Con le accuse di abbandono di persone incapaci, commercio e somministrazione di farmaci guasti in quanto scaduti, mancanza di autorizzazione sanitaria e appropriazione indebita è finita sotto processo, davanti al giudice monocratico Matteo Giacalone, la titolare della struttura per
anziani “Villa Sorriso” di contrada Berbarello, Luisa Lo Cascio, di 52 anni. A condurre l’indagine, avviata a seguito della segnalazione di una fonte confidenziale, è stato il luogotenente della Guardia di finanza Antonio Lubrano, ex responsabile della sezione di pg delle Fiamme Gialle della Procura.
L’investigatore, adesso, è stato ascoltato in aula e ha spiegato l’iter dell’indagine rispondendo alle domande del pm Ignazia Uttoveggio e del giudice Giacalone. La fonte confidenziale aveva riferito che nella struttura gli anziani ospiti non sarebbero stati accuditi con la dovuta attenzione e
professionalità, soprattutto quelli non autosufficienti e non deambulanti o affetti da disturbi mentali. A conferma di ciò, secondo l’accusa, arrivava, il 20 febbraio 2017, arriva la notizia che una novantenne, M.A., per una caduta dal letto dopo avere scavalcato le spondine, aveva subito un trauma cranico, con ferita sanguinante, e un trauma all’anca sinistra. E per questo veniva trasportata con l’ambulanza del 118 al Pronto soccorso dell’ospedale “Paolo Borsellino”, dove le veniva assegnato il “codice rosso”.
Quindi, un caso piuttosto grave. Il successivo 6 aprile, quindi, scattò un’ispezione a Villa Sorriso. A disporla fu la Procura di Marsala. Il controllo fu effettuato con l'ausilio dei tecnici di prevenzione della Asp di Trapani, del medico legale Giacoma La Rosa e dello psichiatra Armando Inguaggiato. Gli anziani ospiti furono sottoposti a visita e trovati bisognosi di cure mediche che non potevano essere fornite da una normale struttura che può garantire ospitalità solo l’ospitalità, ma da una Rsa (residenza sanitaria assistita) o nei casi più gravi da un ospedale. A Villa Sorriso furono, inoltre, trovati e sequestrati farmaci e “presidi sanitari” scaduti, alcuni dei quali, sull'imballaggio, avevano la scritta “P.O. Borsellino”. Ciò, oltre al commercio e alla somministrazione di farmaci guasti, faceva presupporre agli investigatori l’appropriazione indebita.