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24/10/2024 06:00:00

Così il Pnrr sta inguaiando i Sindaci in Sicilia 

Asili senza maestre, ospedali senza letti, palestre senza corrente elettrica. È una Sicilia “senza”, quella in cui potrebbe imbattersi, tra un paio di anni un ignoto viaggiatore. Una Sicilia con tante scatole vuote, insomma. E molte cose lasciate a metà. Il tutto per effetto di quello che doveva essere il piano della salvezza, il Pnrr pensato dopo i disastri della pandemia da Covid per i giovani, e per il Sud, e che invece in Sicilia arranca, mettendo in difficoltà anche i Comuni, e facendo piovere, in compenso, un fiume di soldi in progetti disordinati, senza alcuna strategia.

 

Tra pagamenti che non arrivano e progetti da rifare, attraversando città e paesi, si incontrano cantieri piccoli e grandi. A Marineo, Comune di seimila abitanti, sulle Madonie, vicino Palermo, ci sono ben settanta mamme che aspettano di poter mandare i loro figli nel tanto agognato asilo nido che il Comune sta realizzando con i fondi del Pnrr. Ma l’asilo non può essere completato. E pensare che manca tanto così.


È tutto pronto, pure il termostato è funzionante, ma non si può fare il collaudo e non ci sono gli arredi, perché il cantiere è fermo. Come mai? Semplice. Non ci sono soldi. Sembra una beffa, se uno pensa ai numeri enormi del piano. Eppure è così. «Perché Marineo ha avuto solo degli acconti, dal governo – spiega il sindaco Franco Ribaudo – e noi non possiamo andare avanti senza che le restanti somme vengano sbloccate. La ditta aspetta ancora settecentomila euro». Stiamo parlando, tra l’altro, di una misura cardine del piano. La Sicilia è all’ultimo posto nella classifica dei servizi per l’istruzione e la prima infanzia: pochissimi gli asili nido, e solo sette studenti su cento hanno la possibilità del tempo pieno a scuola.

La situazione di Marineo è identica a quella di quasi tutti gli altri Comuni siciliani. « Tutti i Comuni – dice il presidente Anci Sicilia, Paolo Amenta – hanno avuto finora acconti solo per il trenta per cento del valore delle opere da realizzare». In una prima ricognizione, l’associazione dei Comuni conta in ottocento milioni di euro il valore dei progetti bloccati che riguardano scuole, impianti fognari, centri di raccolta rifiuti, palestre.


La mancanza di liquidità rende difficile per molti enti locali portare a termine le opere previste, con la conseguente richiesta di una proroga dei termini di consegna degli appalti. La questione è ormai al centro delle riunioni delle cabine di coordinamento Pnrr che si svolgono nelle varie Prefetture siciliane. I prefetti strigliano i sindaci: «A che punto siete?». La risposta è quasi sempre unanime: «Fermi, Eccellenza, ma non per colpa nostra».

Anche i sindacati fanno emergere le gravi difficoltà riscontrate dai Comuni: ostacoli burocratici, problemi procedurali e, soprattutto, la mancanza di fondi sufficienti per garantire la regolarità nei pagamenti, fino al completamento delle opere. Un problema già segnalato dalle organizzazioni sindacali in passato, ma che ora si sta concretizzando con effetti pesanti sulla capacità operativa dei Comuni.

«Dai rappresentanti dei Comuni è arrivata una denuncia unanime: non è possibile completare i lavori nei tempi previsti e senza fondi aggiuntivi», affermano i segretari di Cgil, Cisl e Uil di Palermo dopo un vertice proprio in Prefettura. Con solo il trenta per cento dei fondi ricevuti finora dal governo nazionale, molti Comuni rischiano di trovarsi esposti a decreti ingiuntivi e difficoltà finanziarie. Per questo motivo, i sindacati insistono sulla necessità di anticipare una quota più congrua dei fondi e di accelerare il trasferimento delle risorse, affinché i Comuni possano completare gli appalti senza ulteriori ritardi.

«Siamo costretti a fare da banca per lo Stato – spiega il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci – perché dobbiamo anticipare noi delle somme che non sappiamo quando vedremo, a stressare ulteriormente dei bilanci dove misuriamo le risorse con il contagocce».

Anche a Mazara del Vallo si stanno realizzando dei nuovi asili nido con i fondi del Pnrr (d’altronde, dopo una prima scadenza andata a vuoto, i tecnici di Roma hanno affiancato i Comuni nella predisposizione dei progetti, che poi sono stati tutti approvati), ma il primo cittadino si proietta già oltre: «Una volte che realizzeremo questi nuovi asili nido, ci sarà un ulteriore costo per il Comune, perché il Pnrr finanzia l’opera e gli arredi, ma non la gestione. E quindi sarà il Comune a dover assumere personale o a fare la gara per non tenere la struttura chiusa».

