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22/06/2017 06:00:00

"Matteo Messina Denaro, l'invisibile", il romanzo di Cosa nostra trapanese

 Ho iniziato a leggere “L’Invisibile” di Giacomo Di Girolamo, convinto di avere sotto gli occhi soltanto l’edizione aggiornata del testo pubblicato dall’autore nel 2009. Non è così. Si tratta di un nuovo libro, in cui s’intersecano diversi piani narrativi.

L’autore parte da un tema –la biografia di Matteo Messina Denaro – poi, con modalità da be-bopper, se ne allontana, introducendo una serie di variazioni (racconta la mutazione di ‘Cosa Nostra’ in “Cosa Grigia”, scaglia i suoi strali “Contro l’Antimafia” di facciata). Infine, tornato al tema iniziale, inserisce fatti inediti e nuovi elementi d’analisi, attinti dalle più autorevoli fonti (Relazioni Semestrali DIA, Ordinanze, Sentenze, Documenti e resoconti di attività di indagini delle diverse Commissioni Parlamentari Antimafia).

E, soprattutto, ricostruisce il contesto: pre-requisito irrinunciabile, quest’ultimo, per tentare di darne un’interpretazione plausibile. Con “L’invisibile” – Romanzo? Biografia? Inchiesta Giornalistica? Saggio storico? – Di Girolamo, al tempo dei “romanzi del commissario”, ha scritto “Il Romanzo di Cosa Nostra Trapanese”. “L’Invisibile”, svela “The dark side of the moon” della nostra terra: meravigliosa e terribile. E’ la radiografia spietata di quel che gli stessi inquirenti, in occasione delle recenti vicende giuduiziarie (coinvolti la Sottosegretaria Vicari, due dei cinque candidati-sindaco del capoluogo, altri solerti politici e amministratori al servizio di Mister “Ustica Lines”) hanno definito: “Sistema Trapani”. “L’Invisibile”, colma un vuoto: mette in piazza le magagne di una provincia che – se si escludono le opere di Salvatore Costanza, Salvatore Mugno e Nino Marino o, in tempi ancor più lontani, la Relazione di Minoranza della Commissione Antimafia, vergata da Pio La Torre – era riuscita a rimanere in un cono d’ombra, nonostante non poche, acuminate inchieste giornalistiche (Rostagno in primis, ma non solo). Ne vien fuori un racconto avvincente: che non ti stanca pur andando in profondità, non ti annoia pur misurandosi con la complessità (lodevole, a tal proposito, la scelta di Paolo Ortelli, editor del “Saggiatore”: le note si trovano in appendice e non a margine, per non appesantire la lettura).

L’autore si mette “faccia a faccia” con MMD (del resto, “Il Volatore” lo fa da anni dai microfoni di RMC) attraendo ancor di più il lettore, coinvolgendolo di “pancia” e di “testa”, promuovendolo al rango di giudice d’una sorta di redde rationem tra l’autore e uno dei criminali più ricercati dell’intero pianeta. Un’opzione stilistica che fa pensare al capolavoro di Giosuè Calaciura, “Malacarne”, Il volume è una sorta di “Atlante della Mafia e dell’Antimafia della provincia di Trapani”: un autentico verminaio (altro che Messina!) che consente a MMD una latitanza infinita (impossibile senza coperture in ‘basso’ e ‘alto’ luogo) e ne fa il centro da cui s’irradiano e su cui convergono i fatti più rilevanti che si verificano nel nostro territorio: nei suoi comuni più grossi, nelle stanze ovattate dei Palazzi del Potere o nelle trazzere dissestate delle nostre contrade.

Ad Alcamo e a Castelvetrano, Trapani e Marsala, Mazara e Paceco, Partanna e Castellammare del Golfo. L’Autore tratteggia la storia di quest’ultmi trent’anni in provincia di Trapani, immergendola in un’atmosfera cupa nella quale ai delitti efferati e ai tracchiggi col potere della mafia del nostro tempo, fanno da contraltare i tentennamenti e i ritardi d’ analisi di un’Antimafia prigioniera di liturgie di cui s’attende (invano?) una riforma sempre più urgente. Da qui,la capacità diMMDnon solo di spadroneggiare sulle tradizionali attività illecite(traffico d’armi e droga appalti pilotati, racket delle estorsioni, cointeressenze nel “Pianeta Scommesse”) ma di governare l’intera filiera del riciclaggio, con investimenti verso settori, un tempo, del tutto fuori dai radar di Cosa Nostra. Grande distribuzione (Grigoli, “Vicerè dei Supermercati”) Energie rinnovabili (Vito Nicastri, “Re dell’Eolico”) Sanità (‘Pinuzzu’ Giammarinaro, “Sua Sanità”) Turismo (Carmelo Patti, “Principe dei Villaggi-Vacanze”). Sodali e prestanomi di MMD. Alfieri di quella che l’Autore definisce “Cosa Grigia”. I cui contorni possiamo meglio intuire ripensando al “caso Licata”: l’imprenditore marsalese leader del comparto ristorativo-alberghiero e recordman italiano dell’evasione fiscale.

