L’estinzione indotta (perchè di questo si tratta) del circolo Pd di Marsala è una pagina buia nella storia politica di questa città.
Si trattava, pur nella diversità delle componenti interne che un grande partito deve avere, di uno dei pochi circoli siciliani che si distingueva per l’assiduo funzionamento, come ci è stato sempre riconosciuto dai massimi dirigenti del partito che hanno preso parte alle sue riunioni.
Era al contempo una presenza vigile e costante di democrazia, sia che si trattasse di combattere battaglie sulle scelte valoriali (la parola “ideologiche" è ormai in disarmo) che riguardano la nostra società, sia che si trattasse di incidere su quelle più propriamente locali ed amministrative.
Un guardiano attento di chi ha avuto affidata la responsabilità del governo cittadino ed un contenitore indispensabile per raccogliere le istanze del territorio, delle periferie, delle fasce sociali più disagiate.
Questa funzione infatti è propria della politica e sarebbe un errore oltremodo miope pensare che la stessa debba essere assolta solo da chi ha compiti amministrativi.
Al contrario delle altre forze politiche, di cui si ha memoria solo nell'imminenza delle competizioni elettorali, il nostro circolo era un laboratorio costante di idee e di progetti.
In questi anni ho conosciuto molti militanti, alcuni storici: li ho visti gioire o imbufalirsi per pura passione politica, comporre con saggezza i dissidi o accendere il più aspro confronto anche personale, elaborare le strategie più sofisticate e le dialettiche più responsabili: una vera scuola della politica.
Da qualche mese il circolo è stato commissariato con la motivazione ufficiosa che le fratture al suo interno apparivano insanabili.
Tale scelta avrebbe dovuto condurre ad un percorso di graduale ricostruzione, preceduto dal necessario ascolto delle varie componenti del partito: quella che era una ricchezza (la diversità di vedute) andava preservata.
Nulla di tutto ciò è stato fatto, preferendo abbandonare il malato a sè stesso.
Si è voluto in realtà estinguere (ecco che la parola ritorna) ogni diritto di critica e di pensiero verso le cose che in città non vanno; si è voluto che questo diritto di critica e di pensiero semplicemente non avesse più espressione all'interno del partito.
Lo si è fatto con decisioni prese dall'alto ma indotte a livello locale: e tuttavia senza chi funge da stimolo e da critica, a volte anche urticante, coloro che hanno la reponsabilità di amministrare una comunità difficilmente possono migliorarsi (sempre che lo vogliano).
Se il fine era di chetare le acque, il risultato è stato quello della palude e del "liberi tutti".
Dal canto loro generali e colonnelli, dopo le cocenti sconfitte riportate dal partito, hanno fatto presto a ritirarsi nei loro ovattati quartieri generali; altri hanno persino dismesso le uniformi, criticando chi in questi ultimi anni ha ricoperto ruoli dirigenziali nel partito (ovvero sè stessi); magari pensando di potersi rifare una verginità con abiti più borghesi, per poi tornare a sbandierare le insegne del Pd allorchè le percentuali dei dati di consenso dovessero tornare ad essere nuovamente interessanti.
La cosa che più rattrista, a distanza di mesi, è però il silenzio e la rassegnazione con cui questa situazione è stata vissuta ed accettata dai militanti.
Se si vuole veramente ricostruire un rapporto con il nostro elettorato e con le forze migliori della società, occorre ripartire proprio da una formazione politica tradizionale: la migliore risposta al dilettantismo che i modelli di rappresentività liquida oggi in voga ci propongono.
Non avere più un "luogo politico" dove esternare le proprie idee e i propri valori, dove semplicemente consentire a quanti hanno voglia di contribuire alla crescita di una comunità di dare il proprio apporto, è dunque un vulnus di democrazia. Che riguarda tutti.
Perciò penso che oggi tutta la città debba interrogarsi su questo.
avv. Vincenzo Pantaleo
Pd Marsala