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24/10/2024 06:00:00

Un nuovo rapporto stronca la sanità, tra lunghe attese e carenza di cure

E’ stato presentato il Rapporto civico sulla salute da Cittadinanzattiva, emerge che il tema è la difficoltà di accesso alle cure.


Su 24.043 segnalazioni dei cittadini nel 2023 (in crescita di 9971 rispetto all’anno precedente), quasi una su tre - il 32,4%, +2,8% rispetto al 2022 e +8,6 rispetto al 2021 - fa riferimento al mancato accesso alle prestazioni. A seguire, con il 14,2%, il tema delle cure primarie ossia le difficoltà nel rapporto tra i cittadini e i Medici di Medicina generale e i Pediatri di Libera Scelta, nella continuità assistenziale e nel raccordo ospedale territorio.
Poco sotto l’ambito dell’assistenza ospedaliera, cioè le difficoltà relative ai Pronto soccorso, ai ricoveri e alle dimissioni; con l’11,1% segue l’ambito dell’assistenza territoriale, ossia le criticità relative allo scarso coordinamento delle strutture sul territorio, alla carenza di personale, alla scarsa presa in carico del paziente. Sotto al 10% l’ambito della prevenzione, che nel 2023 raccoglie l’8,6% delle segnalazioni.

Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva ha evidenziato che le segnalazioni del Rapporto civico sono da sempre 'termometro' del rapporto tra cittadini e Servizio sanitario: “Ci restituiscono un fermo immagine da anni bloccato sull’accesso, la piaga della sanità pubblica, capace per la sua portata e per la sua trasversalità di mettere in secondo piano ogni altro ambito, dal governo della sicurezza, alla necessità di umanizzazione, persino alla qualità delle cure. Avere la percezione di trovare chiusa la porta di accesso al Servizio sanitario - a causa delle difficoltà connesse alla desertificazione dei servizi, alla debolezza delle cure primarie, alla situazione dei Pronto Soccorso, alle lunghe liste di attesa - scolora gli altri problemi, pur rilevanti, e impedisce anche di cogliere le aree di miglioramento e innovazione o di assumere un atteggiamento fiducioso nelle riforme in corso”.

Mandorino sollecita a maggiori risorse per la sanità pubblica e continuative: “ Dopo che per anni essa è stata considerata una specie di salvadanaio a cui attingere per tappare i buchi di bilancio del nostro Paese, impoverita e desertificata, ma allo stesso tempo dobbiamo chiederci in che modo sono impiegate le risorse, visto che i Livelli essenziali di assistenza non sono ancora mai stati aggiornati, dal 2008 non si propone al Parlamento un Piano sanitario nazionale, e visto che sono state di recente approvate riforme pur significative, come quella sulla non autosufficienza degli anziani, senza investimenti e senza un Patto di corresponsabilità fra Stato centrale e Regioni”.

Dal rapporto emerge che le principali difficoltà di accesso alle prestazioni sono determinate soprattutto da: liste d’attesa bloccate, lunghe attese o difficoltà a contattare il Cup/Programmare visite (complessivamente il 20%).

Sui tempi di attesa, ecco alcuni dei tempi massimi segnalati dai cittadini (disponibili sul sito le tabelle complessive relative ai tempi di attesa indicati dai cittadini, divisi per codici di priorità, e relativi a prime visite specialistiche, visite specialistiche di controllo, esami diagnostici, interventi chirurgici): 468 giorni per una prima visita oculistica in classe P (programmabile, da eseguire entro 120 giorni); 480 per una visita di controllo oncologica in classe non determinata; 300 giorni per una visita oculistica di controllo in classe B (breve da erogare entro 10 gg); 526 giorni per un ecodoppler tronchi sovraaortici in classe P (programmabile, da erogare entro 120 gg); 437 giorni per un intervento di protesi d’anca in classe D (entro 12 mesi), 159 giorni per un intervento per tumore alla prostata in classe B (entro 30 gg).

