“Inammissibile”. E’ così che la quinta sezione della Corte di Cassazione ha bollato il ricorso di Vittorio Sgarbi contro la sentenza di condanna subita, in primo e secondo grado, per diffamazione in danno del maresciallo dei carabinieri Giovanni Teri.
Adesso, quindi, il noto critico d’arte dovrà sborsare quasi 50 mila euro. La Cassazione ha, quindi, reso definitiva la condanna (2700 euro di multa) che il 18 luglio 2018 il giudice monocratico del Tribunale di Marsala Mariapia Blanda inflisse a Sgarbi per diffamazione in danno del maresciallo Teri, ex comandante della stazione dei carabinieri di Salemi, di cui il noto critico d’arte ferrarese è stato sindaco dal 30 giugno 2008 al 15 febbraio 2012.
La Suprema Corte ha confermato la sentenza con cui, il 7 novembre 2019, la terza sezione della Corte d’appello di Palermo aveva condiviso quella del giudice Blanda.
La Cassazione ha anche condannato Sgarbi al pagamento delle spese processuali, nonché di 3 mila euro in favore della Cassa delle Ammende e alla refusione delle spese sostenute dalle due parti civili, liquidate in 3 mila euro ciascuna. Con Sgarbi, era stata condannata (a 2 mila euro di multa) anche l’ex vice sindaco Antonella Favuzza, di 61 anni. Ed entrambi erano stati condannati a risarcire il danno procurato al sottufficiale dell’Arma, costituitosi parte civile con l’assistenza dell’avvocato Mariella Martinciglio. La Cassazione, però, ha annullato la condanna subita in primo e secondo grado dalla Favuzza, revocando anche il risarcimento danni. Il giudice Blanda stabilì (e la Corte d’appello confermò) che Sgarbi, difeso dall’avvocato Giovanni Di Giovanni di Caltanissetta, dovrà versare al maresciallo Teri 30 mila euro. Secondo l’accusa, Sgarbi e Favuzza, per i quali il pm, a Marsala, aveva invocato 9 mesi di reclusione, avrebbero “in più occasioni” rilasciato dichiarazioni “tendenti a gettare discredito sull'operato” del sottufficiale, paventando anche qualche rapporto o conoscenza con Pino Giammarinaro, ex deputato regionale della Dc, poi coinvolto in varie indagini. Ma la “conoscenza” che il maresciallo Teri avrebbe avuto di Giammarinaro sarebbe stata di altra natura. E cioè investigativa. Teri, infatti, aveva svolto attività di pg nell’ambito dell'indagine che in seguito verrà battezzata “Salus Iniqua” e in altre che poi furono alla base del provvedimento sfociato nello scioglimento del Comune di Salemi per infiltrazioni mafiose. Indagini che Sgarbi definì “corrotte perché senza alcun riscontro oggettivo”, affermando inoltre: “Si trasformano maldicenze e chiacchiericcio in ipotesi di reato”. Sgarbi e Favuzza erano accusati anche di avere diffamato un ex consigliere comunale di Salemi, Melchiorre Angelo, in passato sostenitore della loro giunta. Da questa accusa in primo grado sono stati entrambi assolti, ma poi la Corte d’appello sentenziò che i due imputati dovevano risarcire, in solido, il consigliere con 5 mila euro. Condanna che adesso è stata confermata solo per Sgarbi.