E’ approdato all’udienza preliminare il procedimento scaturito dall’indagine di Guardia di finanza di Mazara e Procura di Marsala su due sbarchi clandestini (e contrabbando di tabacchi lavorati esteri) avvenuti lo scorso anno sulle coste tra Mazara e Campobello di Mazara.
In uno di questi sbarchi, il 24 maggio 2017, di fronte Campobello, uno dei migranti morì annegato. A perdere la vita fu Haitem Hamda, di 29 anni. Secondo gli investigatori, sarebbe stato gettato in mare da due membri dell’organizzazione, che devono rispondere dell’accusa di omicidio.Ma per questo si procede a parte.
Il procedimento adesso approdato davanti al gup Annalisa Amato è relativo all’accusa di organizzazione e favoreggiamento di immigrazione clandestina e contrabbando di sigarette e vede alla sbarra degli imputati il mazarese Gaspare Gullo, di 49 anni (nella foto) e i tunisini (tutti residenti tra Marsala, Partinico, Palermo e Mazara) Ben Salem Sarra, di 21 anni, Ammar Nejib, di 49, Antar Qualid Ben Mohamed, di 39, Salem Karim, di 37, e Cheikh Narch Farese, di 26. Quest’ultimo è nato a Mazara. Tra i denunciati figurava anche Giuseppe Marcianò, ucciso la mattina del 6 luglio 2017 a Tre Fontane. A difendere gli imputati sono gli avvocati Luciano Asaro, Carlo Ferracane, Vito Riccardo Rao, Giampiero Santoro, Walter Marino, Simone Bonanno e Giuseppe Tumbiolo. Nella prima udienza preliminare, i legali hanno chiesto per i loro clienti patteggiamenti e giudizi con rito abbreviato. A sostenere l’accusa è il pubblico ministero Antonella Trainito. Le indagini, sfociate lo scorso settembre nell’operazione “Sunrise” (cinque arresti e denunce a piede libero), hanno consentito di identificare i presunti componenti del gruppo criminale, il ruolo ricoperto e le modalità delle traversate. Ogni viaggio, appena 4 ore di navigazione con veloci gommoni, avrebbe fruttato all'organizzazione una somma oscillante tra i 30 e i 40 mila euro e permetteva di introdurre sigarette di contrabbando destinate a essere rivendute nel territorio siciliano. L'organizzazione si occupava anche di fornire assistenza logistica per la permanenza in clandestinità sul territorio dei migranti trasportati, ognuno dei quali avrebbe pagato un “biglietto” di oltre 3 mila euro.