portato in campagna a Giuseppe Ala, mafioso di Campobello. Dirò alle autorità che i beni dell’eredità sono di provenienza mafiosa, cominciando delle cave di tufo abusive e dalle tasse mai pagate per i lavori con camion e pale meccaniche. Dirò anche delle case costruite abusive. Spero che il Governo si prenda tutto, così potrò tornare in America dai miei figli’’. Il 4 marzo, intanto, Francesco Giunta rischia di essere sfrattato dall’abitazione di Tre Fontane intestata al padre, ma che lui dice aver costruito con il proprio denaro (‘’Come risulta dalle carte tra me e mio padre’’), ma che nella spartizione dell’eredità non gli è stata assegnata. ‘’Mi hanno dato – dice – la cava che non vale nulla. Ma io non mi farò sfrattare’’.


TRUFFA NELLE ASSICURAZIONI. SEI MARSALESI A PROCESSO

Associazione per delinquere e truffa sono i reati contestati a sei marsalesi che, secondo l’accusa, avrebbero raggirato l’agenzia di una società di assicurazioni (Italiana spa). Per risparmiare sulle alte tariffe, avrebbero fatto i furbi sulla ‘’classe di merito’’ della auto assicurate. I fatti risalgono al luglio del 2010. Al centro della vicenda giudiziaria c’è una ditta di noleggio auto e furgoni (‘’G.P. rent a car’’) che ha sede a Strasatti. Titolare è Elena Cudia, anche se di fatto a gestirla era il marito, Giuseppe Genna. Con i due coniugi sono imputati anche Giovanni Anselmi e Salvatore Lo Grasso, collaboratori della ditta di noleggio, Francesco Lo Grasso, intestatario di alcuni contratti assicurativi, e Pietro Barraco. A far scattare l’indagine è stata una denuncia della compagnia assicurativa, che ha sede a Milano. Buona parte dei mezzi sui quali si sarebbe barato sulla classe di merito, fondamentale per stabilire il premio da pagare, costituisce il parco mezzi della ditta di autonoleggio. L’Italiana spa denunciò, in particolare, il fatto che i contratti di alcune delle auto non erano a carico della ditta di autonoleggio, ma di altri privati. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Dino Petralia, furono effettuate dai carabinieri. La truffa sarebbe consistita nel fatto che, intestando le polizze a privati, piuttosto che alla ‘’G.P. rent a car’’, era possibile pagare meno, accedendo a classi di merito inferiori a quelle riservate a una ditta di autonoleggio. In Tribunale, adesso, ha testimoniato Bruno Isolabella, funzionario dell’unità antifrode della Reale Mutua (alla quale fa capo anche l’Italiana Assicurazione, parte offesa nel procedimento), che rispondendo alle domande del pm Nicola Scalabrini ha dichiarato: ‘’La truffa era finalizzata a beneficiare di un grosso sconto assicurativo. Infatti, tutte le auto entravano nella classe prima, ma avrebbero dovuto essere nella 18esima. Tutto scaturì da una lettera che ci pervenne nel febbraio 2009 in cui un nostro assicurato ci chiedeva di approfondire un caso su due mezzi che sarebbero stati assicurati con noi, ma lui affermava di disporre di un solo mezzo e non era assicurato con noi. Poi, noi abbiamo chiesto all’agenzia presso la quale erano stati stipulati i contratti. Tuttavia, l’11 febbraio, ci giunse una seconda lettera dallo stesso utente, che si smentiva dicendo di avere due mezzi. Ma le firme sulle lettere erano diverse. L’uomo era Francesco lo Grasso. Ci siamo insospettiti e abbiamo avviato delle indagini, dando incarico ad un investigatore privato. Le polizze erano vere, ma i documenti per la stipula erano falsi. La truffa consisteva nel cambio del premio. Per 40 mezzi, la somma che avrebbero dovuto era di circa 55mila euro’’. La presunta truffa, però, potrebbe avere dimensioni più consistenti e non sono affatto da escludere eventuali sviluppi investigativi con coinvolgimento di altre persone.