Il governo italiano ha deciso di rimandare l’abolizione del reato di clandestinità che avrebbe dovuto essere approvata durante il consiglio dei Ministri di metà gennaio. In un’intervista su Repubblica, il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha spiegato che condivide le ragioni dei critici che sostengono che il reato di clandestinità sia inutile e persino dannoso, ma che per questioni di opportunità politica oggi è impossibile abolirlo. Secondo la maggior parte dei giornali, queste motivazioni sono condivise anche dal presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Il reato di clandestinità è contenuto nell’articolo 10 bis del Testo unico sull’immigrazione, introdotto nel 2009 dal quarto governo Berlusconi. Il reato si chiama “ingresso e permanenza illegale nel territorio dello Stato” ed è una contravvenzione, cioè un reato relativamente meno grave, punibile con un’ammenda dai 5 mila ai 10 mila euro. L’articolo 10 bis venne criticato sin dalla sua introduzione. Secondo diversi esperti e costituzionalisti, è incostituzionale perché rende criminale una condizione, trovarsi in uno stato di clandestinità, invece di un fatto specifico, come oltrepassare illegalmente il confine italiano. Secondo altri il reato è ridondante, visto che è per i cittadini stranieri senza permesso di soggiorno è già prevista l’espulsione dal paese.
Ci sono molti dubbi anche sul fatto che il reato rappresenti un effettivo deterrente all’immigrazione clandestina. Quasi sempre i migranti clandestini sono nullatenenti e non possono pagare l’ammenda prevista dal reato. Negli anni in cui è rimasto in vigore, non sembra che il reato abbia effettivamente portato a un contenimento dei numeri negli arrivi dei migranti. Alcune delle critiche più dure risalgono però proprio a questi ultimi giorni. L’8 gennaio il procuratore capo della Direziona Nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, ha detto che il reato di clandestinità non soltanto è inutile, ma è persino dannoso alle indagini. Il problema è che i magistrati che interrogano dei migranti appena sbarcati in Italia per indagare sugli scafisti che li hanno trasportati sono costretti a considerare gli stessi migranti “imputati” del reato di clandestinità.
Nel diritto processuale, un imputato non ha alcun obbligo di dire la verità e può rifiutarsi di rispondere alle domande dei magistrati. Se non ci fosse il reato di clandestinità, spiega Roberti, i migranti sarebbero sentiti come testimoni o persone informate sui fatti, con l’obbligo di dire la verità e senza la possibilità di sottrarsi o depistare le di indagini. Secondo Roberti, inoltre: «Evitando di sentire il migrante come imputato lo Stato risparmia, perché non ci sono i costi del difensore d’ufficio nelle fasi delle audizioni e fino alla conclusione del processo».
«Il reato di clandestinità va riformato»: era stata sabato l’opinione espressa dal capo della polizia Alessandro Pansa, che ha ribadito che il reato di clandestinità «intasa l’attività delle procure» e ha spiegato che il «Paese deve far capire che gestiamo la situazione con umanità ma anche con grande rigore».
Stessa considerazione anche da parte dell’Anm che aveva fatto sapere tramite il presidente Rodolfo Sabelli: «Il reato in questione è dannoso e inutile perché ingolfa i tribunali e ostacola le indagini».
Il governo aveva inserito l’abolizione del reato di clandestinità all’interno del decreto legislativo sulle depenalizzazioni. Il decreto era stato approvato in via preliminare dal governo lo scorso novembre ed è poi passato alla discussione delle commissioni giustizia di Camere e Senato, che prima di Natale hanno approvato il testo del governo suggerendo alcune modifiche.
Il decreto che il Governo sta redigendo non annullerà completamente l’immigrazione clandestina, che rimarrà vietata, ma la depenalizzerà trasformandola in illecito amministrativo: chi entra clandestinamente in Italia andrà dunque ancora incontro alla espulsione, ma il tutto sarà più rapido, non dovendo prima subire un procedimento penale.
Chiaramente a essere depenalizzata sarà solamente il primo ingresso in Italia: successivi ingressi clandestini, così come disobbedire al foglio di via, o disobbedire all’ordine di consegna del passaporto o all’obbligo di firma in Questura rimangono reati penali.
La depenalizzazione beneficerà fin da subito le Procure, che potranno archiviare tutte le procedure in corso relative a tale reato e beneficerà anche la popolazione carceraria, considerato che chi si trova recluso o sottoposto a differenti misure a causa di questo reato potrà essere liberato ed espulso