La rotta dei terroristi. Tunisia-Sicilia, quella battuta non con dei barconi ma con delle barche molto potenti. La Sicilia negli ultimi mesi non è soltanto terra di approdo di profughi, di disperati che scappano da fame e guerre. C’è un tipo diverso, anche, di sbarchi, quelli non rintracciati, quelli con piccole e potenti imbarcazioni che trasportano droga, sigarette di contrabbando, ma anche jihadisti, secondo quanto sostengono gli inquirenti siciliani.
Gli sbarchi fantasma finiscono anche nella relazione annuale presentata al Parlamento dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, il Dis, che dipende dal Ministero dell’Interno.
La relazione fa il punto sulla sicurezza nazionale, sui temi caldi a livello internazionale che possono coinvolgere il nostro Paese, e soprattutto sull'immigrazione. Il dato dello scorso anno è in calo, ci sono stati minori sbarchi rispetto al 2016, anche se i primi mesi del 2017 la situazione era diventata drammatica. Nella relazione si fa una netta distinzione tra i tanti profughi richiedenti asilo, che scappano da guerre e miseria, e tra chi, in percentuale molto minore, tentano di entrare in Europa senza avere il diritto di chiedere asilo. Soprattutto in base a tutte le attività di indagine messe in campo evidenzia il Dis quali possono essere i modi in cui aspiranti terroristi possono infiltrarsi tra i migranti che hanno intenzione di chiedere asilo.
“Rispetto agli arrivi dalla Libia – spiega la relazione del Dis - quelli originati dalla Tunisia e dall’Algeria presentano caratteri peculiari: sono entrambi essenzialmente autoctoni e prevedono sbarchi “occulti”, effettuati sottocosta per eludere la sorveglianza marittima aumentando con ciò, di fatto, la possibilità di infiltrazione di elementi criminali e terroristici”.
Il quadro si fa più inquietante se si tengono in considerazione i dati degli sbarchi. Sono aumentati sensibilmente, infatti, gli arrivi da Algeria e Tunisia, e sono diminuiti quelli dalla Libia nell’ultimo anno. Il Dis sottolinea “l’arrivo in Sicilia, prevalentemente nell’Agrigentino e nel Trapanese, di un cospicuo numero di migranti nordafricani, per lo più tunisini, trasferiti in piccoli gruppi a bordo di barchini in legno”.
Infatti nel 2017 sono state avviate delle indagini su gruppi organizzati che trasportavano, non solo con “barchini”, ma soprattutto con potenti gommoni, droga, sigarette e si presume anche persone vicine al terrorismo islamico. Abbiamo parlato più volte su Tp24.it della rotta Tunisia-Marsala, delle indagini della procura di Palermo, e di quegli sbarchi avvenuti sulle nostre coste di cui uniche tracce rimaste sono state le imbarcazioni e gli indumenti bagnati dei migranti.
Per il Dis in Italia “la minaccia terroristica resta attuale e concreta, non solo in ragione del ruolo di rilievo che il nostro Paese da sempre occupa nell’immaginario e nella narrativa jihadista, ma anche per la presenza sul territorio nazionale di soggetti radicalizzati o comunque esposti a processi di radicalizzazione”.
E in questo contesto si inseriscono le rotte migratorie controllate dalle associazioni criminali. Ci sono i viaggi con partenza, principalmente, dalla Libia, intrapresi con grosse imbarcazioni in cui i mercanti di esseri umani stipano centinaia di persone. L’attenzione dell’intelligence si è concentrata proprio sulla gestione criminale dei migranti, “convogliati alla stregua di merci su circuiti illegali utilizzabili anche per movimentare estremisti e returnees”.
Nella relazione emerge il dato di fatto che “le rotte dell’immigrazione illegale – che non di rado si sovrappongono a quelle su cui vengono movimentati altri beni illeciti – rappresentano altrettante potenziali “direttrici logistiche” che collegano aree di insediamento e penetrazione del terrorismo di matrice confessionale alla UE, target prioritario del jihadismo”.
Ma non bisogna limitarsi a pensare che le imbarcazioni possano portare in Sicilia e quindi in Europa terroristi pronti a colpire. Per il Dis bisogna tenere conto della possibilità di “sfruttare in seguito – a fini di radicalizzazione – le pressoché scontate situazioni di disagio in cui è destinata a versare una parte degli stessi migranti”.
Le organizzazioni di trafficanti di esseri umani agiscono da vero e proprio sistema integrato, con attori di diverse nazionalità, presenti nei vari Paesi d’Europa. Queste organizzazioni sfruttano i migranti per tutta la loro vita clandestina, dall’ottenimento di documenti falsi, al trasferimento in altre mete. E anche l’impiego “nei circuiti del lavoro nero e della prostituzione”.
Poi ci sono i foreign fighters, quei cittadini europei che sono andati a combattere nelle file dei jihadisti.
“Quanto ai foreign fighters – scrive il Dis - si è assistito, più che ad un loro ritorno di massa nei Paesi di provenienza, al loro ridispiegamento in altri teatri. È, tuttavia, possibile che aliquote di mujahidin “europei” cerchino di rientrare illegalmente nel Continente, servendosi per lo più di documenti falsi e sfruttando filiere parentali e reti logistiche”. I foreign fighters sono quelli che potrebbero sfruttare gli sbarchi fantasma, i canali occulti per tornare in Europa, e in grado di avere contatti tra le diverse organizzazioni.