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02/04/2014 06:15:00

Marsala, sparò contro casa dei vicini per riprendersi la figlia. Pena patteggiata

E’ stato condannato a un anno e 10 mesi di reclusione (pena sospesa) il 40enne operaio marsalese Diego Gigante che il 24 giugno 2013, in preda a un raptus, per riprendersi la figlia di 5 anni, scappata di casa mentre lui litigava con la moglie, sparò diversi colpi di pistola contro l’abitazione dei vicini. Davanti al gup Vito Marcello Saladino, l’operaio, difeso dall’avvocato Salvatore Bilardello, ha preferito patteggiare la pena. Il fatto accadde in una palazzina popolare di via Dante Alighieri. Diego Gigante, che abita al primo piano della palazzina, quando si accorse che la figlia, spaventata per la lite, era scappata al piano sottostante, la inseguì tentando di entrare nell’appartamento dei vicini dalla porta d’ingresso, contro la quale sparò il primo colpo di pistola, danneggiando la serratura. Non riuscendo ad entrare, andò poi sul retro ed esplose altri colpi contro la finestra della cucina. Per puro caso non ferì nessuno. Infine, un altro colpo contro il pavimento lo sparò dopo aver scavalcato il balcone della cucina. Quindi, getto l’arma (calibro 7.65) tra sterpaglie accanto alla palazzina popolare. Terrorizzati, naturalmente, i vicini di casa. Subito dopo, Gigante fu arrestato dalla polizia. Dopo qualche giorno di carcere, comunque, il gup Amato gli concesse i ‘’domiciliari’’, ma nell’abitazione della madre, dove la moglie e la figlia potevano fargli visita. Adesso, pare, che l’operaio si sia tornato a vivere con la consorte.

Altri testi d’accusa nel processo per truffa in settore automobilistico
MARSALA – Hanno confermato le accuse, in Tribunale, altre persone gabbate dai gestori dell’Autoelite srl, concessionaria al centro di una vicenda giudiziaria che vede sotto processo undici persone. Quelle coinvolte in una inchiesta dei carabinieri su una serie di truffe che sarebbero state commesse nella compravendita di auto di grossa cilindrata sull’asse Italia-Germania. Un’indagine che a fine luglio 2007 era sfociata nell’emissione di otto misure cautelari. Furono i fratelli gemelli Giovanni e Giorgio Arena, di 38 anni, pregiudicati originari di Palermo gestori ‘’di fatto’’ dell’Autoelite. Tra gli acquirenti gabbati hanno testimoniato Andrea De Marco e Maria Sciacca. ‘’Otto anni fa – ha detto il primo - consegnai assegni agli Arena per comprare un’auto a mio figlio. Loro mi dissero di firmare assegni che sarebbero stati restituiti appena arrivava il finanziamento. Io pagavo il mutuo e in banca non tenevo soldi, ma la banca lo ha scambiati lo stesso: 2 mila euro in contanti e assegni per 3800 euro. E sono stato protestato, ho anche rischiato di perdere la casa>. Maria Sciacca ha, invece, dichiarato: ‘’L’auto non era fornita dal libretto di circolazione – ha detto la prima - Dalla visura al Pra è emerso che l’auto era sotto fermo amministrativo. Giovanni Arena voleva che io presentassi denuncia di aver smarrito io il libretto. Per questo ho presentato denuncia ai carabinieri’’. Nel 2007, l’obbligo di dimora fu disposto dal gip per Pietro Giuseppe Centonze, sorvegliato speciale e cugino del capo mafia Natale Bonafede. Dell’organizzazione avrebbero fatto parte anche Elena Ventura, madre dei fratelli Arena, i marsalesi Domenico Crimi, Giuliano Balsamo, Gianvito Marino e Saverio Fici, tutti dipendenti dell’Autoelite. Imputati, per falso, anche quattro titolari di agenzie di pratiche automobilistiche: Concetta Pinto, Piero Genna, Girolamo Stassi e Patrik Basile. Le truffe, secondo l’accusa, sarebbero state realizzate ‘’mediante la stipula di contratti di vendita di auto di grossa cilindrata che non erano mai state nella effettiva disponibilità della concessionaria, autovetture vendute sulla carta e mai consegnate, o di vendita di auto ricevute in permuta o in conto vendita, prive sia dei documenti di circolazione che di proprietà, ma accompagnata dal rilascio di documento provvisorio di circolazione attestante falsamente la presenza presso l’agenzia di disbrigo pratiche automobilistiche dei documenti originali’’. Venticinque le vittime individuate. Il giro d’affari è stato valutato in oltre un milione di euro. Il 7 maggio altri testi d’accusa. Intanto, con il trascorrere del tempo, il pericolo della prescrizione dei reati è dietro l’angolo.