Nel 2023 il 7,6% dei cittadini ha rinunciato alle cure (+0,6% rispetto al 2022) e il 4,5% lo fa per le lunghe liste di attesa (era il 2,8% nel 2022). La quota di rinuncia è pari al 9,0% tra le donne e al 6,2% tra gli uomini, Sul territorio, “l’incremento alla rinuncia” rispetto all’anno precedente si concentra soprattutto al Centro (dal 7,0% all’8,8%) e al Sud (dal 6,2% al 7,3%) mentre il Nord con 7,1% mantiene lo stesso livello del 2022.

A conferma del fenomeno della rinuncia alle cure anche il decremento sul numero totale delle prestazioni erogate nel corso del 2023: il decremento medio è dell’8% rispetto all’anno precedente. È minimo lo scarto in Lombardia e in Toscana (-2%), seguite dall’Emilia Romagna (-3%), ma in ben 14 Regioni le percentuali superano la media nazionale con picchi di -25% in Sardegna, -27% e -28% in Valle d’Aosta e nella provincia di Bolzano. È soprattutto sul fronte delle prime visite che i sistemi regionali arrancano: queste sono diminuite mediamente del 10%.

Le segnalazioni dei cittadini nell’ambito delle cure primarie ci raccontano, invece, di difficoltà con il proprio medico di famiglia o pediatra di libera scelta (47,1%), a causa dello scarso tempo a disposizione o di un deficit nelle informazioni che vengono fornite ai cittadini. Ricorrono le segnalazioni di chi non riceve un appuntamento in tempi ritenuti “congrui” oppure lamenta visite troppo brevi nelle quali non riesce a riferire tutti i propri problemi al medico. Mentre le criticità relative all’assistenza sanitaria di prossimità (11,1% delle 24.043 segnalazioni complessive) riguardano principalmente le strutture presenti sul territorio che dovrebbero attivarsi per una presa in carico integrata dei pazienti.
Sulla prevenzione poi i cittadini lamentano informazioni mancanti, incomplete e contraddittorie relative alle vaccinazioni anti Covid (35,5%); informazioni non accessibili e /o incomplete o incongruenti, difficoltà a prenotare o disorganizzazione nei centri vaccinali per le vaccinazioni ordinarie (33,1%); difficoltà relative alla mancata lettera di invito dalla Asl o impossibilità di prenotare autonomamente gli screening oncologici (31,4% e nello specifico: 15,2% per quello mammografico, 8,4% per il colon retto, 7,8% per la cervice uterina).

Per quanto riguarda gli screening oncologici, nel 2023 le adesioni ai programmi organizzati gratuiti non sono ottimali, soprattutto persiste una netta differenza fra il Nord e il Sud. Il 55% delle donne target aderisce allo screening mammografico, con una variazione di 15 punti percentuale tra Nord e Sud-Isole: le regioni con migliore adesione sono la P.A di Trento con 78,8%, Veneto con 76,7%, Basilicata 72,8%; quelle con più bassa adesione sono Calabria 16,4%, Molise 32,8%, Campania 33,6%. Per lo screening colorettale, aderisce all’invito il 34% della popolazione target: le regioni con una maggiore adesione sono Veneto con 64,2%, Valle d’Aosta 63,5%, Friuli Venezia Giulia con 52,4%; quelle con più bassa adesione sono Calabria 6,1%, Sicilia 14,8% e Lazio 18,9%. Per lo screening cervicale, l’adesione è stata complessivamente pari a 41%, con valori più bassi al Sud e Isole (31%) rispetto al Nord (52%) e al Centro (38%).

Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, si dice contrario alle privatizzazioni: “ Non avrei mai accettato l'incarico che ricopro se qualcuno mi avesse detto che avrei dovuto privatizzare il servizio sanitario. Il servizio sanitario è un modello per tanti altri Paesi e noi puntiamo a migliorarlo mettendo al centro il cittadino. Dobbiamo avere un sistema più efficiente e tappare il serbatoio che è pieno di buchi, ma non dobbiamo sprecare semplicemente l'acqua. I buchi, a volte, sono all'incapacità organizzativa: ancora oggi, se andiamo a vedere, quando alcune Regioni chiedono più soldi per le liste d'attesa non hanno speso neppure quelli che hanno ricevuto dal governo precedente. Le liste d'attesa - ha proseguito - sono la dimostrazione che i fondi sono una variabile importante ma inefficace se non affiancata alla capacità di spendere quelle risorse per la salute dei cittadini".