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01/04/2014 06:50:00

Marsala, identificati e denunciati i "bulli" che avevano picchiato un ragazzo ad una festa

 Identificati e denunciati i cinque giovani che, nella notte tra il 15 e il 16 febbraio scorsi, malmenarono il 18enne Edoardo Sarzana dopo aver fatto irruzione nel locale (il Kristal di via Mario Nuccio) in cui si stava festeggiando un compleanno. Classiche le modalità di azione dei giovani ‘’bulli’’. Prima alcuni spintoni e poi, alla prima reazione, calci e pugni. Edoardo Sarzana - noto anche per essere rappresentante del comitato studentesco del liceo scientifico ‘’Ruggieri’’ con l’antenna di telefonia mobile installata nei pressi della sua scuola – riportò diverse contusioni: frontale, zigomatica destra, nasale e auricolare, nonché escoriazioni laterocervicali, alle gambe, al braccio e al tronco. Il caso scosse la città e fu argomento di discussione per diversi giorni. Adesso, ai cinque giovani protagonisti della vicenda è stato notificato l’avviso conclusione indagini, atto che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. A rischiare il processo sono tre 18enni (A.F., B.L. e P.G.) e due 17enni (L.A. e S.I.). Per questi ultimi procederà la Procura presso il Tribunale dei minorenni di Palermo. Per tutti l’accusa è lesioni personali. A difendere i cinque giovani, non invitati alla festa di compleanno finita in tal modo (botte e sedie e tavolini lanciati in aria), è l’avvocato Tommaso Picciotto. A coordinare l’indagine della polizia è stato il procuratore Alberto Di Pisa.L'inchiesta, oltre che dalla polizia, è stata condotta anche dalla sezione di pg della Guardia di finanza presso la Procura.

Del caso si occupò anche Salvatore Inguì, educatore che opera nel sociale e consulente del ministero della giustizia, che qualche giorno dopo incontrò sia i ‘’cattivi’’ (che si mostrarono pentiti di ciò che avevano fatto) che la vittima. ‘’Il lunedì successivo al triste episodio – spiegò Inguì - sono stato contattato, quasi contemporaneamente, da diversi genitori, di entrambi gli “schieramenti” (“aggrediti” e “aggressori”). Contemporaneamente, mentre avvenivano questi incontri sono stato contattato da genitori, i cui figli non sono stati coinvolti nella vicenda, che si chiedevano che soluzioni adottare, che provvedimenti prendere. Incontri, riflessioni, analisi, ipotesi sui ragazzi ma non coi ragazzi. Così, dietro approvazione delle famiglie, ho suggerito l’opportunità di dare parola ai loro figli, qualora questi avessero acconsentito ad incontrami. I primi ragazzi che ho incontrato sono stati quelli indicati come il gruppo de “i cattivi”. All’appuntamento concordato si sono presentati nel mio ufficio 5 ragazzi, senza alcun atteggiamento borioso anzi, dimessi, a capo chino, che in oltre un’ora e mezza, oltre che raccontare quanto accaduto quella sera, hanno impiegato più tempo a tentare di dare una spiegazione al loro comportamento, ma soprattutto, a discutere su come fare a chiedere scusa agli altri ragazzi, alle loro famiglie, alla città. Devo ammettere che tale posizione dei giovanissimi (17-18 anni) mi ha molto meravigliato. L’incontro si conclude con la richiesta da parte dei ragazzi di poter incontrare gli altri ragazzi per potersi parlare e poter chiedere scusa. E’ così che prendo contatti con il giovane finito in ospedale e con il giovane che festeggiava quella sera il suo compleanno, la cui festa è risultata rovinata dal triste epilogo. Durante il lungo dialogo, questi hanno rappresentato, oltre al rammarico per il comportamento dei loro coetanei, il loro senso di frustrazione per l’incapacità di comprendere il perché tra giovani non sia possibile trascorrere serenamente una serata senza necessariamente concludersi su un lettino d’ospedale. A conclusione, la loro decisione è stata di accettare l’incontro. Il giorno dopo, i ragazzi si sono presentati presso il mio ufficio. Si sono seduti formando un cerchio perfetto con le loro sedie, ed io ho chiesto loro se volevano essere lasciati soli. Mi hanno concesso di rimanere nel mio ufficio. Ma non mi sono seduto nel “loro” cerchio. Sono andato ad una delle mie scrivanie a fare altro. Un lungo incontro. Denso. Intenso. Chiaro. Rispettoso delle reciprocità. Domande, risposte, riflessione, vicinanza, rammarico, spiegazioni, comprensione delle posizioni reciproche. Alla fine: “Vorremmo che voi accettaste le nostre scuse, il nostro pentimento ed il nostro proposito di dimostrarvi che siamo dispiaciuti veramente’’. “Il nostro obiettivo non è quello di vedervi mortificati mentre chiedete scusa. Il nostro piacere non è quello di umiliarvi. Il nostro scopo è che questi fatti non avvengano più e che la sera si possa uscire sereni, tutti i ragazzi di Marsala in genere. E che i genitori non debbano avere il terrore di dover correre in ospedale, perché il proprio figlio è andato ad una festa”. “Non siamo animali, abbiamo fatto una cosa sbagliata ma sappiamo di sapere fare anche cose buone”. Assieme i ragazzi si alzano e l’un con l’altro si danno le mani e si abbracciano e si baciano. Quelli che sembravano i “cattivi oramai irrecuperabili”, chiedono di essere aiutati a capire cosa possono adesso fare di concreto. E sono loro a proporre azioni ed attività che possano dare loro la possibilità di dimostrare di essere anche loro rispettabili, affidabili, sensibili ai bisogni dei più deboli. Stanno già iniziando a partecipare, come protagonisti, ad attività concordate e coordinate assieme ai volontari dei Salesiani (Lillo Gesone, Tommaso Picciotto, Antonio Scafura) e di Libera. A me è stato consegnato il compito di raccontare tutto ciò’’.