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24/07/2020 06:00:00

Spese pazze all'Ars. La condanna di Giulia Adamo. Si candida lo stesso a Marsala?

Adesso si mette male per Giulia Adamo, che dopo anni di silenzio era tornata alla carica nella giungla della politica ed era pronta a candidarsi sindaco di Marsala, di nuovo.

E’ una sentenza pesante e che avrà ripercussioni politiche quella emessa dalla terza sezione del tribunale di Palermo, presieduto da Fabrizio La Cascia, nel processo sulle cosiddette “spese pazze all’Ars”.

Cinque ex deputati regionali siciliani sono stati condannati, uno solo assolto.
E tra i condannati, per la provincia di Trapani, ci sono Giulia Adamo, ex sindaco di Marsala, e Livio Marrocco. Per quest’ultimo la pena è di 3 anni di reclusione, per Adamo la condanna è più pesante: 3 anni e sei mesi.
Gli altri politici condannati sono Cataldo Fiorenza, 3 anni e 8 mesi, Rudi Maira (4 anni e 6 mesi) e Salvo Pogliese, sindaco di Catania (4 anni e 3 mesi). Unico assolto Titti Bufardeci.


Il reato per il quale sono stati condannati gli ex parlamentari regionali è quello di peculato continuato.
Avrebbero utilizzato soldi del gruppo, destinati a fini istituzionali, per motivi personali. Regali, cene, acquisti vari, hotel, nulla a che vedere con il funzionamento dei gruppi parlamentari che presiedevano.

"Sentenza che con tutto il dovuto rispetto non è condivisibile. Le motivazioni saranno depositate tra 90 giorni e solo allora comprenderemo le ragioni che hanno indotto il Tribunale ad adottare questa inaspettata decisione avverso la quale sarà proposto appello. Ricordo che la Corte d'Appello e la Corte Cassazione hanno già esitato favorevolmente ricorsi per vicende analoghe riguardanti altri capigruppo dell'Ars. Stupisce il fatto che il Tribunale non ne abbia tenuto conto". E' quanto dichiara l'avvocato Luigi Cassata, legale di Giulia Adamo, dopo la condanna per l'ex sindaco di Marsala ed ex deputato regionale.


"Sono certo di avere svolto il mio incarico con la massima correttezza. Ripeto ancora una volta che le spese che mi sono state contestate sono tutte relative a esborsi dal mio conto corrente personale”, è invece la dichiarazione di Livio Marrocco. “Questo processo è stato basato in buona parte sulle ricevute delle spese che venivano conservate da me e da alcuni altri deputati scrupolosi. Ma erano conteggi di somme uscite dal mio conto personale. Ribadisco che non ho mai compilato alcuna richiesta di rimborso né documenti simili. Prendo atto che le somme che mi vengono contestate si sono ridotte nel corso degli anni dagli originari 290.000 dell’avviso di garanzia, ai 15.000 della richiesta di rinvio a giudizio, ai 5.200 circa del decreto che dispone il giudizio, ai 3.961 della condanna di oggi. Leggeremo le motivazioni e faremo appello. Confido di proseguire in questa direzione e dimostrare, alla fine, di non avere commesso alcun illecito".

 

 


E’ una faccenda lunga e tortuosa quella delle spese pazze all’Ars. In principio erano novantasette, per la maggior parte deputati regionali, e qualche dipendente, finiti nei guai perchè accusati di aver speso i soldi destinati all'attività istituzionale per fini personali. Tra questi c'è anche Giulia Adamo che è stata capogruppo all'Ars del Pdl Sicilia e dell'Udc tra il 2008 e il 2012, quando era punto di riferimento di Casini in Sicilia.

Una vicenda giudiziaria lunga, cominciata nel 2014 quando Procura ordinaria e della Corte dei Conti cominciano a spulciare quello che combinavano a Palermo i deputati regionali. I fatti contestati risalivano alla legislatura 2008-2012, quella del governo Lombardo. La prima indagine coinvolse una novantina di politici, alcuni avevano spese sospette per poche migliaia di euro, altri, i capigruppo soprattutto, per centinaia di migliaia di euro. Spese pazze, appunto, che qualcuno è riuscito a giustificare. In molti sono riusciti a cavarsela con l'archiviazione, altri sono stati assolti dalla magistratura contabile. Per altri invece non c'è stato un esito positivo. Giulia Adamo è tra quelli a cui sono state contestate più spese. In principio, nella fase di indagine, le spese contestate all'ex sindaco di Marsala ammontavano a circa 500 mila euro.


Tra le spese contestate liquori e vini pregiati per 1600 euro; 440 euro per una borsa Louis Vuitton, cravatte e carrè di seta “Hermes” per 1.320 euro, una borsa Bagagli da 145 euro.
Per lei anche la contestazione delle spese sostenute dal suo gruppo che doveva controllare. In questi anni, dicevamo, i procedimenti si sono svolti in due binari paralleli. La magistratura contabile ha proceduto, in maniera più veloce, ad accertare l'esistenza, eventuale, di un danno erariale. Di pari passo ci sono state le indagini, più lente, della magistratura ordinaria, con le ipotesi di reato di peculato.

Il procedimento davanti alla magistratura contabile per Giulia Adamo si è concluso con la condanna definitiva a restituire alle casse pubbliche ben 181 mila euro.

E’ proprio quella dell’ex sindaco di Marsala la figura che spicca in questo processo per la provincia di Trapani. Adamo è stata presidente della ex Provincia di Trapani, deputato regionale e sindaco di Marsala, carica dalla quale si dimessa nel 2014 dopo una condanna, per un’altra vicenda, che portò alla sua sospensione per effetto della legge Severino. Adamo è ricandidata sindaco della città lilibetana, e ha sempre detto che sarebbe andata avanti nella campagna elettorale anche se fosse arrivata una sentenza di condanna. I fatti adesso si fanno molto più complicati. Potrebbe non essere eleggibile per effetto della legge Severino che in queste ore rischia di lasciare senza sindaco la città di Catania. Pogliese, uno dei condannati di ieri, guida la giunta catanese da un paio d’anni, e in base alla legge Severino, che disciplina l’incompatibilità con le cariche istituzionali per le persone condannate per reati contro la pubblica amministrazione, dovrebbe essere sospeso per 18 mesi. Un’infinità per un’amministrazione comunale, ed è per questo che molti chiedono le sue dimissioni.


E Adamo cosa farà? Lei si è sempre difesa dicendo di non aver mai utilizzato per fini personali i soldi del gruppo, che non c’era l’obbligo di rendicontazione all’epoca e che anzi ha rinunciato a delle indennità che le spettavano. Ma resta una vicenda molto pesante da gestire. Se già non lo fosse la condanna per danno erariale da parte della Corte dei Conti, adesso arriva quella del tribunale di Palermo per peculato continuato. Si discute molto in città in queste ore sulla sua condanna e sull’opportunità di una sua discesa in campo.