Continuiamo oggi il racconto dell'ultima udienza del processo Pionica che si sta vogendo davanti al Tribunale di Marsala. (Qui potete leggere la prima parte). Scopo di quella visita sarebbe stato quello di farla desistere dall’estirpazione dei vigneti e dalla successione dei diritti di impianto, visto che tali diritti erano quelli che davano un valore decisamente superiore alla “nuda proprietà” dei terreni, fino a triplicarne il valore commerciale.
Nel dettaglio, Giuseppa Salvo ha chiarito di aver ricevuto in eredità i beni gravati da procedure esecutive dai suoi genitori. E per questo era stata costretta a vendere delle proprietà, dietro autorizzazione del giudice delle esecuzioni, per evitare la vendita all’asta e soddisfare i creditori procedenti.
Soggetta a procedura esecutiva era anche l’azienda di contrada Pionica che era stata sempre gestita in piena autonomia dalla Salvo, che era imprenditore agricolo e che in quanto tale aveva presentato regolare domanda di estirpazione dei vigneti al fine di rivendere i diritti di reimpianto degli stessi in altre Regioni, stante l’elevato valore di mercato di quel periodo, circa 15.000 euro l’ettaro per 30 ettari per cui era stata presentata la domanda; transazione che le avrebbe consentito di chiudere un accordo con il creditore procedente e liberare l’azienda di famiglia dalla procedura esecutiva.
Nel frattempo si batteva l’asta per Pionica, il cui prezzo ribassava perché, alle prime aste, nessuno aveva partecipato. Quando il prezzo scese a 130 mila euro, se l’aggiudicò Roberto Nicastri. In attesa del decreto di trasferimento a firma del Tribunale civile di Marsala, la Salvo rimaneva l’unica titolare dei cosiddetti “catastini” e conduttrice dei terreni agricoli, tant’è che veniva autorizzata all’espianto dei vigneti. Poco prima, però, di ricevere la notifica dell’autorizzazione, riceveva la visita di Michele Gucciardi, presunto capomafia di Salemi, con il quale la Salvo non aveva mai intrattenuto alcun rapporto, ma del quale conosceva la caratura.
Scopo di quella visita, secondo l’accusa, era quello di farla desistere dall’estirpazione dei vigneti e dalla successione dei diritti di impianto, considerato che tali diritti comportavano un aumento notevole di valore della nuda proprietà di contrada Pionica fino a triplicarne il valore commerciale, già di per sé molto ingente. Peraltro, l’azienda doveva essere rivenduta ad altre persone, che verranno identificati negli imputati Ficarotta Leonardo, Ficarotta Ciro Gino e Vivirito Paolo, proprietari di grandi possedimenti in Romania. In quell’occasione la Salvo chiedeva tempo al Gucciardi, per la possibilità di vendere i diritti di reimpianto e con il ricavato poter riacquistare l’azienda di famiglia, ereditata del padre.
Ma il Gucciardi, ha raccontato la donna in aula, in maniera categorica le rispondeva: “So patre morse…”. Come dire, probabilmente, si metta l’anima in pace, ceda alle nostre richieste e non ci pensi più. Per la donna, quindi, non c’erano soluzioni alternative. Anche perché un suo eventuale “no” avrebbe potuto determinare delle ritorsioni, anche contro la sua famiglia. Successivamente, la Salvo veniva raggiunta anche dall’agronomo Melchiorre Leone, che a Salemi aveva una società di recupero crediti. E con lei il Leone avrebbe fatto espresso riferimento all’incontro avuto in precedenza con Gucciardi, ribadendo la necessità di abbandonare la domanda di estirpazione dei vigneti, che nel frattanto era stata autorizzata.
A questo punto, la signora Salvo, intimorita, non avvio più la procedura di espianto. Anche il Leone, ha continuato la teste, ci mise il carico da 90, facendo riferimento all’abitazione principale della Salvo, all’epoca anche questa all’asta, sottolineando la possibilità che qualcuno potesse aggiudicarsela all’asta che di lì a breve si sarebbe tenuta. Nella procedura esecutiva per Pionica, intanto, era sfuggita una particella, uno spezzone nel cuore dell’azienda.
“E Leone mi imponeva - ha dichiarato Giuseppa Salvo - di rilasciargli una procura speciale alla vendita, considerato che per i nuovi acquirenti era necessario avere l’azienda per intero al fine di poter accedere ed ottenere ingenti finanziamenti comunitari”.
In seguito, Leone avrebbe chiesto alla Salvo di firmare la domanda di archiviazione della richiesta di espianto dei vigneti. E anche in quell’occasione la Salvo non ebbe alcuna possibilità di scelta. Dovette limitarsi a firmare la domanda predisposta dal Leone. La Salvo ha, poi, aggiunto che la sua l’azienda era stata oggetto, nel tempo, di numerosi di furti e danneggiamenti.