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27/01/2022 10:58:00

Altri guai per uno dei Carabinieri condannati a Pantelleria

  Altri guai giudiziari per uno dei carabinieri della stazione di Pantelleria (il maresciallo Claudio Milito) condannati per aver avuto “mano pesante” su alcune persone fermate per normali controlli (“pestaggi” e i “sequestri di persona”, nel 2011, tra le mura della caserma).

Milito, che il 15 dicembre 2015 è stato condannato dal Tribunale di Marsala a quattro anni e mezzo di reclusione, sentenza poi confermata anche in Cassazione, il mese scorso è stato, infatti, arrestato dalla polizia a Cava dei Tirreni, città di cui è originario, per atti persecutori, sequestro di persona, rapina e violazione di domicilio ai danni della ex convivente.

Gli agenti del Commissariato campano erano intervenuti sul luogo di lavoro della donna perché sarebbe stata oggetto di atti persecutori anche lì. L’ex compagna del maresciallo Milito, che era in regime di affidamento in prova ai servizi sociali proprio a seguito della condanna per i fatti di Pantelleria, riferiva ai poliziotti che poco prima, nell’uscire dalla propria abitazione, sul pianerottolo, vi trovava l’ex convivente che le chiedeva insistentemente spiegazioni sulla fine della loro storia, strappandole di mano le chiavi di casa e costringendola con la forza ad entrare all’interno della sua abitazione.

L’uomo, oltre ad inveire contro la donna, perché non accettava la fine del rapporto sentimentale e da qualche tempo la stava anche perseguitando con telefonate e messaggi ripetuti sull’utenza telefonica della stessa, per circa mezz’ora le impediva di uscire dall’abitazione per recarsi al lavoro, insistendo nel chiederle spiegazioni, e continuava a seguirla con fare persecutorio fino al luogo di lavoro. Una volta sul posto, gli agenti raccoglievano le dichiarazioni della donna e, presupponendo che l’uomo potesse essere ritornato presso l’appartamento avendole sottratto le chiavi, si recavano presso lo stabile ove effettivamente rintracciavano Milito che era appena uscito dall’abitazione, con al seguito il cane della vittima e le chiavi di casa, precedentemente sottratte alla donna. Subito bloccato, Milito veniva condotto negli uffici del Commissariato e deferito all’autorità giudiziaria. E per questi fatti poi arrestato e condotto in carcere sia per i reati commessi ai danni dell’ex compagna, che per l’esecuzione della precedente condanna. Quest’ultima era arrivata a seguito dell’indagine condotta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura di Marsala (all’epoca, comandata dal luogotenente Antonio Lubrano), che poi, per i tanti nemici che si era fatta a causa delle numerose inchieste svolte su vari fronti, anche contro rappresentanti delle stesse forze dell’ordine, oltre a subire varie intimidazioni, fu “smantellata” dopo alcuni esposti anonimi in cui si lanciavano pesanti accuse contro i suoi componenti. Accuse poi rivelatesi infondate. Tra le varie inchieste condotte, non soltanto quella sui carabinieri “maneschi” di Pantelleria, ma anche quelle su poliziotti di Mazara e Marsala e militari della stessa Guardia di finanza di Pantelleria e Castelvetrano. Con perquisizioni nella caserma delle Fiamme Gialle di Castelvetrano e al Commissariato di polizia di Mazara. Insomma, tante le frizioni. E sui processi scaturiti dalle lettere anonime e finiti in un flop per gli anonimi accusatori è stata anche presentata un’interrogazione parlamentare. L’ha presentata, alla Camera dei deputati, l’on. Maria Carolina Varchi (FdI), che chiede ai ministri dell’Economia e Finanze e della Giustizia “di quali informazioni disponga il Governo, per quanto di competenza, in merito alle vicende di cui in premessa, con particolare riguardo alla loro durata, alle conseguenze sulla carriera dei militari coinvolti e al relativo costo a carico del bilancio pubblico”.