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11/02/2022 06:00:00

Da Londra a Palermo. Argano: "La cardiochirurgia deve accelerare sulle nuove tecnologie"

 Al Policlinico ʺPaolo Giacconeʺ di Palermo il dottore Vincenzo Argano, 64 anni, è stato nominato nuovo direttore del reparto di cardiochirurgia.

La nomina è stata deliberata dal commissario straordinario Alessandro Caltagirone al termine del concorso. "Sono certo - sottolinea Alessandro Caltagirone - che la professionalità acquisita nel corso degli anni sarà ben riposta nelle attività del Policlinico che già da alcuni anni risentono delle sue competenze altamente specialistiche. Una visione, quella orientata a favorire il trattamento di patologie complesse, in linea con l’obiettivo che ci siamo posti di implementare sempre più gli interventi chirurgici delicati e salva vita. Ciò ha ancora più valore oggi in cui è pressante l’esigenza di riprendere a pieno l’assistenza per i pazienti no Covid. Tra questi vi sono certamente quelli affetti da patologie cardiache per i quali l’esigenza di poter contare su interventi programmati e programmabili è fondamentale".


Il dottor Argano possiede un curriculum di preziosa eccellenza…
Dopo la laurea in Medicina e chirurgia presso l’Università di Palermo nel 1982, Argano si è specializzato in Cardio-angio chirurgia presso l’Università di Padova con il professore Vincenzo Gallucci. Nel 1985 si è trasferito in Gran Bretagna per proseguire la sua formazione chirurgica e qualificarsi nel 1991 come specialista in chirurgia generale presso la scuola di specializzazione di Glasgow e nel 1997 come specialista in Chirurgia cardiaca e toracica presso Intercollegiate Specialty Board di Londra.


L’apice della carriera in Inghilterra…
La sua formazione professionale si sviluppa a Londra per ben 22 anni con i maggiori esperti britannici in Chirurgia cardiaca (Ross, Yacoub e Wright) e in Chirurgia toracica (Goldstraw e Dusseck) riconosciuti esperti internazionali. Dieci anni di primariato in Inghilterra, raggiunto all’età di 39 anni, nel reparto di Chirurgia cardiaca e toracica dell’ospedale universitario di Morriston a Swansea e come referente dello Specialty advisory committee del Royal college of surgeon Britannico guida la scuola di specializzazione in Chirurgia cardiaca e toracica in Galles dal 2002 al 2006. Nel 2006 rientra a Palermo, per dirigere il dipartimento Cardio-toraco-vascolare del Maria Eleonora Hospital-GVM group e successivamente per guidare la ripresa del reparto di cardiochirurgia del Policlinico universitario di Palermo, dopo il trasferimento del professore Ruvolo a Roma.
La sua esperienza professionale gli ha consentito di ottenere tra i migliori risultati chirurgici in Gran Bretagna, riconosciuti dalla Società nazionale britannica di Chirurgia cardiaca e toracica, e in Italia, riconosciuti da Agenas. Gli oltre diecimila interventi effettuati nella sua carriera professionale gli hanno permesso di acquisire una notevole esperienza nel trattamento chirurgico tradizionale e mininvasivo delle patologie coronariche, della valvola aortica e della valvola mitralica, principalmente riparativa. Significativa la sua esperienza nella chirurgia dell’aorta toracica e toraco-addominale che ha perfezionato lavorando con i maggiori esperti internazionali come il professore Yacoub in Gran Bretagna, il professore David in Canada e il professerò Coselli negli Usa Dal 2010 ha accumulato anche una notevole esperienza nella chirurgia percutanea per trattamenti endovascolari.

Il suo arrivo in Italia, Sicilia, risale al 2007: ʺ Ho sentito la necessità di rientrare per mettere la mia esperienza a servizio della mia gente – ci spiega il dottore Argano – Non avevo mai lavorato in Italia e il passaggio è stato complesso. In Inghilterra è più semplice lavorare perché tutto è estremamente organizzato. Ogni professionista svolge le sue competenze senza problemi. Qui in Sicilia non è proprio così. L’organizzazione del lavoro quotidiano è molto complessa e mi sono trovato coinvolto in mansioni diverse dall’attività clinica. Bisogna sempre essere vigili, per evitare contrattempi che potrebbero compromettere la qualità di cura dei pazienti verso i quali abbiamo un enorme senso di responsabilità. Proprio per questo ho sempre lavorato per creare un reparto funzionale, facendo molta attenzione alla qualità del personale e alle procedureʺ.


Altra differenza rispetto all’Inghilterra è il rapporto interpersonale del medico con il paziente e i familiari del paziente…
ʺIn Inghilterra il rapporto con i pazienti e i familiari risulta meno complesso che in Italia - continua a spiegarci Argano – La difficoltà consiste nel fatto che una caratteristica italiana è in genere quella di essere sospettosi, e quindi i pazienti e i familiari non si affidano completamente al professionista che spesso è oggetto di critica. Nel tempo, cercherò sempre di non trascurare l’aspetto importantissimo del rapporto medico-paziente che fino ad ora ha reso il mio lavoro estremamente gratificante. Dopo il trattamento cardiochirurgico il paziente, nella stragrande maggioranza, subisce un miglioramento delle sue condizioni generali che lo riportano ad una vita attiva. Del resto questa ritengo sia la nostra missione: rendere migliore la vita del paziente e dargli una nuova possibilità, una sorta di rinascita come mi scrivono spesso nei messaggiʺ.


Gli chiediamo quali sono ancora gli obiettivi da realizzare e lui ci risponde senza esitazione: ʺlavorare per migliorare la qualità delle prestazioni rendendole sempre meno invasive con la microchirurgia e incidere maggiormente sulla formazione. La scuola di formazione specialistica in cardiochirurgia del Policlinico è stata sospesa per la temporanea carenza di personale universitario Eˈ importante riattivare tale scuola agendo soprattutto sull’aspetto pratico oltre che su quello teorico seguendo un modello inglese. Parte importante nella carriera di un professionista esperto è quella di trasmettere le sue conoscenze e il “know-how” per tramandare le competenze e mantenere alta nel tempo la qualità del servizioʺ.


Il dottore Argano ci fa inoltre sapere che questo periodo pandemico è stato particolarmente difficile sia per i pazienti che per i professionisti: ʺ I pazienti hanno dovuto vivere in totale isolamento, abbiamo dovuto impedire l’ingresso dei familiari nei reparti ma, nello stesso tempo, abbiamo cercato di garantire un supporto psicologico e, in certi casi di estremo bisogno, abbiamo garantito la presenza di un familiare accompagnatore, naturalmente seguendo le dovute precauzioni. La cosa più brutta per i pazienti è sentirsi abbandonati al loro destino cosa che incide negativamente sul loro recupero”.

 

Dorotea Rizzo