Salvatore Capizzo, infermiere che ambiva a fare il manager della sanità, è stato ucciso nel 2002. Il suo corpo fu trovato sul litorale di Capo Feto a Mazara. Adesso, secondo quanto riportato da Alqamah.it, il caso potrebbe essere ad una svolta. Le indagini sono coordinate dal sostituto procuratore di Marsala, Nicola Scalabrini. Per l'omicidio Capizzo, classe 1958, all'inizio era stata battuta la pista passionale. Adesso si indaga invece nella sua attività professionale di infermiere che si occupava di gestire centri sanitari in una terra, la nostra, dove mafia e sanità vanno spesso a braccetto. In possesso degli agenti della Mobile c'è però un nuovo elemento non di poco conto: sono state trovate tracce di sangue non di Capizzo in una scheggia del bastone con il quale Capizzo fu colpito prima di avere la testa sfondata da un colpo di pistola. In altre parole: prima di morire, Capizzo ha lottato, ha colpito il suo omicida, il sangue di quell'uomo è adesso nelle mani della polizia.
Il nome di Capizzo ritorna più volte nell’ambito dell'operazione antimafia "Salus Iniqua" che portò al sequestro da 35 milioni di euro per l’ex deputato regionale della Dc Pino Giammarinaro. Un sequestro preventivo (il relativo procedimento è ancora in corso dinanzi al Tribunale delle Misure di prevenzione) operato ai sensi della normativa antimafia. Capizzo era amministratore di un centro di emodialisi a Mazara, ma in realtà sarebbe stato in questa attività come in altre, prestanome dell’on. Giammarinaro. Capizzo poi nel periodo in cui il politico era latitante perché ricercato dalla Procura di Palermo si sarebbe preso cura di Giammarinaro. Avrebbe tenuto i libretti al portatore intestati a Giammarinaro e avrebbe anche fatto collette per non fargli mancare in quel periodo l’occorrente sostegno economico.