Hotspot di Trapani come modello di accoglienza? Alla luce dei recenti problemi che si sono verificati proprio in fase di start-up della struttura, il responso attuale ci dice che bisogna ancora lavorare per mettere a punto una macchina messa a dura prova dall'elevatissimo numero di rifugiati che ha caratterizzato il 2015 e che, alla luce delle attuali e perduranti tensioni internazionali, non accenna a diminuire. L'hotspot di Trapani è un ingranaggio di questa macchina e deve essere ancora oliato. Intanto lo scorso fine settimana la struttura che sorge nei locali dell'ex CIE di contrada Milo è stata visitata dal ministro per l'immigrazione e l'integrazione del governo danese, Inger Stojberg. La notizia merita risalto, la Danimarca è uno di quei Paesi che ha sospeso Schengen introducendo rigidi controlli alle frontiere ed emanando tutta una serie di provvedimenti che sinceramente contrastano con l'immagine di aperta socialdemocrazia che la società danese ha finora offerto all'Europa ed al mondo. Ad ogni modo la delegazione danese ha voluto vedere da vicino in che modo si svolgono in altri Paesi dell'Unione le politiche dell'immigrazione, in base alle direttive comunitarie. L'hotspot di Trapani, come detto, è in fase di ulteriore adeguamento, dopo l'apertura celere avvenuta pochi giorni prima dello scorso Natale, ed attualmente può ospitare fino a 400 persone. Il ministro Stojberg è stata accompagnata dall'ambasciatore del governo di Copenaghen, Birger Riss-Jorgensen. A riceverla un comitato di accoglienza con in testa il prefetto, Lepolodo Falco, il sindaco di Trapani, il questore ed altre autorità. La Damimarca dunque ci "promuove", stando alle dichiarazioni post-visita del ministro che ha apprezzato le attuali politiche italiane sull'immigrazione e quanto messo in atto a Trapani per la prima accoglienza e la successiva ospitalità dei migranti. Naturalmente, alla luce di quanto accaduto all'inizio dell'anno, restano tutte le perplessità sull'effettivo funzionamento delle nuove strutture e su quanto concretamente velocizzino le pratiche per il riconoscimento dello status di rifugiato ma questo non compete al governo danese.