E' una zona cuscinetto, un'area che sta a metà tra i mandamenti mafiosi storici di Palermo e Trapani, che ha avuto sempre regole sue, godendo di uno stato di "terzietà" rispetto agli affari mafiosi. Non è un caso che tra Castellammare ed Alcamo abbiano trovato riparo fior di latitanti, da Brusca a Messina Denaro e che in tempi non lontani ad Alcamo ci siano stati gli episodi più violenti delle guerre di mafia che hanno caratterizzato la storia di Cosa nostra. Tutto ciò che accade in questa parte di Sicilia va analizzato con attenzione, perchè è come un microcosmo mafioso dove i rapporti tra mafia, certi ambienti politici, imprenditori e professionisti al servizio delle cosche di ieri e di oggi, sono più evidenti.
E' per questo che gli investigatori stanno analizzando con attenzione quanto sta accadendo in questo territorio nell'ultimo mese. Il 2013, infatti, è cominciato con un'escalation di attentati incendiari a case di imprenditori, auto, abitazioni estive. Con il corredo di soliti avvertimenti: bottiglie incendiarie davanti casa, mazzi di fiori, etc. "E' come se d'improvviso fosse mutato qualcosa - dicono gli investigatori -, come se ci fosse una nuova banda in azione, che vuole farsi conoscere, imporre il suo pizzo". Sarà effettivamente così? Le verifiche sono in corso. E qualche elemento c'è: tutti questi attentati in pochi giorni non sono una coincidenza. Quello che gli investigatori ancora non capiscono è se ci sia dietro la regia di un'unica mente criminale di stampo mafioso, o se si tratti solo di una banda di delinquenti che vuole alzare la cresta. Sicuramente conoscono il codice del racket, come funzionano gli avvertimenti, non lasciano, al momento, tracce di errori.
L'ultimo episodio è di venerdì notte, quando dei piromani hanno incendiato un escavatore che il proprietario, l'imprenditore P. G., titolare di una impresa di movimento terra, teneva in un proprio deposito. Meno di una settimana fa in un altro rogo doloso aveva danneggiato, in contrada Duchessa, una pala meccanica di proprietà di G. D., anche lui imprenditore edile. Altre due auto, entrambe di proprietà di donne, sono state date alle fiamme sempre nei giorni scorsi, una lungo via Roma e una in contrada Gemma d'oro. Ma gli atti intimidatori e vandalici non si fermano qui perchè altri veicoli hanno avuto bucate le gomme e danneggiata la carrozzeria.
Il clima però nelle due città e teso. Già qualche giorno fa un centinaio tra commercianti ed imprenditori hanno sfilato in corteo ad Alcamo per dire no al racket. Il loro striscione era chiarissmo: "Alcamo unita contro il racket". E domenica si è fatto sentire anche il Sindaco di Castellammare, Marzio Bresciani: "Questa comunità non è più disposta a tollerare i continui atti di qualcuno che persegue fini criminali - ha detto - . E’ inconcepibile ed inaccettabile che si voglia portare questa città indietro nel tempo. Invito i castellammaresi ad essere uniti e a denunciare ogni vile atto di violenza ed intimidazione, in modo da isolare chi tenta di indebolire la libertà di tutti noi cittadini”.
Le forze dell'ordine, dal canto loro, fanno per il momento quello che possono: il controllo del territoio. Con grandi sforzi, data la scarsità di mezzi e uomini, i Carabinieri hanno passato al setaccio abitazioni di pregiudicati e sorvegliati speciali, messo posti di blocco, aumentato le ronde nel vastissimo territorio di mezzo tra le province di Palermo e Trapani.
Il clou si è avuto tra giovedì 31 Gennaio e sabato 2 Febbraio.Sono stati impegnati uomini e mezzi provenienti dalle stazioni di San Vito lo Capo, Custonaci, Buseto Palizzolo, Balata di Baida, Calatafimi Segesta, oltre naturalmente ad Alcamo e Castellammare del Golfo. Sono state deferite quattro persone: C.A. un castellammarese classe ’90, per il reato di porto abusivo di armi ed oggetti atti ad offendere, in quanto trovato in possesso di un coltello di tipo a serramanico lungo 20 centimetri, inoltre venivano altresì denunciate altre tre persone un rumeno P.F. un alcamese M.A. ed un castellammarese N.P. per guida senza patente e guida in stato di ebrezza alcolica, con conseguente sequestro degli autoveicoli. Durante i controlli sono state fermate ed identificate più di 300 persone e controllate circa 150 autovetture.
L'ultima operazione antimafia nella zona risale allo scorso Giugno. Furono arrestate 12 persone accusate di associazione mafiosa, estorsione aggravata, incendio aggravato, violazione di domicilio e violazione delle misure di sorveglianza speciale. In cella sono finiti anche tre imprenditori.
L'inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Teresa Principato, e dai pm Paolo Guido, Marzia Sabella, Carlo Marzella e Piero Padova, ruotava attorno alle cosche del mandamento mafioso di Alcamo e dei clan di Castellammare del Golfo e Calatafimi. Dall'inchiesta, che ha portato alla scoperta dei vertici delle cosche, è emersa una spaccatura all'interno della 'famiglia' di Castellammare: un gruppo di uomini d'onore che faceva riferimento a Diego Ruggeri, pregiudicato e sorvegliato speciale, avrebbe preteso il pizzo senza chiedere l'autorizzazione al capomafia Michele Sottile che, per anzianita", sarebbe stato il capo naturale del clan. Per evitare che scoppiasse una guerra di mafia e dirimere le controversie da altri due uomini d'onore coinvolti nel blitz, Antonino Bonura e Rosario Leo, venne convocata una riunione tra i vertici delle famiglie di Alcamo, Castellammare e Calatafimi.
Diverse le estorsioni emerse dall'inchiesta: i clan riscuotevano il pizzo da ristoranti, bar, imprese di costruzioni facendo precedere i taglieggianti da danneggiamenti e attentati incendiari. Oltre a chiedere somme di denaro alle vittime, i boss imponevano assunzioni di loro protetti e costringevano professionisti - è il caso di un dentista - a rinunciare al pagamento delle parcelle per cure fatte a un complice del capomafia Diego Ruggeri.
Gli inquirenti hanno anche scoperto un tentativo della famiglia mafiosa di Alcamo di ottenere il monopolio del commercio di calcestruzzo imponendo alle imprese di acquistarlo da ditte vicine ai clan.