Per diffamazione al maresciallo dei carabinieri Giovanni Teri, l’ex sindaco di Salemi Vittorio Sgarbi è stato condannato anche in secondo grado. La terza sezione della Corte d’appello di Palermo ha, infatti, confermato la sentenza con cui, il 18 luglio 2018, il Tribunale di Marsala (giudice monocratico Mariapia Blanda) ha condannato il critico d’arte Vittorio Sgarbi, 67 anni, a 2700 euro di multa.
Con Sgarbi, lo scorso anno, è stata condannata (a 2 mila euro di multa) anche l’ex vice sindaco Antonella Favuzza, di 60 anni. Entrambi, inoltre, sono stati condannati a risarcire il danno procurato al sottufficiale dell’Arma, costituitosi parte civile con l’assistenza dell’avvocato Mariella Martinciglio. Il giudice Blanda stabilì (e la Corte d’appello, oggi, ha confermato) che Sgarbi, difeso dall’avvocato Giovanni Di Giovanni di Caltanissetta, gli dovrà versare 30 mila euro, mentre la Favuzza 5 mila euro.
Secondo l’accusa, Sgarbi e Favuzza, per i quali il pm, in primo grado, aveva invocato 9 mesi di reclusione, avrebbero “in più occasioni” rilasciato dichiarazioni “tendenti a gettare discredito sull'operato” del sottufficiale, paventando anche qualche rapporto o conoscenza con Pino Giammarinaro, ex deputato regionale della Dc, corrente andreottiana, poi coinvolto in varie indagini. Ma la “conoscenza” che il maresciallo Teri avrebbe avuto di Giammarinaro sarebbe stata di altra natura. E cioè investigativa.
Teri, infatti, aveva svolto attività di pg nell’ambito dell'indagine che in seguito verrà battezzata “Salus Iniqua” e in altre che poi furono alla base del provvedimento sfociato nello scioglimento del Comune di Salemi per infiltrazioni mafiose. Indagini che Sgarbi definì “corrotte perché senza alcun riscontro oggettivo”, affermando inoltre: “Si trasformano maldicenze e chiacchiericcio in ipotesi di reato”. Al critico d’arte sono state contestate anche le dichiarazioni rilasciate a Trapani nel 2013 dopo essere stato sentito come teste nel procedimento di prevenzione a carico di Giammarinaro. Allora, Sgarbi dichiarò: “Mai nessuno delle istituzioni è venuto a dirmi di stare attento a Giammarinaro, né il maresciallo dei carabinieri di Salemi che mi risulta andava a cena con Giammarinaro e che Giammarinaro veniva presentato come l’amico di Giovanni”. In aula, il maresciallo Teri aveva rintuzzato: “Non è vero che sono amico di Pino Giammarinaro, anzi su di lui ho svolto indagini. I nostri rapporti, quindi, sono stati di natura istituzionale e ci diamo del lei”. E in un’altra udienza l’ex politico ha affermato: “Non sono amico del maresciallo Teri. Non sono mai andato a cena con lui, né insieme in altre occasioni conviviali. Anzi, tutti i miei guai giudiziari sono dovuti all’operato del maresciallo Teri”. Nello stesso processo, Sgarbi e Favuzza erano accusati di avere diffamato anche un ex consigliere comunale di Salemi, Melchiorre Angelo, in passato sostenitore della loro giunta. Da questa accusa in primo grado sono stati entrambi assolti, ma adesso la Corte d’appello ha sentenziato che Sgarbi e Favuzza dovranno risarcire, in solido, il consigliere con 5 mila euro. I due imputati, infine, sono stati condannati a pagare le ulteriori spese processuali, nonché, con 1200 euro ciascuna, quelle sostenute dalle due parti civili. Il processo è nato a seguito delle querele presentate da Teri, che all’epoca dei fatti (2011-12) era comandante della stazione dei carabinieri di Salemi. Durante il processo di primo grado è stata smentita l’ipotesi che Teri avesse partecipato ad una cena a casa di Pino Giammarinaro.