“Civilmente responsabile per l’operato del suo preposto”. E’ stato questo il verdetto del Tribunale civile di Marsala che, accogliendo l’istanza degli avvocati Renato Salemi e Walter Renda, ha condannato “in solido” la Banca Mediolanum spa e un suo ex promotore finanziario, Giacomo Di Girolamo, di 40 anni, a risarcire, con 21.926 euro, più interessi e rivalutazione, una correntista (Vita Cudia, di 49 anni) che aveva affidato il denaro al promoter affinché questi lo depositasse sul conto corrente che la donna aveva in banca. Ciò, però, non era avvenuto. Il promoter, infatti, che per una serie di vicende analoghe è attualmente indagato dalla Procura di Marsala per truffa e appropriazione indebita, nonché falso in scrittura privata, avrebbe intascato il denaro. La donna fece l’amara scoperta nel 2009, quando si recò allo sportello della Banca Mediolanum per prelevare una somma che gli serviva per l’acquisto di un immobile. Dall’impiegato si sentì rispondere che lei tutti quei soldi sul conto non li aveva. Alla presenza di familiari, lei aveva dato oltre 31 mila euro al Di Girolamo. La banca, poi, dopo trattative, gliene restituì appena 10 mila. Inevitabile, per la donna, il ricorso agli avvocati. La donna fece l’amara scoperta nel 2009, quando si recò allo sportello della Banca Mediolanum per prelevare una somma che gli serviva per l’acquisto di un immobile. Dall’impiegato si sentì rispondere che lei tutti quei soldi sul conto non li aveva. Il giudice civile Manuela Palvarini, adesso, ha stabilito che seppur essendo la responsabilità penale in capo al promotore finanziario, la Banca Mediolanum non è esente da responsabilità in campo civile per i danni arrecati a terzi dal suo ex preposto nello svolgimento dell’incarico affidatogli. Per Di Girolamo si attende, intanto, la prossima mossa della Procura (richiesta di rinvio a giudizio?) dopo che il giudice monocratico Roberto Riggio, accogliendo la tesi dell’avvocato difensore Ignazio Bilardello (‘’L’imputato è accusato di truffa aggravata. Non poteva essere citato direttamente a giudizio. Era necessaria un’udienza preliminare e la decisione di un gup’’), ha dichiarato la richiesta di ‘’nullità’’ della citazione diretta a giudizio. Nel processo, che alla sbarra oltre a Giacomo Di Girolamo, vedeva imputati anche il fratello Stefano e Caterina D’Amico (che aveva già chiesto di patteggiare la pena), si erano già costituite ben 23 le parti civili (in buona parte assistite dall’avvocato Peppe Gandolfo). Tra queste, anche la Mediolanum. ‘’Datemi i soldi che ci penso io fare tutto il resto…> avrebbe detto l’allora responsabile dei promotori finanziari della Mediolanum a Marsala a parecchi risparmiatori locali clienti del gruppo Ennio Doris–Fininvest di Berlusconi. Promettendo di versare le somme sui loro conti correnti o i libretti al risparmio, nonché di effettuare investimenti finanziari o stipulare contratti di pensione integrativa. In realtà, però, in parecchi casi, ciò non sarebbe avvenuto. Il denaro, infatti, sarebbe finito nelle tasche del Di Girolamo. L’inchiesta, coordinata dal pm Francesca Rago, è stata condotta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura. I fatti sono relativi al periodo tra il 2003 e il 2011. Secondo l’accusa, Di Girolamo avrebbe raggirato numerose persone che gli avevano consegnato somme di denaro contante o assegni per investimenti finanziari, per stipulare contratti di pensione integrativa o per essere versati sui loro conti bancari. In diversi casi, però, secondo quanto emerso dalle verifiche delle Fiamme Gialle sui movimenti bancari, il promoter si sarebbe appropriato delle somme. Ad alcuni clienti della banca, inoltre, consegnava denaro spacciandolo per interessi maturati su fondi d’investimento o titoli acquistati con la sua intermediazione. Ma in realtà il denaro sarebbe stato prelevato dai conti degli stessi clienti o di altri correntisti. Alcuni assegni (per 20 mila euro) sono stati girati da Di Girolamo a Pietro Centonze, cugino del capomafia locale Natale Bonafede arrestato nell’operazione ‘’Peronospera II’’, anche se poi assolto dall’accusa di associazione mafiosa. Notevole sarebbe l’ammontare della truffa: oltre 220 mila euro.