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26/02/2016 06:30:00

D'Angelo, ex lavoratore 6GDO: "Amministrazioni giudiziarie spesso affidate per amicizia"

Alessandro D'Angelo, ex lavoratore del Gruppo 6 GDO, continuiamo la nostra intervista iniziata ieri. In contemporanea alla fine dell’azienda si assiste al Tribunale di Marsala al processo a Giuseppe Grigoli che verrà condannato nel 2012. Lì, chiamato come testimone, l'amministratore giudiziario Nicola Ribolla dice: “Guardate che l’azienda non è affatto sana e tutto funzionava grazie allo sponsor Matteo Messina Denaro, tant’è che io vado dalle banche e mi dicono, lei non è il signor Grigoli e non possiamo aprire linee di credito”. Come commenta questa frase di Ribolla,  che ai tempi fece scalpore.

Secondo me, quel direttore di banca che ha detto no avrà avuto un premio dal suo superiore, perchè le altre banche hanno subito dei danni dal fallimento del Gruppo 6. Ci sono, infatti, dei debiti nei confronti delle banche.

Lei dice, la banca che disse di no, non era per la presenza o meno di Grigoli, ma per una questione di fiducia, perchè s’immaginava lo scenario.

E' logico. Nel momento in cui è passata in amministrazione giudiziaria sono venuti a mancare gli apport da parte dei fornitori.

La mafia.

Ma quale mafia. L’azienda aveva sempre pagato tutti i fornitori, dal più grande al più piccolo, nel momento dell’amministrazione giudiziaria questi pagamenti sono andati via via scemando e questi fornitori hanno cominciato a tirarsi indietro. E' chiaro che le banche ad un certo punto hanno difficoltà a dare credito...

Anche perchè, nel mondo della distribuzione, ci si conosce tutti e si sa chi è affidabile e chi no. Si capisce che ad un certo punto comnciò a girare la voce che il Gruppo 6 GDO non era più affidabile e questo comprometteva il vostro lavoro e soprattutto la stessa 6 GDO cominciò ad avere a che fare con persone che secondo voi non erano commercialmente affidabili.

E' questo uno dei punti più delicati della vicenda. Gli amministratori giudiziari hanno portato dei clienti che poi si sono rilevati inaffidabili. Io e i miei colleghi, essendo persone oneste bbiamo denunciato queste cose. Dopo tante ricerche abbiamo trovato un avvocato di Biella, perchè non c’è stato un avvocato siciliano che si voleva occupare della cosa. Abbiamo presentato una denuncia/querela alla Procura di Caltanissetta, la stessa che indaga sul caso Saguto, ma la cosa che mi preme sottolineare è che noi nel 2014 abbiamo presentato una denuncia al Comando della Guardia di Finanza di Trapani, al Procuratore della Repubblica di Marsala, al Tribunale di Sorveglianza di Palermo, all’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati, alla Commissione Regionale Antimafia e alla Commissione Nazionale Antimafia e non abbiamo mai avuto una risposta, siamo stati abbandonati dallo Stato.

Ad un certo punto, voi siete abbandonati, il Gruppo 6 inizia a franare e lo Stato interviene con Alfano e con il sottosegretario Mantovano per garantire fornitori e credito.

Ricordo che uno degli ultimi giorni mi chiamò un rappresentante di una delle più grosse aziende dell’agroalimentare e mi disse, Sandro devo parlare con te. Mi fece vedere questo protocollo d’intesa con il sottosegretario Mantovano, e mi chiese: "Dov’è lo Stato che mi garantiva che mi avrebbe dato i soldi?  Io in virtù di questa garanzia ho continuato a dare merce. Ora mi ritrovo con un buco di trecentomila euro". Io risposi che non doveva parlare con me, ma con il dottor Ribolla.

Avete fatto denuncia sull’amministrazione giudiziaria in tempi non sospetti e nessuno vi ha mai risposto.

Nessuno non solo ha mai risposto, ma nessuno ha mai controllato. Il Tribunale delle Misure di Prevenzione  avrebbe dovuto avere ogni sei mesi una relazione da Ribolla perchè è  previsto dalla legge, ma che io sappia non ci sono mai state.

Quindi, in sei anni mancano 12 relazioni..

Se in questi anni ci fosse stato più controllo anche su queste persone, noi oggi saremmo al lavoro.

Perchè non ci sono stati controlli secondo lei?

