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12/06/2014 17:32:00

Ecomafia, maglia nera alla Sicilia

 Sono 29.274 le infrazioni accertate nel 2013 in Sicilia, più di 80 al giorno, più di 3 l’ora. In massima parte hanno riguardato il settore agroalimentare: ben il 25% del totale, con 9.540 reati, piu’ del doppio del 2012 quando erano 4.173. Il 22% delle infrazioni ha interessato invece la fauna, il 15% i rifiuti e il 14% il ciclo del cemento. E’ quanto emerge da “Ecomafia 2014″, il dossier di Legambiente che monitora e denuncia puntualmente la situazione della criminalita’ ambientale – dedicato quest’anno alla memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e del sostituto commissario di polizia Roberto Mancini, recentemente scomparso per la malattia contratta proprio a causa delle indagini sui traffici dei rifiuti condotte tra Campania e Lazio – e’ stato presentato oggi a Roma.

Il 45,7% dei reati è concentrato nelle regioni del Sud, fra cui la Sicilia (in compagnia di Campania, Calabria e Puglia). A seguire, il Lazio, “con un numero di reati in crescita rispetto al 2011 (+13,2%) e la Toscana, con 2.524 illeciti (+15,4%). Prima regione del Nord Italia, la Liguria (1.597 reati, +9,1% sul 2011). Da segnalare per l’incremento degli illeciti accertati anche il Veneto, con un +18,9%, e l’Umbria, passata dal sedicesimo posto del 2011 all’undicesimo del 2012.

Il fatturato, sempre altissimo nonostante la crisi, ha sfiorato i 15 miliardi di euro grazie al coinvolgimento di numerosi clan (ben 321) che per i loro traffici hanno potuto contare spesso sull’aiuto di funzionari e dipendenti pubblici consenzienti o decisamente disonesti che hanno semplificato iter e processi autorizzativi in cambio di sostanziose mazzette. E se l’aggressione ai beni comuni continua senza sosta e senza troppi scossoni, cambia la geografia degli ecocrimini, sempre piu’ insofferente ai confini territoriali e amministrativi (sia regionali che nazionali o internazionali), cosi’ come mutano le strategie criminali e i modus operandi.

I rifiuti, ad esempio, non finiscono solo sotto terra, ma anche nei circuiti del riciclo in nero o del finto riciclo, i soldi incanalati nei circuiti finanziari internazionali. Ci troviamo quindi, di fronte ad una imprenditoria ecocriminale, caratterizzata da un vivace dinamismo, a cui fa da contraltare l’immobilismo della politica nazionale: nel nostro Paese vige ancora una legislazione a tutela dell’ambiente del tutto inadeguata, a carattere sostanzialmente contravvenzionale e basata su una vecchia impostazione che riconosce massimamente le ragioni dell’economia tralasciando i costi ambientali, sanitari e sociali.