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26/03/2014 09:32:00

Offshore, vento e riciclaggio. Udienza preliminare a Marsala per Nino Scimemi

Ieri, come abbiamo scritto, si è aperto a Milano il dibattimento per la presunta truffa aggravata ai danni dello stato legata alla compravendita dell’azienda eolica Windco. Oggi a Marsala si svolge l’udienza preliminare della costola siciliana dell’indagine giudiziaria. Accuse gravissime per gli imputati, tra cui Antonino Scimemi noto imprenditore ‘verde’ di Salemi, che dovranno difendersi dall’imputazione di riciclaggio.

 

 

QUEL PICCOLO AIUTO

Un normale sostegno tra moglie e marito. È il 9 ottobre 2008. Un bonifico di diecimila euro arriva su un conto corrente a Roma, inviato da una banca di Salemi, soleggiata cittadina vicino Trapani. Ma la transazione non passa inosservata, poiché vede come destinatario Antonino Scimemi, all’epoca sotto indagine per associazione per delinquere e colpito da un sequestro preventivo del 15 ottobre 2007 e firmato dal GIP di Marsala. Ed è proprio a Marsala che l’allora comandante della compagnia della Guardia di Finanza, il capitano Roberto Lupo, riceve segnalazione di un’operazione sospetta.

Il passo, da qui all’apertura di un nuovo capitolo d’inchiesta, è breve. Non perché gli Scimemi non potessero giustificare quel piccolo aiuto di 10mila euro tra consorti, ma piuttosto perché, scoprono gli inquirenti della GDF, sul conto della moglie - lo stesso da cui era partito il famoso bonifico da 10mila euro - era arrivato un ‘tesoretto’ ben più ampio. Non segnalato dalla banca. Si parla di 850mila euro, soldi che erano arrivati in tre tranches, tra aprile e settembre 2008.

 

 

MALEDETTA FU QUELLA CAPARRA

Secondo la ricostruzione fatta dai giornalisti di IRPI sulla base di carte giudiziarie e documenti societari, i versamenti erano stati effettuati dalla società GASSAL srl, riconducibile a Gateano Buglisi e Roberto Saija, noti imprenditori del solare. La GASSAL è inserita nel Registro Imprese come una società in liquidazione, che operava nella compravendita di beni immobili. Ed è proprio per l’acquisizione di una proprietà, dal valore indicato di circa 916 mila euro, che la GASSAL versa alla famiglia Scimemi quegli 850mila. A titolo di caparra confirmatoria. Peccato però che l’acquisto non sia mai stato perfezionato. Anzi, qualche anno dopo i coniugi Scimemi cederanno l’immobile ai figli, per un importo quattordici volte minore. Per gli inquirenti della Guardia di Finanza il versamento della caparra era “un modo di dissimulare la provenienza del denaro, anche perché”, spiegano ai giornalisti di IRPI, “le somme percepite a titolo di caparra non vanno indicate in dichiarazione e spesso non vengono segnalate come operazioni sospette”.

 

 

LA GITA A MALTA

Per indagare a fondo le movimentazioni c’è stato bisogno di agire su rogatoria internazionale. È per questo che il pm Dino Petralia, titolare delle indagini, parte per Malta accompagnato del capitano Roberto Lupo.

Stando alle carte, la GASSAL avrebbe ricevuto tre bonifici dall’ex-colonia inglese, ognuno arrivato cinque giorni prima di ciascun versamento effettuato a favore della famiglia Scimemi. “Shareholder loan”, prestito azionisti, è la descrizione usata dalla Eryngium, azienda anch’essa riconducibile al duo Buglisi-Saija, per mandare i soldi alla GASSAL.

Una giustificazione inoppugnabile, considerato che solo due giorni primi, e cioè a fine marzo 2008, la Eryngium era diventata socia della GASSAL per un 30%, acquistando questa quota da un’altra società sempre della galassia Buglisi-Saija. Quota che poi, esattamente un anno dopo, torna indietro con una minusvalenza consistente, come nota il GIP di Marsala nell’ordinanza di sequestro preventivo nei confronti di Antonino Scimemi e alcuni familiari.

Per gli investigatori, queste movimentazioni finanziarie sono da considerarsi “operazioni fittizie” e “strumentali all’attuazione di un progetto criminoso atto a ripulire denaro di provenienza illecita”.

 

TUTTI DALLA NOTABILE CONSULTING

A Malta la coppia di inquirenti Petralia-Lupo troverà solo scatole vuote, gestite tutte da uno stesso provider di servizi finanziari offshore. La Notabile Consulting, di Simon Vella e Ivan Cassar. È un servizio importante, uno dei principali dell’isola. Usato anche dall’ex manager spagnolo del Global Solar Fund, il fondo con cui i cinesi di Suntech decidono di investire in Italia, come raccontato ieri. Presso la Notabile infatti, lo spagnolo Javier Romero apre la sua Paquerette, azienda il cui scopo dichiarato è la creazione di “un importante canale di investimento per l’eolico in Europa”.

