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22/12/2021 06:00:00

Marsala, il sequestro a Sparla/1. Dal primo arresto alla rete di pusher: la “carriera criminale”

Casa sua sembrava quella dei Casamonica. Quando i poliziotti sono entrati in casa hanno trovato un arredamento leggermente kitch, con poltrone da boss e un giaguaro d’oro.

Una villa che secondo la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, Vincenzo Sparla, marsalese di 38 anni, ha costruito con i soldi di quella che viene ritenuta la sua attività principale: il traffico di stupefacenti.


Nelle scorse settimane gli sono stati sequestrati beni per mezzo milione di euro.
Oltre alla villa, i sigilli sono scattati per una pizzeria e una pescheria, entrambe attività riconducibili a Sparla.

E’ uno dei pochi casi in cui uno spacciatore è destinatario di una misura di prevenzione del genere, e di questa portata. E’ la nuova frontiera delle misure di prevenzione. Il sequestro dei beni agli spacciatori abitudinari, a quelli che nel corso degli anni hanno accumulato ricchezza grazie al traffico di stupefacenti. Ecco perchè è importante esaminare come si è arrivati a questo sequestro dei beni, e capire come sia arrivato a questa misura il tribunale di Trapani.

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In realtà non è la prima volta che vengono sequestrati beni a spacciatori. Un anno fa un provvedimento analogo è stato emesso nei confronti di Ivan Randazzo, pregiudicato, al quale è stata sequestrata una villetta nel quartiere di San Giuliano e un terreno, del valore di 150 mila euro.


Per i giudici della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani anche Vincenzo Sparla è un soggetto “socialmente pericoloso”. Lo indicano “a capo di una rete di traffico di stupefacenti sia al minuto che ad “ingrosso” di altri pusher”. Sparla ha all’attivo diverse condanne e processi, alcuni in corso, altri terminati con l’assoluzione. Ma per i giudici Sparla ha portato avanti l’attività di spaccio “in maniera non occasionale né sporadica, ma abitudinaria, perdurante e produttiva di lucro fino a tempi recenti”. Il tutto con l'aiuto del fratello, Alessio Sparla, raggiunto da una misura di prevenzione personale. 

 

Dal 2008 al 2014 la famiglia Sparla costruisce ville, compra terreni, barche e automobili, mette su due attività commerciali: una pizzeria d'asporto e una pescheria. Gli investigatori scandagliano gli ultimi 15 anni di “carriera” di Sparla, e i suoi investimenti.


Si tratta, dicevamo, di uno dei pochi casi in cui vengono sequestrati beni, con le stesse modalità per gli indagati per mafia, ma per fatti non di mafia.

Il sequestro dei beni a Sparla deriva da due fattori. Le sue “abitudini criminali”, che lo fanno ritenere “soggetto pericoloso”. Per emettere un provvedimento del genere il tribunale deve accertare che Sparla “sia un soggetto dedito alla commissione di più reati nel corso di un determinato lasso di tempo e che la commissione degli stessi abbia costituito l’unica o una rilevante fonte di reddito”. L’altro fattore è quello del reddito: come fa uno che dichiara poche migliaia di euro di redditi ad accumulare beni e ricchezze per mezzo milione di euro?

LA CARRIERA CRIMINALE
Comincia da ragazzino, Sparla, a delinquere. I giudici sottolineano che la sua “carriera criminale” viaggia su due direzioni, lo spaccio di droga, e reati in materia di armi e munizioni. Passando a setaccio il suo curriculum criminale il Tribunale lo definisce “soggetto socialmente pericoloso”.

Sono diversi i procedimenti penali a suo carico, pendenti e passati in giudicato. Diverse condanne, un'assoluzione rocambolesca. I processi, però, delineano un quadro che ha portato il Tribunale di Trapani a disporre il sequestro dei beni in quanto, in via cautelare, ne accerta la pericolosità.

LA PRIMA VOLTA
Non è ancora maggiorenne, Vincenzo Sparla, nel 2000, quando viene fermato per spaccio di marijuana, beccato con 150 grammi di erba. Se la cava con una “tirata d'orecchie” del giudice del Tribunale dei Minori, che ne accerta la colpevolezza ma non lo punisce: è il cosiddetto “perdono giudiziale”.

LA PRIMA CONDANNA
Nel 2006 arriva la cocaina. Sparla viene incastrato da una serie di telefonate intercettate, mentre pianifica la compravendita di droga con un altro spacciatore.
Viene condannato a dieci mesi di reclusione.

