Questo è ciò che sta saltando fuori dalle indagini della Procura di Trapani a carico dell’imprenditore Vito Tarantolo. Il 5 dicembre prossimo avrà inizio il processo che lo vede imputato. A Tarantolo, imprenditore edile di 66 anni, originario di Gibellina, è stato sequestrato preventivamente un patrimonio di 25 milioni di euro. Assieme all’imprenditore sono finiti sotto indagine anche funzionari pubblici come Giovan Battista Grillo, reo confesso, ex ingegnere capo della provincia, che ha svelato agli inquirenti i metodi usati per mettere le mani sugli appalti pubblici, e in particolare quello per la costruzione di un ponte sul fiume Arena, i cui lavori erano stati affidati alla Cogeta, impresa intestata ad un prestanome, ma sostanzialmente di proprietà di Tarantolo.
Tra i beni sotto sequestro ci sono: 82 immobili; 33 tra autovetture, furgoni e mezzi meccanici; tre società: la Cogeta srl, la società consortile Cogeco, la ditta individuale Vito Tarantolo e le quote di 18 persone in 10 società che fanno capo allo stesso imprenditore. Sotto sequestro anche 37 tra conti correnti e depositi bancari. Le aziende di Tarantolo negli ultimi dieci anni sono state aggiudicatarie di commesse pubbliche per un ammontare di oltre 50 milioni di euro. Si va, tra le altre, dalla rete fognaria a Casa Santa Erice per un importo di 6 milioni e 900 mila euro alla rete fognaria di Paceco per un importo di 3milioni e 500 mila, dal depuratore di Mazara da 9 milioni al rifacimento del porto di Castellammare, ecc.
In questi anni Tarantolo e le sue attività hanno operato indisturbati, nonostante l’arresto per mafia del 1998 che lo portò al patteggiamento di una condanna a 18 mesi per favoreggiamento. Dalle indagini effettuate dagli inquirenti emerge che i contatti di Tarantolo con gli ambienti malavitosi non sono stati interrotti, anzi, si sono rafforzati sempre di più. E’ cosi, infatti, che riesce a prendere una commessa per dei lavori all’aeroporto palermitano di Punta Raisi. Di questi lavori si è trovata traccia nei pizzini che si scambiarono l’allora boss latitante Salvatore Lo Piccolo e il boss di cosa nostra trapanese Matteo Messina Denaro…
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Carlo Rallo