Le case abusive in Sicilia lo sappiamo, sono tante, tantissime; si trovano lungo la costa, a pochi passi dalla battigia - quando dovrebbero stare per legge a 150 metri -, all’interno di aree protette, se non addirittura nei pressi di un parco archeologico. Quando in Sicilia si mette in moto il meccanismo di controllo, che, con le autorità competenti va a scovare gli edifici abusivi, si pensa, finalmente, ad una svolta nel rispetto della legge e dell’ambiente. In una terra “normale” dovrebbe funzionare così: io, abusivo, costruisco dove non è consentito, vengo scoperto e denunciato, e una volta accertato che non c’è sanatoria o altro che tenga in piedi il mio immobile, e un tribunale ha stabilito la demolizione, io, abusivo, devo demolirlo, e se non lo faccio da me, ci pensa il Comune che poi mi chiederà i soldi spesi. Ecco, in Sicilia tutti questi passaggi, nella stragrande maggioranza dei casi si verificano puntualmente, ma si fermano a quello più importante: la demolizione. E’ quello che sta emergendo in tutta l’isola da quando, con una indagine della Guardia di Finanza e diretta dalla Procura della Corte dei Conti, si è scoperto che a Caltagirone, nonostante una sentenza di demolizione avvenuta nel 1996, i proprietari continuavano lo stesso a vivere nella loro casa. Da lì, dal catanese, l’indagine ha subito scoperto altri 100 casi simili e a macchia d’olio i controlli si sono estesi su tutte le province. Il dato che più di tutti fa capire qual è la reale situazione sull’abusivismo in Sicilia è, però, quello del palermitano, dove, su 82 comuni, in 75 sono stati riscontrati abusivi che continuavano ad abitare nell’immobile destinatario di demolizione.
In Sicilia le case abusive non vengono demolite perchè i Comuni ad un certo punto perdono tempo, anzi, visto che c’è la sentenza di demolizione immediata, molti acquisiscono l’immobile a patrimonio pubblico da destinare a servizi di pubblica utilità. Quello che accade, secondo il Procuratore della Corte dei Conti, Giuseppe Aloisio, è che i proprietari, invece, rimangono al loro posto senza mai lasciare la casa e, anzi, si ritrovano pure con dei benefici da questa situazione, perchè non pagano nè canone di locazione, visto che non dovrebbero starci, nè le varie tasse, tra Imu, Tarsu e le altre imposte che le amministrazioni locali fanno pagare sulle abitazioni, e che nessuno va a chiedere. L’indagine sta andando avanti, utilizzando anche la piattaforma Siab in uso alla Regione che funziona da banca dati gestita dal dipartimento urbanistica. Ci sono già degli indagati tra le amministrazioni pubbliche, mentre i magistrati contabili stanno cercando di quantificare la portata del danno erariale dovuto ai mancati introiti derivanti da un canone di locazione e da tributi non versati.
Sulla vicenda, il procuratore aggiunto di Agrigento, Ignazio Fonzo, non lascia spazio a nessun tipo d’interpretazione: “Gli uffici di esecuzione delle procure non possono restare a guardare. Quando la sentenza di demolizione è definitiva va applicata. La legge è legge e va rispettata. Se i sindaci vengono sollecitati dalla magistratura a demolire non hanno altre alternative, se non quella di abbattere gli abusi o acquisire al patrimonio gli immobili, destinandoli, però a finalità pubbliche. Altrimenti sarebbe come raggirare la legge”. Dal 2012 ad Agrigento c’è stata una vera svolta, con il sostituto Fonzo e i colleghi di Agrigento che hanno dato ai sindaci e ai dirigenti comunali un vero e proprio ultimatum: se non ottemperevano all’obbligo di legge potevano incappare in reati come abuso o omissione di atti d’ufficio. Così ad Agrigento e provincia si è cominciato a demolire, anche se bisogna dire che il numero delle unità abbattute non è così elevato, ma le demolizioni hanno avuto una grande risonanza mediatica, giustificata dalla vicinanza a luoghi di particolare interesse, naturalistico e storico.