Non glielo so dire, forse perchè lo Stato non controlla lo Stato. Noi siamo nel paradosso. Io sono un lavoratore posto in mobilità da un’azienda confiscata dallo Stato e fatta fallire dallo Stato. Nel momento in cui è stata dichiarata fallita era di proprietà dello Stato. Oggi mi sarebbe piaciuto venire qua e dire, oggi lo Stato ha saputo amministrare una cosa. E’ inutile dire, prima c’era la mafia e si lavorava e ora con lo Stato, rappresentate della legalità, non si lavora. Non è così. Il problema è che ci sono delle persone messe a gestire patrimoni dello Stato, e parlo degli amministratori giudiziari, messi lì non perchè sappiano fare qualcosa ma perchè conoscono qualcuno; sono persone che hanno incarichi perchè hanno amici  nelle Procure. Non sono degli imprenditori, sono persone che  hanno delle lauree con 110 e lode, ma poi messi fattivamente alla gestione di un’azienda non sono in grado di farlo. Ma sarà un caso se il 98% delle aziende in amministrazione giudiziaria fallisce? Ci sarà un motivo. Ci dobbiamo porre questo quesito, anzi, la magistratura deve porsi questa domanda.

La Commissione Antimafia di Rosy Bindi ha cominciato una serie di audizioni sull’antimafia. Magari potrebbe sentire anche voi.

Ho una richiesta di audizione, così come sono stato ascoltato dalla Commissione Cultura Formazione e Lavoro della Regione ma non è successo nulla. Il problema è che non si vuole aprire un altro caso, perchè il problema del Gruppo 6 è enorme; ha lasciato in mezzo alla strada 600 persone tra il CEDI e i punti vendita. Molti colleghi buyer hanno trovato lavoro ma moltissimi altri no. E noi continuiamo ad aspettare risposta dall’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati e Sequestrati. Nell’ultima seduta pubblica sul tema del consiglio comunale a Castelvetrano, il Prefetto Leopoldo Falco ha detto che stanno provvedendo, anche se io sento dire questa frase da oltre un anno e mezzo. Dico che a giugno molti colleghi termineranno la mobilità e non avranno più questo sostentamento sociale.

Tra le tante lettere inascoltate ne avete inviata una in cui vi dicevate pronti a rilevarlo voi il CEDI.

Subito dopo il fallimento io ed altri quattro colleghi abbiamo firmato e inviato un business plan all’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati, ed eravamo in rappresentanza di tutti i lavoratori del Gruppo 6, per rilevare il CEDI mettendo a disposizione la nostra mobilità. In quel momento l’azienda era con tutti i suoi camion, i magazzini e gli uffici. Ora, invece, dell’azienda non esiste più nulla. L’altro giorno sono andato scortato dalla guardia di Finanza, in virtù dell’esposto fatto, e ho visto che non c’è più nulla. Nel mio ex ufficio c’erano tutti i contratti per terra. Abbiamo chiesto di rilevare l’azienda e tra l’altro è la legge che lo prevede.

Quanti eravate?

Eravamo cento allora. Ognuno di noi riscattava la propria mobilità con circa un milione di euro, considerato che io e i miei colleghi avevamo pure parlato con le aziende, a cui avevamo detto che c’era questa opportunità, e ci era stato detto: “Se siete voi vi facciamo i fidi come una volta...”, ci avrebbero garantito i fidi per farci ripartire.

E su questa proposta?

Nulla, silenzio assoluto, anche perchè l’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati aveva già iniziato a trattare con la SM, una società del Gruppo Sisa che ha rilevato molti punti vendita e dovrà rilevarne altri.

Questa vicenda è molto amara.

Amarissima, parlo dal punto di vista personale perchè io a 45 anni, assieme ad altri colleghi, abbiamo rinunciato al altre opportunità per lavorare con questa che era un’eccellenza nella grande distribuzione. Oggi sono amareggiato, perchè  io ci credo nella legalità, ma  paradossalmente ho visto più illegalità in sei anni e mezzo di amministrazione giudiziaria che non in un anno e mezzo, con la proprietà "mafiosa".

Quale potrebbe essere un gesto concreto da parte dell’Agenzia dei Beni confiscati, della Procura di Caltanissetta o di qualche politico che potrebbe addolcire questa pillola che comunque è amara, perchè non è che si vedono granchè soluzioni. Vi prenderanno per stanchezza…

Dubito molto che ci sia qualche risvolto positivo. L’Italia è il Paese dove non si sa ancora chi ha piazzato la bomba a Piazza Fontana, Ustica lo stesso, non sappiamo nulla, non penso che qualcuno si interesserà a questa vicenda. Siamo stati dimenticati e lo siamo tuttora. Quando l’Assemblea Regionale ci fa un convocazione il 25 marzo del 2014 e dopo un anno aspettiamo, e dopo due anni ancora non siamo stati riconvocati, è triste ..... Io e miei colleghi continueremo comunque a lottare fin quando non avremo giustizia, fin quando non avremo un lavoro.