Quanti enti saranno in grado di farlo? È questo l’altro grande tema. Abbiamo raccontato su Linkiesta come il sindaco di Marsala, Massimo Grillo, abbia deciso di realizzare con i fondi del Piano Nazionale addirittura un ippodromo. Ma al di là dell’ironia, la domande è: come farà il Comune di Marsala a gestire un ippodromo, una volta realizzato? Stessa cosa per la sanità. La Regione parla di un «cambiamento radicale», tra «case di comunità» e «ospedali di comunità» che saranno al centro del nuovo sistema, ma non c’è idea di dove trovare le risorse per garantire poi il personale per fare funzionare questa nuova rete della salute.

E c’è anche da recuperare un divario culturale: uno dei punti centrali del piano è il Fascicolo Sanitario Elettronico, che aiuta la qualità e la tempestività delle cure mediche ed è uno degli obiettivi del Pnrr. L’Europa chiede che sia aggiornato almeno dall’ottantacinque per cento dei medici entro il 2025, ma in Sicilia si è ancora fermi al cinque per cento. Eppure si tratta di uno strumento digitale a disposizione del cittadino che contiene tutta la sua storia sanitaria: referti, prescrizioni mediche, informazioni su patologie sofferte, vaccinazioni, terapie seguite, interventi chirurgici, allergie, farmaci assunti.

Tornando ai Comuni, è anche l’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili, a segnalare altri ritardi. La Sicilia ha a disposizione un miliardo e centoquarantanove milioni di euro a valere sul Pnrr per finanziare interventi di rigenerazione urbana, tra piani urbani integrati e progetti per i piccoli comuni. Ma, secondo l’elaborazione del Centro studi di Ance nazionale, a seguito dell’ultima revisione del Pnrr, circa un miliardo di investimenti in rigenerazione urbana in Sicilia rischiano di uscire dal Piano.

Si tratta, in dettaglio, di trecentosessanta progetti e sempre per lo stesso motivo: i Comuni sono a corto di risorse. Cosi molte ditte lavorano, senza vedere pagamenti per gli stati di avanzamento dei lavori: «In pratica tutte le ditte che hanno vinto gli appalti, banditi con urgenza dai Comuni, dato che la scadenza dei lavori è il 2026, sono indebitate. Può reggere chi ha una media o grande struttura, ma chi ha una piccola ditta o gestisce due o tre cantieri in contemporanea, rischia il fallimento», dice il presidente di Ance Sicilia, Santo Cutrone.

Il valore degli investimenti del Pnrr in Sicilia è enorme. Secondo i dati di openpnrr.it sono in corso interventi per 17,9 miliardi di euro, per diciottomilasettecentosettantatré progetti. Soldi a pioggia sono arrivati anche ai Comuni, ma solo sulla carta. Altra città: Adrano, provincia di Catania, trentacinquemila abitanti. Sono stati approvati progetti per settanta milioni di euro. Anche lì: due asili nido, una scuola da buttare giù e ricostruire secondo i dettami dell’edilizia green e sostenibile, la mensa scolastica per garantire il tempo pieno a scuola, gli interventi contro le frane e la creazione di un centro per le donne vittime di violenza in un bene confiscato alla mafia. Tutti i cantieri sono stati avviati, ma con un grosso punto interrogativo. «Il Comune – spiega il sindaco, Fabio Mancuso – ha anticipato tre milioni di euro. Di più non possiamo». Se da Roma non ci sarà un segnale, anche questi cantieri si fermeranno.

Facendo un rapido giro tra i Comuni, il dato che emerge è che quelli medio grandi, Palermo, Catania, Messina, su tutti, e poi i centri dai 30mila abitanti in su, hanno, comunque, risorse per poter garantire l’avvio e la prosecuzione dei cantieri, in attesa dello sblocco dei fondi da Roma. I piccoli Comuni, invece, che sono la percentuale più grande, e che spesso vedono negli interventi finanziati dal Next Generation EU dei fattori decisivi per evitare lo spopolamento e dunque per la loro stessa sopravvivenza, non solo non possono sostenere i cantieri, ma non hanno neanche le risorse per la gestione futura.

Insomma, che il Pnrr sia un piano a due velocità tra Nord e Sud ormai lo sappiamo. Che aumenterà i divari nel Paese, anziché diminuirli, è uno scenario già ipotizzato da diversi autorevoli osservatori. Ma anche all’interno delle stesse Regioni gli interventi, paradossalmente, rischiano di aumentare le differenze, arrivando a moltiplicare così, i tanti Sud nel nostro Paese.