Il 28 Marzo si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Endometriosi, malattia che, in molti casi, si rivela fortemente invalidante per le donne che ne soffrono e non tutti conoscono, nonostante sia molto diffusa.
Il circolo Pd online "Nilde Iotti" ha approfondito l’argomento, visto che si stima che l’endometriosi colpisce una donna su dieci, per un totale di circa 3 milioni di donne in Italia, 14 milioni in Europa e 176 milioni nel mondo con diagnosi conclamata. Tra queste, ovviamente, non sono considerate tutte quelle donne che ancora non sono riuscite a dare un nome al proprio dolore.
"E’ una malattia infiammatoria sistemica, caratterizzata dalla presenza di tessuto simil-endometriale, rinvenuto in sedi extrauterine - scrivono in una nota Linda Licari e la responsabile del dipartimento Pari Opportunità Laura Tumbarello - .Tale anomalia causa a livello pelvico uno stato infiammatorio cronico, sia a carico dell’apparato genitale, sia di altri organi pelvici ed extra-pelvici, manifestandosi con dolori di variabile intensità che si intensificano soprattutto in fase mestruale e talvolta con una difficoltà al concepimento. Entrambe le condizioni possono peggiorare significativamente la qualità di vita delle pazienti affette, tanto da esser considerata oggi una patologia cronica invalidante".
L’endometriosi presenta aspetti ancora misconosciuti, per via della complessità della patologia e delle difficoltà diagnostiche. Ad oggi si stimano, in media, 7 anni di ritardo nella diagnosi. Una diagnosi precoce risulta essere fondamentale per cercare di arginare la malattia ad uno stadio iniziale, cercando di evitare quanti più danni possibili agli organi coinvolti, e per preservare la fertilità delle donne che ne sono affette, che rischiano l’infertilità nel 30-40% dei casi.
"Riteniamo utile parlarne e citarne brevemente i sintomi anche per renderli riconoscibili alle lettrici - continua la nota - Quelli più comuni sono il dolore pelvico, la dismenorrea, – ovvero il forte dolore mestruale, che deve essere ritenuto un campanello d’allarme, ma spesso viene considerato come se fosse la normalità portando al rischio di ritardo diagnostico – la dispaurenia, il disagio rettale, l’irregolarità dei cicli mestruali con perdite ematiche anomale. Crediamo sia necessario sensibilizzare su alcuni punti riguardanti questa malattia, così come stanno facendo molte donne politicamente impegnate. Innanzitutto, vorremmo invitare le donne che si rivedono anche in uno dei sintomi sopraelencati a sottoporsi ad una visita ginecologica presso un centro o un ginecologo specializzato in endometriosi. Questo risulta essere fondamentale, sia perché la diagnosi può risultare difficile anche a chi dedica tutta la propria carriera alla ricerca sulla malattia, sia perché un ginecologo specializzato, tramite un’accurata anamnesi, non si arrende facilmente agli esami che possono risultare negativi nonostante la paziente sia comunque affetta dalla malattia. Crediamo che sia necessario che il personale sanitario venga preparato non solo nel riconoscere i sintomi ed indirizzare la paziente nel centro specializzato più vicino, ma anche nel saper diagnosticare la malattia. Purtroppo il ritardo diagnostico è causato anche da quel personale sanitario che, non sapendo diagnosticare in tempi utili la malattia, dimette la paziente apparentemente priva di problematiche ecografiche, senza citare la patologia per poter approfondire".
"Infine, bisogna precisare che la malattia si vive in maniera strettamente personale: anche l’endometriosi lieve potrebbe risultare invalidante e costosa dal punto di vista diagnostico e terapeutico. Per questo, riteniamo che sia corretto che l’esenzione 063, ad oggi accessibile soltanto a chi ha un’endometriosi al III o IV stadio, venga estesa anche ai primi due stadi della malattia.
Altra problematica legata all’esenzione sta proprio nel riconoscimento dello stadio: affinché venga determinato, è necessario un intervento chirurgico con esame istologico. Non è accettabile che si lascino soffrire in maniera invalidante delle donne che non possono permettersi di sostenere le spese necessarie per migliorare la propria qualità della vita, solo perché non necessitano o non possono sottoporsi ad un intervento chirurgico. Risulta fondamentale anche aumentare le prestazioni della stessa esenzione, - conclude la nota - in quanto l’endometriosi extragenitale necessita un approccio multidisciplinare tramite prestazioni che non sono ancora comprese e che comportano il sostenimento di ingenti costi, non accessibili a tutti".