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19/07/2021 17:00:00

Cinquantasette giorni

di Giuseppe Prode

La cabala non c’entra, racconto una storia siciliana, racconto una storia italiana, qualcosa che è accaduto ventinove anni addietro a Palermo e dintorni. Sono gli inizi professionali di un fotografo che dentro aveva (e ha) il sacro fuoco della notizia, i suoi riferimenti sono alti - Letizia Battaglia, Franco Zecchin, e quando iniziò fu gettato nella mischia e iniziò a fotografare tutto. Il tempo ci ha detto poi, che Tony Gentile compose un mosaico che oggi a rivederlo fa venire i brividi; Davide Enia in un racconto prezioso che ci ha regalato per un libro fatto nel 2015, traduce in letteratura quanto abbiamo raccontato con le fotografie. E’ un racconto che inizia nel 1989 con gli esordi professionali di Tony e si arriva fino al 1996, ma c’è un numero che casualmente il nostro ha scoperto e che torna due volte: 57.

Il 27 marzo 1992, a Palermo, durante la presentazione alla stampa della candidatura di Giuseppe Ayala alle elezioni politiche, due amici corsero a dare manforte ai lavori di quel pomeriggio: un momento una frazione di secondo e Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, scambiarono qualche parola. Non sapremo mai cosa si dissero, ma i loro volti sono speciali, sorridenti e complici. Gentile era lì, insieme ad altri colleghi e fermarono il momento.

57 giorni dopo, la strage di Capaci. Lo Stato incapace di comprendere cosa fosse successo fece passare altri 57 giorni e via D’Amelio certificò la totale inadeguatezza delle istituzioni a proteggere i suoi servitori, giudici e poliziotti. Il 20 luglio 1992, quello scatto diventò icona e vessillo di legalità. Gaetano Savatteri, nel suo libro Non c’è più la Sicilia di una volta scrive: “Il 1992 segna il prima e il dopo, il momento fondativo della vittoria o della sconfitta dello Stato sulla mafia”, e lui in questo saggio pone il 1992 come anno da dove iniziare un ragionamento sul domani.

Credo che quella domenica d’estate, il 19 luglio, sia una data che decreta la sconfitta dello Stato sullo Stato, semplicemente. E quella fotografia con la quale faccio i conti da ventinove anni, questo mi ha ricordato per molto tempo.

Lo Stato reagì è vero, ma loro già sorridevano da una parete.

[La fotografia in copertina è di Tony Gentile]