La condanna a due anni e mezzo di reclusione dell’imprenditore Michele Licata per il reato di lottizzazione abusiva dei terreni della zona di Torrazza che ricadono in zona a protezione speciale Sic-Zps, tutelata dalla convenzione internazionale di Ramsar, chiude per certi versi una pagina di storia che va avanti da oltre 40 anni. Questa spiaggia, tra le più belle della provincia di Trapani, con un mare cristallino e confinante con i Margi Nespolilla, da sempre è stata oggetto di tentativi di speculazione. La sua lunga storia è fatta da un lato, da un ambiente incontaminato e protetto, e dall’altro da abusivismo edilizio e inquinamento ambientale. Per capire esattamente quali interessi negli anni si sono creati attorno alla spiaggia di Torrazza, bisogna andare un po’ indietro nel tempo.
Torrazza Harbour - Già agli inizi degli anni ‘70, l’imprenditore di Monreale, Calcedonio Di Giovanni, cui sono stati sequestrati beni per diverse centinaia di milioni di euro per fatti di mafia, voleva creare a Petrosino, nella zona protetta, il mega complesso turistico-nautico “Torrazza Harbour”. Un progetto enorme in un’area di 170 mila metri quadrati. Prevedeva un bacino portuale di 50 mila metri quadrati, 30 mila metri quadrati di fabbricati, 500 posti barca, 8 piscine, shopping center, ristoranti, bar, campi da tennis e una spiaggia privata. Un qualcosa di devastante. Viene anche rilasciata la concessione edilizia dal Comune di Marsala nel settembre 1973 (Petrosino non era ancora un Comune). Poi non se ne fece più nulla. Già allora un gruppo di cittadini si era mobilitato per fermare lo scempio.
Comitato Cittadino Spiaggia Torrazza - Nel 2011 un gruppo di giovani cittadini petrosileni, si riuniscono, studiano le carte e capiscono che si sta perpetrando una speculazione privata attorno alla spiaggia di Torrazza. Mettono su il Comitato Cittadino Spiaggia Torrazza e presentano formale richiesta alla Regione nel Dicembre del 2011 per la ridelimitazione del confine tra la parte pubblica (demanio) e la parte privata della spiaggia. La battaglia per Torrazza Libera ha avuto inizio nell’Agosto 2011 con il lancio di una petizione popolare che ha riscosso oltre 2500 adesioni e il sostegno pubblico di personalità come: Rita Borsellino, Dario Fo, Franca Rame, Claudio Fava, Roy Paci, Giuliana Sgrena e Rosario Crocetta. La stessa petizione era stata lanciata Gaspare Giacalone, poi eletto Sindaco nel Maggio 2012. Il 7 maggio 2012 giorno dell’elezione del sindaco Giacalone, il Comune di Petrosino concesse l’autorizzazione per costruire il lido “Le Torrazze” alla Roof Garden.
Progetto Roof Garden - Il tentativo di speculazione su Torrazza, a tanti anni di distanza da quello di Calcedonio Di Giovanni si è ripetuta con la Roof Garden di Licata di costruire a Torrazza su un’area di 18 ettari un complesso turistico alberghiero, rientrante nella zona umida dei Margi Nespolilla, dove l’imprenditore è riuscito a comprare tutti i lotti di terreno che si affacciano sull’area.
Lido "Le Torrazze" - Il primo tassello era proprio il lido “Le torrazze”. Secondo la concessione, il lido doveva avere i requisiti della stagionalità. Doveva essere smontato alla fine dell’estate. Invece non fu così, perchè si trattava di uno stabile con fondazioni in cemento armato, travi e pilastri in legno lamellare e copertura in pannelli coibentati. Finita la stagione balneare del 2012 la Procura di Marsala dispose un sopralluogo, si accorse che il lido non aveva i requisiti di smontabilità e mise i sigilli per abusivismo edilizio denunciando il proprietario. La vicenda del lido è stata la prima a far esplodere il caso Torrazza. Nel 2013, ci fu il sequestro dell'intera area da 18 ettari della Roof Garden compresi i due opifici e la zona che avrebbe dovuto ospitare il campo da golf. L'accusa della Procura è per i reati di abusivismo edilizio e lottizzazione abusiva.
Casa La Francesca - Altro esempio di speculazione edilizia e inquinamento ambientale che si trovava al centro della spiaggia di Torrazza è Casa La Francesca. A fine luglio 2014, dopo anni di tentativi andati a vuoto, è stata abbattuta perché fatiscente e pericolosa per l’incolumità pubblica. La sentenza del Tar di Palermo che ha respinto il ricorso presentato dai proprietari dell'immobile contro l'ordinanza di abbattimento ha dato il via libera alle ruspe. L’ordinanza di demolizione era stata emessa un anno prima, proprio perché l’immobile non era sicuro. I proprietari si erano opposti perché sostenevano che la casa non era pericolante, e che era in programma un’opera di ristrutturazione dell’immobile, per cui hanno chiesto nel 2008 la concessione edilizia per la demolizione e la ricostruzione in cambio alla rinuncia della concessione edilizia ottenuta nel 1991 e del ristoro per i danni subiti dal terremoto del 1981. La concessione è stata negata dal Comune.
Dopo casa La Francesca, ai primi di agosto del 2014 anche il lido "Le Torrazze" scompare dalla spiaggia. A due anni di distanza dall'applicazione dei sigilli, la Procura di Marsala dispose il dissequestro dello stabilimento balneare per permettere ai proprietari di demolire la struttura.
Delimitazione spiaggia e rinaturalizzazione - Demolita Casa La Francesca e il lido "Le Torrazze", altra vicenda resa complicata dalle solite lungaggini burocratiche della Regione è stata quella della definizione dei confini tra la parte pubblica e quella privata della spiaggia di Torrazza. Due le strade percorribili: la delimitazione della spiaggia, voluta soprattutto da Legambiente da un lato, e dall’altro, il progetto di rinaturalizzazione dell’area, presentato dall’amministrazione comunale di Petrosino.
Processo Licata per lottizzazione abusiva - Infine a conclusione del racconto di quanto accaduto in questi anni attorno alla spiaggia di Torrazza, torniamo ai primi di marzo del 2017 con l’inizio del processo all'imprenditore Licata, concluso pochi giorni fa con la sentenza del giudice Chiaramonte: due anni e mezzo di reclusione per lottizzazione abusiva dei terreni della zona di Torrazza, su cui cominciò a costruire un albergo su alcune strutture spacciate per opifici. Licata è stato inoltre condannato a un risarcimento danni in favore del Comune di Petrosino costituitosi parte civile, assistito dagli avvocati Giuliano Pisapia e Valerio Vartolo da quantificarsi in sede civile per il danno materiale ed in 20.000 euro per danno non patrimoniale. Condannato per danno non patrimoniale a risarcimento di 15.000 euro per Legambiente, assistita dall'avvocato Giovanni Gaudino, ed euro 2000 per l'associazione Codici. Il giudice ha disposto anche la confisca dei terreni di Licata che saranno dati al Comune di Petrosino e lo ha assolto dagli altri capi d'imputazione, quelli sulla realizzazione abusiva di una strada e del lido sulla spiaggia di Torrazza.