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23/07/2020 06:55:00

Marsala, abusivismo e mancate demolizioni. Tre condannati, ci sono anche due tecnici comunali

 Tre condannati e otto assolti nel processo che davanti il Tribunale di Marsala (presidente del collegio: Lorenzo Chiaramonte) ha visto imputate undici persone, tra tecnici comunali, proprietario di un immobile e il suo tecnico privato, per un caso di “opere abusive” realizzate per ampliare, secondo l’accusa, alcune parti di un’abitazione di via Trieste, alla periferia di Marsala.

Opere non demolite, se non in parte, nonostante si trattasse di manufatti “non sanabili”. Per questa vicenda, adesso, il Tribunale ha condannato a due anni e mezzo di reclusione l’ingegnere Francesco Patti, di 65 anni, ex dirigente del settore Pianificazione territoriale del Comune di Marsala, ora in pensione, processato per abuso d’ufficio. Gli è stato contestato di non avere emesso ordinanza di demolizione per alcune opere “abusive”, per le quali c’era stato un “diniego di sanatoria”, realizzate in un’abitazione di proprietà di Manfredo Natale Spadaro, 54 anni, marito di un magistrato in servizio al Tribunale di Marsala. Spadaro è stato assolto, insieme al suo tecnico, l’architetto Andrea Pellegrino, di 55 anni, dall’accusa di falso ideologico, ma condannato per abuso edilizio a otto mesi di arresto, nonché ad un’ammenda di 45 mila euro. Condannato, per falso ideologico, anche un altro tecnico del Comune di Marsala, Vito Angileri, di 58 anni. Per lui un anno e mezzo di reclusione con pena sospesa. Sono stati, invece, assolti altri sette tecnici dello stesso Comune accusati di abuso d’ufficio: sono l’architetto Filippo Maggio, di 63 anni, che diede un parere favorevole, Bernardo Giuseppe Giacalone, di 62, Giovanni Barraco, di 59, accusato di aver omesso la sospensione delle opere abusive, Vincenzo Figuccia, di 63, Mario Stassi, di 64, l’ingegnere Giuseppe Giacalone, di 64, responsabile dell’edilizia privata, e Alberto Angileri, di 65. Per gli ultimi due era stato lo stesso pm, Giulia D’Alessandro, a chiedere l’assoluzione.

L’indagine è scattata a seguito della denuncia di una vicina di casa, l’avvocato Valentina Scarrone, figlia del defunto giudice Renato Scarrone (morto diversi anni fa in un incidente stradale), che aveva portato alla parziale demolizione delle opere realizzate, mentre per la restante parte il proprietario aveva avanzato richiesta di sanatoria agli uffici comunali. Nel processo, Valentina Scarrone si è costituita parte civile. A quest’ultima, Spadaro, Patti e Angileri dovranno versare un risarcimento danni di 10 mila euro (così ripartiti: Spadaro 7.500, Patti 2 mila e Angileri 500), nonché, in solido, le spese processuali (3500 euro) sostenute dalla stessa parte civile. A Spadaro, infine, è stato ordinato di demolire, qualora non lo avesse ancora fatto, i “manufatti abusivi”. Lo scorso 10 luglio, il pm D’Alessandro aveva invocato, per nove degli undici imputati, condanne a pene tra un anno e mezzo e quattro anni di carcere. Quattro anni erano stati chiesti per l’ingegnere Patti. Due anni e mezzo per Filippo Maggio e per Bernardo Giuseppe Giacalone. Due anni per Giovanni Barraco, Vincenzo Figuccia e Mario Stassi. Un anno e mezzo per Vito Angileri. Richiesta di assoluzione, invece, come detto, per altri due tecnici comunali, l’ingegnere Giuseppe Giacalone e Alberto Angileri. Un anno e mezzo, invece, era stata la richiesta per Manfredo Natale Spadaro, committente delle opere contestate, e Andrea Pellegrino. Nella requisitoria, il pm Giulia D’Alessandro aveva affermato: “Questa non è una vicenda come tutte le altre. La Scarrone ha attirato l’attenzione dei funzionari del Comune in tempo reale e questi avrebbero fatto bene a fermarsi. E invece no. Ciò dimostra l’atteggiamento di potere dei funzionari”. Dopo la lettura del dispositivo della sentenza, invece, gli avvocati Antonina Bonafede e Stefano Pellegrino, difensori di Filippo Maggio, Giovanni Barraco, Alberto Angileri, Mario Stassi, Bernardo Giacalone e Vito Angileri, hanno dichiarato: “E’ una sentenza che ci appaga parzialmente, considerato che dagli atti emerge con chiarezza l’assoluta correttezza dell’operato del responsabile dell’ufficio Vito Angileri. Del resto, gli stessi documenti e riproduzioni fotografiche escludono ogni ipotesi di falsità commessa da Angileri. La motivazione del Tribunale, che ovviamente non conosciamo, non potrà che prestare il fianco a censure che saranno spiegato con l’atto di appello”. A difendere gli imputati sono stati gli avvocati Paolo Paladino (per Spadaro e Pellegrino), Giacomo Frazzitta (per Giuseppe Giacalone) e Carlo Ferracane (per Figuccia).