Un caso emblematico, su cui Di Girolamo – spesso in splendida solitudine – ha indagato a fondo. Restando alle vicende lilibetane, analizzando le più recenti – Operazione Visir – Di Girolamo delinea, con chirurgica precisione, “lo stato dell’arte” di ‘Cosa Nostra’ a Marsala. E, per converso, i tentennamenti e le contraddizioni, di tanta parte della cosiddetta ‘Società Civile’. Il ‘bullismo istituzionale’di qualche amministratore e le imposture di qualche falso“Paladino dell’Antimafia”. Ed è proprio a ridosso di queste pagine che, l’Autore, accenna a quella specie di calviniano “Castello dei Destini Incrociati” che, sempre più, rischia di diventare il caso “Tribunale/Commerciale”. Alla necessità di mettere la parola fine ad uno dei più scandalosi esempi di spreco del pubblico denaro: quasi 10 milioni di euro pagati, nell’ultimo quarantennio, al legittimo proprietario privato dell’ex-Albergo, diventato sede dell’ITC “G. Garibaldi” di Marsala. Una vergogna, su cui, al più presto, va calato il sipario. Accellerando sul trasferimento degli Uffici Giudiziari nella nuova, imponente sede di Via De Gasperi. Anche qui, Di Girolamo che, con l’intera redazione di RMC e tp24 sostenne la lotta degli studenti e del personale del “Garibaldi”, paventa, attonito, come noi tutti, l’ennesima “Sconfitta della Ragione”. Poi torna al mosaico di ‘Cosa Nostra’ trapanese, arricchendolo di numerose tessere. E, in particolare, per quella lilibetana, stimolandoci a cercarne altre, di tessere. Specie tra quelle, innumerevoli, che giacciono in fondo al nostro, immenso giacimento memoriale. La mafia delle origini (ne parla già nel 1838, Pietro Calà Ulloa, Procuratore del Re a Trapani, pur non nominandola) e quella che, incistata fin dai suoi primi vagiti nel fragile corpo del nascente Stato Italiano, ci va a nozze fino agli Anni Ottanta del ‘900. Magari giovandoci dei grandi quadri messi a punto, innanzitutto, dal decano degli storici siciliani: Francesco Renda (non a caso, Consulente della Prima Commissione Parlamentare Antimafia, 1963 – 1976). Ma anche da altri insigni studiosi: Francesco Brancato e Giuseppe Giarrizzo, Giuseppe Carlo Marino e Salvatore Lupo, Umberto Santino e Alessandra Dino.

E, per ciò che riguarda Marsala, dagli autorevoli membri dell’ Associazione “Storia Patria”, capitanati dal Prof. Giovanni Alagna, autore dell’ eccellente: “Marsala. La città. Il territorio”. Due volumi che tutti i marsalesi – a cominciare dagli studenti delle scuole cittadine di ogni ordine e grado – dovrebbero leggere e meditare. Così come da leggere e meditare è “L’invisibile” di Giacomo Di Girolamo che, se per centinaia di pagine si addentra nei meandri di ‘Cosa Nostra’ trapanese – arrivando alle medesime conclusioni di Giovanni Falcone: la potenza della mafia risiede in tutto ciò che sta al di fuori di essa, nel suo sistema di relazioni con il potere economico e politico – non rinuncia, nelle ultime, a una stoccata finale che interroga noi lettori. “Racconto fatti gravi, che sono sotto gli occhi di tutti. Eppure sembrano irrilevanti. Non producono alcuna conseguenza tra le persone”. Cui, non si può chiedere, certo, di imporsi una vocazione da martiri o da eroi. Ma di non “voltare più le spalle al cielo”, di non cercare rifugio alle brutture quotidiane nella “stanza dello scirocco”, di non trasformarsi in “creature di sale” e, anzi, di continuare, con tenacia e abnegazione, a fare fino in fondo il proprio dovere di cittadini consapevoli e responsabili:questo si, lo si può, lo si deve chiedere. Innanzitutto a noi stessi, e poi a tutti gli altri.

G. Nino Rosolia