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29/04/2022 06:00:00

“Io, nell'inferno di Mariupol”. Il drammatico racconto di una donna ucraina sfuggita alle bombe russe

Ho avuto paura di morire. Tutti i giorni. Ho visto morire mia nonna. Ho patito il freddo e la fame. Ora sto bene, ma il mio pensiero è rivolto ai miei familiari rimasti lì”. Dall'inferno di Mariupol a Torino, passando per la Polonia. La drammatica esperienza vissuta da una donna ucraina, Yuliia Prodan, sposata con l'ingegnere Baldo Valenza, originario di Trapani, ma trapiantato da anni nel capoluogo piemontese.

Yuliia è riuscita a fuggire dal suo Paese in guerra, dove, a fine febbraio era ritornata per riabbracciare i familiari rimanendo bloccata, lasciandosi alle spalle morte e distruzione. La Polonia la sua meta. La sua ancora di salvezza. Il suo ritorno alla normalità perduta, spazzata via dalle bombe e dai colpi di artiglieria. Suoni cupi. Di morte. Di oltraggio alla vita, alla libertà, all'integrità nazionale di un Paese, l'Ucraina, martoriato, ferito, umiliato ma che non molla. Resiste all' invasore russo. Con orgoglio e determinazione.

Yuliia si è salvata, ma difficilmente riuscirà a rimuovere dalla sua mente gli orrori della guerra. Le case spazzate vie, i pianti dei bambini, le madri in fuga, gli uomini costretti a separarsi dalle mogli e dalle fidanzate per andare a combattere. In Polonia Yuliia ha riabbracciato il marito che non aveva più sue notizie. Fine dell'incubo, dell'angoscia, della paura.

La cosa più bella – racconta - è stata quando ho rivisto mio marito che mi ha raggiunto in Polonia. Ma è una felicità a metà perché il pensiero è tutto ai miei genitori che sono rimasti a Mariupol”.

Una circostanza fortunosa ha favorito la sua fuga. “Sì sono scappata grazie alla fortuna. Grazie al passaggio in auto di un conoscente che passando davanti al posto in cui mi trovavo ha riconosciuto mio padre e in quel momento abbiamo capito che avevo un’occasione per andar via”. Per più di un mese, Yuliia ha vissuto nei sotterranei.

Sono dovuta fuggire da casa assieme a mia nonna e ai miei genitori i primi di marzo perché la zona periferica dove abitavamo non era più sicura. Siamo rimasti nascosti più di un mese, nei sotterranei di una scuola prima e in un bunker dopo, in preda al freddo, al buio e all’umidità e la paura di uscire allo scoperto quando si doveva preparare qualcosa di caldo da mangiare o fare qualche km per andare a prendere dell’acqua. Per fortuna avevamo con noi delle scorte di cibo che siamo riusciti a gestire nonostante la fame perché non sapevamo quanto tutto questo sarebbe durato. Quando abbiamo capito che la zona della nostra casa era più tranquilla rispetto a dove eravamo intorno alla metà di aprile abbiamo deciso di tornare indietro e li dopo qualche giorno mi sono separata dai miei genitori per provare ad andar via da Mariupol”.

La voce di Yulia ora diventa fioca:Impossibile dimenticare qualsiasi cosa perché ho avuto durante questo periodo il tempo di meditare su tutto”. Racconta poi un particolare: “I soldati russi con me si sono comportati bene perché mi hanno permesso di utilizzare il loro telefono”. Aggrappata ai “ricordi più belli” e al desiderio “di riabbracciare mio marito”, Yuliia ha perso la nonna.
Mia nonna, già terrorizzata da quello che stava succedendo e soffrendo già di suo di problemi di pressione, durante la fuga da casa è stata colta da malore e nonostante i miei tentativi di rianimarla perché svenuta abbiamo capito subito dopo che era deceduta”. Anche lei ha avuto paura di morire:Con quella paura convivevo ogni giorno”. Yuliia sogna “che tutto questo finisca il prima possibile”, ma non sa se un giorno vorrà ritornare a Mariupol.