Durante un processo a Singapore di cui hanno scritto i giornalisti IRPI-ICIJ venerdì 21 marzo sull’Espresso, gli avvocati Suntech sostengono che la Paquerette in quel periodo detenesse il 50% dell’azionariato dell’azienda Energetica Spa. La Energetica, da visura camerale, all’epoca risultava essere riconducibile alla galassia Buglisi-Saija, ed essere anche cessionaria di alcuni progetti di impianti solari in Puglia, proprio ai cinesi di Suntech.

Ma la coincidenza dello stesso provider offshore scelto da Buglisi e Saija, assicura a IRPI Riccardo Olivo legale dello spagnolo, è solo casuale. In quale paese sia possibile aprire società, “lo decidono i consulenti, che poi curano l’amministrazione e in questo caso la relazione con la Notabile”, spiega Olivo.”

Grazie a precedenti ricerche dei pm milanesi sulla compravendita Windco, gli inquirenti siciliani identificano in Melo Martella, commercialista e professore universitario, il vero deus ex machina delle movimentazioni finanziarie legate alla distribuzione successiva dei 10 milioni di euro che ‘il re del vento’ versa al duo Buglisi-Saija a Malta.

È proprio Simon Vella, gestore del provider offshore Notabile Consulting, a dichiarare agli inquirenti che Saija, Buglisi, Martella, Scimemi padre e figlio erano tutti soggetti che – recitano le carte – “intendevano creare delle società che operavano nel settore dell’energia eolica beneficiando del regime fiscale più favorevole di Malta”.

Ma Gaetano Buglisi si difende  sia dalle accuse dei pm milanesi che di Marsala. I 2.3 milioni di euro che gira a Antonino Scimemi, sono semplicemente il compenso pattuito. Per i pm di Milano sono invece proventi di truffa aggravata ai danni dello stato. Sia i 500mila che da Malta vanno alla Hesterley Consultancy Ltd di Londra quanto gli 850mila che rientrano in Italia e che hanno catturato l’attenzione della Guardia di Finanza di Marsala.   

Rimane un ultimo milione, anch’esso considerato frutto di truffa. Atterra sempre a Malta, alla Sarracenia Ltd, società del figlio di Scimemi, Giacomo. Anche questa è registrata dalla Notabile Consulting, e al tempo delle indagini della Finanza, era socia delle aziende verdi siciliane Energia Sicilia e Sicilia Rinnovabile.

 

 

LE ACCUSE E I SEQUESTRI

Nonostante gli inquirenti ritengano che Scimemi, nell’avere creato aziende offshore, abbia agito secondo “l’esclusivo fine di realizzare la pulitura del denaro di provenienza illecita”, si procede solo al sequestro dei beni in Italia (per 1.4 milioni di euro), e non delle società del paradiso fiscale. "Non ha senso sequestrare le aziende maltesi - spiegano a IRPI gli uomini delle Fiamme Gialle di Marsala - sono scatole vuote. Vengono usate solo per le transazioni. Mentre portavamo avanti le indagini, abbiamo ritenuto che i presunti truffatori avessero fatto il possibile per dissimulare il fatto che quei soldi erano il profitto di una truffa. Nel milionario vortice di flussi finanziari che caratterizza la vicenda, il ruolo dei paradisi societari, bancari e fiscali è determinante."

Quanto Malta lo sia stata veramente, e se gli imputati siano da ritenere alcuni colpevoli del reato di truffa aggravata e altri di riciclaggio si saprà solo a processi terminati. Intanto, a Buglisi e Saija è stato derubricato il reato di riciclaggio per il quale risultavano indagati a Marsala, e oggi 26 marzo 2014, all’udienza preliminare, dovranno difendersi dall’accusa di tale reato solo alcuni membri della famiglia Scimemi e il commercialista Martella.

 

Aggiornamento:  Il procedimento marsalese indicato in questo articolo si è concluso, in primo grado, con sentenza n.113/2014, con la quale è stato dichiarato dal Gip presso il Tribunale di Marsala il non luogo a procedere nei confronti di Buglisi e di tutti gli indagati perchè il fatto non sussiste; la pronunzia è stata poi confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 981/2015, che ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza del Gip. Con sentenza del 17 Marzo 2016, poi, la Corte di Appello di Milano, Sezione Quarta penale, riformando la sntenza emessa dal Tribunale di Milano, ha assolto Buglisi per "non aver commesso il fatto". Il procedimento pendente dinnanzi l'Autorità Giudiziaria di Brindisi si è concluso con un un provvedimento del 12 Novembre 2015, con il quale il Gup ha dichiarato la propria incompetenza per territorio, per essere competente il Tribunale di Roma".