I giovani entrati nel mondo del lavoro nel 2020 all'età di 22 anni in Italia raggiungeranno l'età pensionabile a 71 anni, il dato più alto tra i principali Paesi europei.
Nel 2021, i lavoratori under 25 hanno ricevuto in media 8.824 euro, il 40% della retribuzione media complessiva, mentre i lavoratori tra i 25 e i 34 anni hanno ricevuto in media 17.076 euro, l'78% della retribuzione media. Nell’arco di dieci anni, è cresciuta l’incidenza dei contratti a tempo determinato e quella dei contratti atipici passata dal 29,6% al 39,8%. Una realtà inconciliabile con un sistema che per consentire trattamenti dignitosi necessita di carriere a contribuzione piena e con crescita retributiva.
“La crescente precarizzazione e discontinuità lavorativa, associata a retribuzioni basse e mancanza di garanzie sociali, colpisce in particolare i giovani e le donne, rendendo più difficile il loro percorso di ingresso nel mercato del lavoro, la stabilità contrattuale e i livelli retributivi”. Lo ha affermato, in occasione della presentazione della ricerca “Situazione contributiva e futuro pensionistico dei giovani”, realizzata dal Consiglio Nazionale dei Giovani assieme a EU.R.E.S., la Presidente del CNG, Maria Cristina Pisani, che ha espresso “la necessità di un dibattito più approfondito sulle questioni previdenziali, che tenga conto anche delle esigenze delle giovani generazioni”.
"Tutto questo comporta un impatto significativo sulla situazione previdenziale futura dei giovani", ha sottolineato Pisani. "La questione demografica e il passaggio al sistema 'contributivo puro' mettono ulteriormente a rischio la sostenibilità del nostro sistema pensionistico. Questa tendenza impone ai cittadini di lavorare più a lungo per ricevere pensioni meno generose rispetto alle generazioni precedenti."
Secondo l'analisi di EURES, prosegue la Presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani “la combinazione di discontinuità lavorativa e retribuzioni basse per i lavoratori under 35 determinerà un ritiro dal lavoro solo per vecchiaia, con importi pensionistici prossimi a quello di un assegno sociale. Una situazione che sarà socialmente insostenibile”.
Queste le proiezioni originali sul valore delle pensioni atteso nei prossimi decenni per i lavoratori dipendenti che oggi hanno meno di 35 anni: se la permanenza si protraesse infatti fino al 2057, determinando così un ritiro quasi a 74 anni (73,6), l’importo dell’assegno pensionistico ammonterebbe a 1.577 euro lordi mensili (1.099 al netto dell’Irpef), valore che equivale a 3,1 volte l’importo dell’assegno sociale.
Per i lavoratori in partita iva (sempre con permanenza fino al 2057 e un ritiro a 73,6 anni) l’importo dell’assegno pensionistico ammonterebbe a 1.650 euro lordi mensili (1.128 al netto dell’Irpef), valore che equivale a 3,3 volte l’importo dell’assegno sociale.