E’ ormai definitiva la sentenza con cui, lo scorso 12 febbraio, la Corte d’appello di Palermo confermò la condanna a cinque anni di carcere, per estorsione, inflitta con rito abbreviato, il 5 giugno 2018, dal gup di Marsala Annalisa Amato al 51enne Nicolò Salvatore Granata.
La settima sezione penale della Corte di Cassazione ha, infatti, respinto il ricorso della difesa avverso la condanna confermata in secondo grado dai giudici palermitani. Granata, operaio, già noto alle forze dell’ordine (in passato, è stato anche sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Marsala), il 19 marzo dello scorso anno, fu arrestato dai carabinieri in flagranza di reato, mentre si apprestava ad intascare il denaro chiesto ad una ragazza con cui, nel novembre 2017, aveva avuto un incidente stradale.
Lui era in bicicletta e stava portando a casa una pizza quando la giovane aprì lo sportello dell’auto, facendolo involontariamente rovinare sull’asfalto.
Da quel momento, Granata cominciò a chiedere, con numerose telefonate, di essere risarcito per i danni fisici subìti. Trovando, per altro, comprensione nella controparte. Il padre della ragazza, infatti, gli suggerì di recarsi da un legale per quantificare l’ammontare del danno, presentando la relativa documentazione medica. Ma Granata (in primo grado difeso dall’avvocato Diego Tranchida e poi dall’avvocato Maurizio D’Amico) scelse di percorrere un’altra strada. Continuando a chiedere denaro senza alcun intermediario. Tanto che la giovane vittima e il padre furono costretti a rivolgersi ai carabinieri, con i quali fu concordato di tendere una “trappola” al Granata. Fissato un appuntamento per la consegna del denaro, sul luogo si appostarono anche i militari dell’Arma, che al momento in cui l’uomo allungò la mano per prendere i soldi fecero scattare le manette. A convalidare l’arresto fu, poi, il giudice per le indagini preliminari Riccardo Alcamo, concedendo gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Il pm Anna Cecilia Sessa aveva chiesto la custodia cautelare in carcere. Nei vari gradi di giudizio, i difensori hanno tentato, senza successo, di fare derubricare l’accusa di estorsione nella meno grave imputazione di “esercizio arbitrario delle proprie ragioni”, ma sia il gup Amato, che la Corte d’appello di Palermo e infine, adesso, anche la Cassazione non hanno accolto la richiesta dei legali. Non accolta neppure l’ipotesi che il Granata fosse convinto di essere nel giusto. I giudici, infatti, hanno fatto notare la giovane automobilista e il genitore avevano detto all’uomo che erano disposto a risarcirlo, perché presentasse documentazione relativa ai danni fisici subiti nella rovinosa caduta dalla bicicletta. Ma lui decise di chiedere denaro senza fornire alcuna documentazione. E i giudici, evidenziandone la “personalità, ricavabile dai precedenti penali”, hanno sottolineato “la gravità e l’insistenza delle minacce”. E proprio i suoi precedenti penali, a quanto pare, avrebbero messo paura alla controparte. Tra i precedenti di Granata, uno risale alla fine del 2009, quando, pur essendo sottoposto all’obbligo di soggiorno nel Comune lilybetano, una gazzella dei carabinieri impegnata in un servizio di controllo alla circolazione stradale lo bloccò, arrestandolo, a Sant’Agata di Militello, sulla costa tirrenica della provincia di Messina. Granata era a bordo di un’auto guidata da un’altra persona (tale Ruggeri) il cui documento d’identità risultò contraffatto.
In caserma, poi, dai successivi accertamenti, è emerso che Granata, in quel periodo, non poteva uscire dai confini del Comune di Marsala. E per questo motivo fu arrestato in flagranza di reato e rinchiuso, in attesa dell’udienza di convalida, nel carcere messinese di Gazzi.