Prima è stato abbattutto l’ecomostro di Punta Grande, nei pressi della Scala dei Turchi, poi i tre immobili a lido Rossello, sempre a Realmonte con vista sulla Scala, ed infine, gli otto immobili della zona A della Valle dei Templi, ora definitivamente inedificabile. Sempre nella Valle dei Templi sono previste altre 13 demolizioni. Sulla vicenda abusivismo è ormai un braccio di ferro, quello tra Regione da un lato e Comuni dall’altro. La Regione Sicilia dice che sin dal 2014 ha scoperto ben 113 comuni in cui non si era demolito, e lì ha inviato i commissari per accelerare le procedure, ma dai sindaci non c’è stata risposta nè collaborazione, neanche al momento del censimento delle case abusive. I sindaci si difendono, pur ammettendo poca decisione. Paolo Amenta, vicepresidente dell’Anci dice che, spesso, non avendo fondi per procedere agli abbattimenti, sono costretti a chiedere un prestito alla Cassa Depositi e Prestiti che non sempre lo concede. E conclude dicendo che è difficile far sgomberare una casa per abbatterla, anche perchè dopo bisogna cercare un alloggio popolare per quella famiglia; case popolari che in Sicilia non ci sono.
"Affrontare il tema dell’abusivismo significa avviare parallelamente una politica di edilizia residenziale che la Regione non vuole fare. La verità - conclude Amenta - è che noi sindaci siamo lasciati soli e ci troviamo tra l’incudine e il martello: lasciare una famiglia senza casa e aumentare il disagio sociale o finire davanti alla Corte dei Conti”.
E sull’abusivismo non poteva che esserci un intervento di Paolo Ruggirello, che qualche anno fa aveva presentato una proposta di legge sul riordino e la valorizzazione delle coste che avrebbe, a suo dire, disciplinato le strutture abusive, evitando che restassero nel degrado. Trovandosi lui stesso nella condizione di essere proprietario di una casa dichiarata abusiva, seppur in precedenza autorizzata ad esercizio commerciale sotto pagamento di regolari tasse, l'iniziativa fu vista con sospetto e considerata una sanatoria. Le vicende elettorali portarono all'archiviazione di quella proposta di legge che non arrivò in aula, mentre Ruggirello, in attesa della decisione del comune, circa due anni fa, decise di abbattere il proprio immobile che versava in stato di degrado. Qui la dichiarazione di Ruggirello:
“Soluzione dispendiosa che, spesso, gli stessi comuni non possono permettersi ma che non giustifica il loro mancato intervento. - afferma Ruggirello - l'abusivismo non è stato debellato ma ha generato altro abusivismo, perchè nessuno ha controllato che le ordinanze della magistratura avessero seguito. Nella legge era prevista la fattispecie per cui i comuni venissero esentati dall'incarico di gestione del bene acquisito a patrimonio collettivo se non avessero previsto, in breve tempo, alcun tipo di intervento di recupero. I contenuti di quella legge avrebbero tolto dall'imbarazzo quei comuni che non hanno agito o che avrebbero dovuto adottare la soluzione drastica della demolizione degli immobili come avvenuto a Marsala, con un notevole dispendio di risorse economiche. È opportuno, ora, conoscere le responsabilità di ciascun soggetto che ha contribuito allo sviluppo di un ulteriore abusivismo, che ha avuto conseguenze dirette su una già critica situazione economica regionale e che avrebbe, invece potuto aiutare casi di emergenza visto il crescente disagio di molte famiglie”.
Come dire, ve l’avevo detto io… non facendo, però, mea culpa. Tornando alle demolizioni, se ad Agrigento e in particolare nella Valle dei Templi sono ancora 13 da effettuare, a Marsala si è cominciato a settembre 2011, e anche se con diversi stop and go, si è arrivati a 28 edifici abbattuti su un totale di 539. Gli ultimi edifici abusivi (una villetta e due ruderi) sono stati rasi al suolo tra San Teodoro e Marausa. Tra i tanti motivi che hanno dilatato i tempi delle demolizioni a Marsala, c’è stata anche la denuncia per interruzione di pubblico servizio da parte della Procura a un imprenditore di Rosolini (Siracusa), Giovanni Blanco, titolare dell’impresa “Central Tecnica”, che dopo essersi aggiudicato la gara d’appalto del Comune di Marsala per la demolizione di un lotto di 12 case abusive, inspiegabilmente, il giorno fissato per la prima delle dodici demolizioni, il 30 aprile 2015, non ha inviato sul posto mezzi e operai. Le demolizioni comunque sono andate avanti, anche se ora sono nuovamente ferme da qualche mese. Ci sono ancora 511 edifici da abbattere a Marsala, almeno per questa prima fase, chissà se su questi vige una zona franca come quella denunciata dalla Corte dei Conti.