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12/10/2020 06:00:00

Il far west dei parcheggi a Segesta finisce in tribunale

Il far west dei parcheggi ai piedi del parco archeologico di Segesta finisce in tribunale.

E sarebbe l’evoluzione dell’indagine Phimes che ha portato agli arresti, un anno fa, dell’imprenditore Francesco Isca e del vice capo della polizia municipale di Calatafimi, Salvatore Caprarotta. Coinvolto nell’indagine anche l’ex sindaco di Calatafimi Vito Sciortino.


In pratica, secondo quanto emerso dalle indagini, il vigile urbano faceva multe a raffica a tutti coloro che non utilizzavano il parcheggio privato dell'imprenditore per l'ingresso al parco archeologico di Segesta. In cambio i suoi familiari erano stati assunti a lavorare nel parcheggio: moglie, figlie e genero.

L’indagine ha avuto un balzo in avanti, e si è arrivati alla richiesta di rinvio a giudizio per otto persone indagate. Oltre all’imprenditore proprietario del parcheggio, l’ex vigile urbano e l’ex sindaco Sciortino, è stato chiesto il rinvio a giudizio dalla Procura di Trapani anche per l’ex comandante dei Vigili Urbani, Giorgio Collura, 55 anni, Vito e Leonardo Accardo, 58 e 55 anni, vigili urbani, Giusy Maria Craparotta, 32 anni, Giuseppe Ferrara, 32 anni, figlio dell’ex sindaco sempre di Calatafimi Segesta Nicola Ferrara, gestore dell’area di parcheggio. Oggi, lunedì 12 ottobre, ci sarà la prima udienza davanti al gup del tribunale di Trapani.

In seguito all’indagine l’area di parcheggio è stata sequestrata dai Carabinieri. Secondo quanto emerso i turisti erano in qualche modo costretti a parcheggiare nell’area di Isca, con i vigili urbani che facevano multe a raffica, su indicazione di Isca, a chi parcheggiava per strada o in altri parcheggi, anche se non autorizzati.
Del far west dei parcheggi a Segesta ce ne siamo occupati diverse volte su Tp24.

 

 

Corruzione per il parcheggio del tempio di Segesta. Arrestati vigile urbano e imprenditore from Tp24 on Vimeo.

 


L’oggetto dello scambio corruttivo tra vigile e imprenditore sarebbe stata quindi l’assunzione di quattro familiari dell’ispettore della Municipale, erano loro ad occuparsi del parcheggio. E se restavano troppi posti vuoti bastava chiamare i vigili per incrementare gli affari. In definitiva, solo in quel parcheggio si poteva andare. Avevano anche stampato un volantino, con logo (falso) dell'Ente Parco. Un volantino in cui si diceva che l’unico parcheggio autorizzato era quello del signor Isca.

In particolare infatti la figlia di Caprarotta è socia al 50% della “Segesta Green Tour srl” (incaricata della gestione dell’area di parcheggio di sca) mentre la moglie e il genero sono dipendenti. Un altro figlio del Vigile Urbano “infedele” è assunto presso la “Nuovi Sistemi Edili srl”, società proprietaria del parcheggio e amministrata direttamente da Isca.



La moglie di Caprarotta infatti, convocata dai carabinieri per essere interrogata nell’aprile 2019, concordava preliminarmente con il marito la versione da fornire ai militari e, successivamente, contattava la moglie di Isca per informarla, aiutandolo così ad eludere le investigazioni.

L’accusa per l’ex sindaco Sciortino è di abuso d’ufficio e falsità materiale ed ideologica. Senza averne titolo, in quanto l’area archeologica all’epoca dei fatti dipendeva dal Dipartimento beni culturali della Regione, avrebbe imposto direzione del parco archeologico di Segesta, mediante l’adozione di un atto a sua firma - informale e privo di protocollo – di non far parcheggiare veicoli al suo interno, in tal modo favorendo l’attività di parcheggio di Isca.
Isca, imprenditore edile molto attivo nella zona, è stato coinvolto nell’inchiesta palermitana che ha inguaiato Paolo Arata e Vito Nicastri. Fino al 2004 conviveva con la figlia del mafioso Leonardo Crimi e sorella di Salvatore Crimi, nonchè cognata di Calogero Musso, anche lui organico a cosa nostra.

Ma c’è di più. Perchè l’indagine sembra partire anche dalle dichiarazioni di Antonio Caprarotta
, che non è parente del Caprarotta arrestato. Caprarotta è proprietario di un altro parcheggio che sorge ai piedi del Parcho di Segesta. Un parcheggio che secondo quanto emerso in passato non aveva le autorizzazioni necessarie in quanto sorgerebbe in un’area a vincolo archeologico. Tra l’altro sempre in quelle settimane di fuoco i Carabinieri avevano posto sotto sequestro preventivo quell’area. Caprarotta ha raccontato agli inquirenti le “attenzioni” del vice comandante della polizia municipale nei confronti della sua attività. Caprarotta ha ricostruito la vicenda accostando al nome di Isca non solo quello di Nicastri ma anche di Giovanni Filardo, cognato del boss latitante Matteo Messina Denaro.