Due anni e mezzo di carcere sono stati chiesti dal pm Antonella Trainito per un 33enne mazarese processato con rito abbreviato davanti al gup Annalisa Amato per maltrattamenti in famiglia, minacce gravi e violenze sessuali sulle due figlie della convivente. Il pm ha, invece, chiesto l’assoluzione per il reato di lesioni personali. A difendere l'uomo è l’avvocato Walter Marino, mentre legali di parte civile sono Marilena Messina e Nicoletta Genna. Lo scorso 4 ottobre, in aula, a difendere l’imputato è stata proprio la convivente, a sorpresa, ha dichiarato che le figlie avrebbero raccontato “bugie” e che tutte le accuse sarebbero state studiate a tavolino dai parenti del marito deceduto allo scopo di toglierle le bambine. A queste, ha proseguito la donna, il suo nuovo compagno sarebbe stato inviso perché l’uomo non avrebbe consentito loro di fare quello che volevano. Ovvero, di uscire di casa, fidanzarsi e altro. A chiedere il rito abbreviato, ma condizionato alla testimonianza della donna, era stato l’avvocato difensore Walter Marino. Che la donna potesse rilasciare dichiarazioni favorevoli all’imputato si era, in qualche modo, intuito quando il legale di dell'uomo ne chiese la testimonianza. E qualcosa lasciava presagire anche il fatto che la donna, nonostante le violenze fisiche che, secondo l’accusa, avrebbe subìto e quelle sessuali che avrebbero patito le figlie, non si è costituita parte civile. Lo hanno fatto, invece, le due figlie, una delle quali, adesso, è maggiorenne. Quest’ultima è assistita dall’avvocato Nicoletta Genna, mentre per la minorenne è parte civile la zia (sorella del padre, da tempo separato dalla madre ) che, dopo l’avvio dell’indagine, fu nominata dal Tribunale dei minorenni curatrice speciale delle due ragazzine. A rappresentare la parte civile zia paterna e minorenne è l’avvocato Marilena Messina. “Nel costituirmi parte civile nell'interesse della minore – dice l’avvocato Messina - ci ho messo anche il cuore di madre”. Gli abusi (palpeggiamenti nelle parti intime e altro) sarebbero stati commessi dal 2012 al 2015. Botte “da orbi”, inoltre, sempre secondo l’iniziale accusa, sia per la compagna che per le figlie che questa aveva avuto dal primo marito. Queste ultime, tra l’altro, talvolta costrette a consumare i pasti nella loro camera e non nella stanza da pranzo. Una sera, poi, l'imputato sarebbe tornato a casa ubriaco e avrebbe minacciato di uccidere sia la compagnia che le figlie. La donna, quindi, avrebbe fatto fuggire le ragazzine da una finestra. Dal 2012 in poi, insomma, per la donna e le sue bambine, spesso picchiate, insultate e minacciate, sarebbe stata una vita d’inferno. La donna sarebbe stata picchiata “giornalmente”. Il 18 giugno 2015, con un pugno, le sarebbe stato rotto il setto nasale. A quel punto, avrebbe deciso di fuggire da casa con le figlie.