Monte delle Rose, la zona franosa per antonomasia del territorio di Salemi, da secoli abbandonato, è oggi alla vigilia di una soluzione? Parrebbe di si. Il condizionale è d’obbligo quando si tratta di opere pubbliche in Sicilia.
Dichiarato da “consolidare” fin dal 1926 con un Regio Decreto, è stato lasciato per 90 anni indisturbato alla perenne ricerca di un assestamento, salvo periodici interventi tampone o di emergenza,
Il primo risveglio del Monte, come riportano le cronache del tempo, risale al 6 Marzo dell’Anno del Signore del 1740. Quando, in una notte da tregenda, preceduto da un spaventoso boato, gran parte della sua sommità venne risucchiata nelle viscere della terra trascinandosi dietro la chiesetta di Sant’Agata e ben due Conventi, uno dei Cappuccini e l’altro dei Frati Minori, edificati su quell’eremo agli inizi del 1500. Non a caso, fino agli inizi del secolo scorso, la zona veniva chiamata ancora dagli anziani con il termine onomatopeico “la Valanca”.
E mentre la natura, incurante delle misere umane cose, continuava il suo inesorabile corso, la mano dell’uomo non solo non provvedeva a consolidare la zona, ma, molto probabilmente, ne peggiorava lo stato, o con insediamenti edilizi o con trattamenti dei terreni non proprio adeguati alla situazione di costante disequilibrio.
Studi idrogeologici di qualche anno addietro hanno attribuito a Salemi un primato poco invidiabile. Assieme ai comuni di Caltabellotta, Nicosia e Ravanusa, gli è stata assegnata la maglia nera a causa della presenza di tre aree franose che insistono lungo tutto il perimetro del centro abitato.
Una di queste si trova appunto alle pendici sud-orientali di Monte delle Rose a ridosso delle vie F.P. Clementi e P. Oliveri dove, si legge nella relazione, in “corrispondenza di pareti subverticali, si riscontra il potenziale pericolo di distacco di blocchi. Alla base della parete, a causa dell'acclività e degli apporti idrici relativi ad eventi meteorici prolungati, si originano numerose frane di colamento di modesta entità, nonché fossi di ruscellamento concentrato che lambiscono alcuni edifici.”
Oltre alle precipitazioni un ulteriore causa innescante dei movimenti franosi è da ricercare negli eventi sismici, che hanno spesso interessato il territorio di Salemi, l’ultimo dei quali nel 1968. E, così, i movimenti franosi si ripresentano periodicamente e puntualmente quando le piogge scendono copiose, come è successo di recente nel 2013 e nel 2014, in entrambi i casi nel mese di ottobre, ma ormai anche quando non piove, come è accaduto dieci giorni addietro.
Il 13 febbraio scorso, infatti, alcuni gabbioni di contenimento hanno deciso di allentare la morsa, lasciando liberi di rotolare a valle alcuni grandi massi. Non è la prima volta. E non sarà l’ultima, se non si interverrà seriamente.
Per questo ultimo episodio, si è reso necessario effettuare un sopralluogo congiunto tra Vigili del Fuoco, Protezione Civile Comunale e Polizia Municipale, alla presenza del Sindaco Domenico Venuti. Al termine del quale è stato confermato che è in atto un lento ma inesorabile movimento franoso. Della situazione sono state immediatamente allertate le Sale Operative della Protezione Civile Provinciale e Regionale.
Intanto, non essendovi un pericolo imminente, martedì 23 febbraio è stato effettuato un intervento di prima necessità per rimuovere i massi ad opera del Gruppo S.A.F. (Nucleo Speleo alpino fluviale) e dei Vigili del Fuoco del distaccamento di Salemi.
"Un risultato importante, ma non sufficiente, - ci ha dichiarato Domenico Venuti- per la soluzione di un problema annoso che non ha ancora trovato soluzione. Tanto ci sarebbe da dire sulle opere dell'uomo che hanno violentato l'assetto naturale dei territori, ma oggi occorre lavorare per mettere in sicurezza i luoghi e le persone, cosa che non mi fa dormire la notte. Ringrazio i Vigili del Fuoco per la tempestività e la professionalità dimostrate, lavorerò incessantemente per ottenere i finanziamenti necessari al completamento delle opere iniziate ed all'avvio delle nuove opere previste".
E’ previsto anche un ulteriore sopralluogo congiunto tra Comune, Geologo e Protezione Civile per valutare il livello di rischio concreto e successivamente convocare un apposito tavolo con tutti i soggetti interessati, compresi i proprietari dei terreni, per approfondire la questione e lavorare ad una soluzione definitiva.
Soluzione che, evidentemente, non può essere affrontata e risolta dal Comune. E non per mancanza di volontà politica, ma a causa delle esigue disponibilità economiche comunali.
Già all’indomani dell’ultima disastrosa frana l’assessore ai Lavori Pubblici Calogero Angelo ci dichiarò che si tratta di “Una situazione non più sostenibile, che si verifica da ormai troppo tempo e della quale sono risapute le cause e per la quale l'amministrazione da tempo sta lavorando per l'inserimento dei relativi progetti nelle graduatorie dell'Assessorato Regionale Territorio e Ambiente e della Protezione Civile Regionale con alta priorità.”
Oggi, ci è stato riferito dal Sindaco Venuti, questi progetti risultano negli elenchi dell'Assessorato Regionale. I progetti si riferiscono ai due costoni di Monte delle Rose, sia sul versante della via Marsala sia sul versante delle via Ettore Scimemi, mentre quello che arriva sino alla via Giotto ed alla via Cremona è stato inserito nell'elenco della Protezione Civile. Apposita richiesta è stata effettuata per finanziare i progetti con i fondi del Patto per la Sicilia.
Un barlume di speranza si accende all’orizzonte? Nella terra di Camilleri, tutto è possibile. Come nel suo notissimo romanzo “La concessione del telefono”, potrebbe accadere che finalmente, dopo 90 anni dal Regio Decreto n. 305 del 17 gennaio del 1926, qualcosa cominci a “muoversi” per bloccare la frana che da due secoli e mezzo si muove.
Franco Ciro Lo Re