Accogliendo il ricorso degli avvocati difensori Luisa Calamia e Giovanni Aricò, il Tribunale del Riesame di Palermo ha ordinato la scarcerazione di Marco Buffa, uno dei 22 fermati nell’operazione antimafia “Annozero” del 19 aprile 2018.
A rinviare al Riesame, per una nuova valutazione, era stata, lo scorso 20 dicembre, la Cassazione, che aveva condiviso la tesi dell’avvocato Calamia, secondo la quale mancano gli indizi di colpevolezza.
Buffa è di Petrosino e secondo la Dda farebbe parte della famiglia mafiosa di Mazara. E’ noto per essere stato condannato prima a a 3 anni e 8 mesi per favoreggiamento a seguito dell’operazione antimafia “Black Out” (la sentenza, comunque, spiegarono allora i legali, stabilì che non favorì Cosa Nostra, o comunque non ne avrebbe avuto la consapevolezza) e poi, più recentemente, nel 2016, a un anno e 3 mesi dal Tribunale di Marsala per truffa con “minaccia di gettare addosso il malocchio” (si attende il processo d’appello).
Il prossimo 21 febbraio, intanto, nell’aula-bunker del carcere “Pagliarelli” di Palermo, si terrà la prima udienza preliminare per decidere sulle richieste di rinvio a giudizio avanzate dalla Dda per le persone coinvolte nell’indagine “Annozero”. Il gup è Cristina Lo Bue. I 22 provvedimenti di fermo dell’operazione “Annozero” hanno riguardato il superlatitante Matteo Messina Denaro, i cognati Gaspare Como e Rosario Allegra, nonché una serie di presunti affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Mazara del Vallo, Campobello di Mazara e Partanna. E cioè Nicola Accardo, ritenuto il capomafia di quest’ultimo centro del Belicino, i campobellesi Vincenzo La Cascia, Raffaele Urso, detto “Cinuzzo”, Vito Bono, Filippo Dell’Aquila, Mario Tripoli, Angelo Greco e Andrea Valenti, il nuovo presunto “reggente” di Mazara, Dario Messina, Giovanni Mattarella, genero del defunto boss Vito Gondola, Bruno Giacalone e Marco Buffa, anche loro di Mazara, i castelvetranesi Giuseppe Tilotta, Calogero Guarino, Leonardo Milazzo, Giuseppe Paolo Bongiorno, Vittorio Signorello e Antonino Triolo. Dall’accusa di concorso esterno, infine, si deve difendere il castelvetranese Carlo Cattaneo, operante del settore delle sale giochi e scommesse on line. Gli investigatori evidenziano che il vincolo mafioso, per Matteo Messina Denaro, finisce col coincidere con quello familiare. Le indagini, infatti, nel tempo, hanno individuato al vertice il cognato Filippo Guttadauro, poi il fratello Salvatore Messina Denaro, quindi il cognato Vincenzo Panicola e il cugino Giovanni Filardo. E ancora il cugino acquisito Lorenzo Cimarosa, poi pentitosi, la sorella Patrizia Messina Denaro, i nipoti Francesco Guttadauro e Luca Bellomo. E l’operazione “Annozero”, condotta da polizia, carabinieri e Dia, ha confermato la scelta “familistica” del superlatitante.