 


 

LA COCAINA
Sono gli anni in cui Sparla comincia a formare, secondo quanto emerge dalle indagini, una solida ed efficiente rete di spaccio, per rifornire considerevoli quantità di droga in provincia, fino a Palermo. Sparla finisce in un’indagine curata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Palermo, che coinvolge una cinquantina di persone. E nonostante un impianto probatorio notevole nel 2014 arriva l’assoluzione.
Sparla finisce ancora sotto la lente degli investigatori per i suoi contatti oltre lo Stretto. Viene intercettato nei suoi viaggi da Marsala a Reggio Calabria, per fare vedersi con “Lucia”. Lucia, in realtà, è Claudio Antonio Bava, pregiudicato calabrese. Secondo quanto emerge nell’inchiesta Bava avrebbe rifornito di droga anche il cognato di Vincenzo Sparla che risiede nell'hinterland torinese. La cocaina che si consuma in provincia di Trapani e in provincia di Torino, è la stessa, ed è quella dei calabresi. Ma le indagini non vanno oltre. Nel 2013, il Gip di Marsala chiede l'archiviazione per insufficienza di prove, che non avrebbero garantito sbocchi processuali.
Un’altra operazione antidroga in cui viene coinvolto Sparla è quella denominata “Sandokan”. E’ il 2013, per gli inquirenti Sparla avrebbe rifornito di droga, altri pusher locali. Dalle indagini emerge il legame con Marco Buffa, ritenuto esponente della famiglia di Cosa Nostra di Marsala. Il processo è ancora in corso.


LA PIAZZA DELLA DROGA
Ma una delle vicende che ha creato più interesse mediatico attorno a Sparla è quella relativa alla centralissima piazza Carmine, a Marsala, diventata piazza dello spaccio.

Nel 2017 gli Sparla, con il fratello Alessio ormai adulto e pienamente coinvolto nelle attività, affittano tramite un prestanome una casa in pieno centro a Marsala. Siamo in via Simone Marino a Piazza Carmine. E' una vera e propria centrale dello spaccio, dove si riforniscono consumatori, piccoli pusher “indipendenti”, e diversi spacciatori direttamente ingaggiati da Sparla. Gli stupefacenti, anche eroina, vengono smerciati sia all'ingrosso che al dettaglio. Interviene la Polizia, allertata dai vicini di casa che hanno denunciato alla proprietaria dell'immobile il continuo via-vai a qualsiasi ora del giorno e della notte. Coinvolto anche Ignazio Mannone, la "longa manus" di Sparla sull'isola di Favignana, dove fa arrivare eroina.
Sparla sceglie il rito abbreviato, e viene condannato in primo grado a 5 anni e 4 mesi di carcere. E' in corso il secondo grado, quello di appello.

Nel 2018 viene trovata una piantagione di marijuana nella villa di un uomo, Giovanni Valenza. La villa, dotata di sofisticatissimo sistema di telecamere di videosorveglianza, è praticamente circondata da una piantagione con 860 piante di marijuana.
Le indagini proseguono, fino a scoprire che il giardiniere che la cura, con metodi professionali, è ancora una volta Vincenzo Sparla.
Anche questo processo è ancora pendente.

 


LE ARMI
Diversi i precedenti penali anche per detenzione illecita di armi da taglio e da fuoco.
Nel 2009 viene pizzicato per porto d'armi abusivo, mentre nel 2017, nella centrale di spaccio in Piazza Carmine, viene trovata una pistola calibro 7,5. Nel 2018, infine, nella villa di Valenza, trovato un fucile a canne mozze. Tutte armi detenuta illecitamente.
Al di là degli esiti che hanno avuto le indagini e i processi, il procedimento di sequestro segue un binario parallelo. E secondo i giudici Sparla è “un soggetto pericoloso in quanto dal 2006 dedito, in modo pressoché continuato sino ad oggi, all’attività di traffico di stupefacenti, sia al dettaglio che all’ingrosso, che gli consente di vivere e mantenersi. Dal 2008 al 2019, inoltre, Sparla ha riportato quattro condanne definitive, una per stupefacenti e tre per reati in materia di armi. I giudici scrivono, inoltre, che la “fama di fornitore di cocaina raggiunta da Sparla ben presto si diffondeva anche in ambienti diversi da quelli di criminalità comune, proprio perchè a lui, nel 2013, si rivolgeva Marco Buffa, rietenuto appartenente alla famiglia mafiosa di Marsala.

Ma oltre ai suoi precedenti gli investigatori passano anche al setaccio le sue attività economiche, scoprendo una certa sperequazione. Che vedremo domani.

 (Qui la seconda parte)