La Corte d’Assise di Palermo ha emesso una sentenza di condanna all’ergastolo per Gaetano Scotto, accusato dell’omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, uccisi il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini, nei pressi di Palermo. La sentenza, che accoglie la richiesta della Procura generale, è stata pronunciata dalla Corte presieduta dal giudice Sergio Gulotta. In aula erano presenti anche la procuratrice generale Lia Sava e i sostituti pg Nico Gozzo e Umberto De Giglio.
Francesco Paolo Rizzuto, l'altro imputato accusato di favoreggiamento aggravato, è stato invece assolto. La Corte ha inoltre stabilito l’interdizione dai pubblici uffici per Scotto e ha disposto il risarcimento delle parti civili, con una provvisionale di centinaia di migliaia di euro per i familiari delle vittime.
Le figlie di Vincenzo Agostino, Flora e Nunzia, presenti in aula, sono scoppiate in lacrime subito dopo la sentenza. Il padre, Vincenzo Agostino, che sin dal giorno dell’agguato non aveva mai tagliato la barba in segno di protesta e in attesa di giustizia, è morto lo scorso aprile senza poter conoscere il verdetto. La madre, Augusta Schiera, era deceduta cinque anni prima. A portare avanti la loro lunga battaglia per la verità sono state proprio Flora e Nunzia, insieme ai nipoti, che hanno assistito alla decisione della Corte.
“Questa sentenza è una vittoria della memoria di Vincenzo Agostino e Augusta Schiera, che con il loro impegno titanico hanno permesso alla giustizia italiana di conservare oggi una sua dignità”, ha dichiarato Fabio Repici, legale della famiglia Agostino.
Durante il processo, è emerso il ruolo cruciale del poliziotto Agostino, che all'epoca dei fatti lavorava presso il Commissariato di San Lorenzo a Palermo e raccoglieva informazioni sui latitanti operanti nel mandamento di Resuttana. Questo dettaglio è stato ritenuto decisivo dalle parti civili per stabilire la responsabilità della compagine criminale coinvolta nell’omicidio.
In passato, il boss mafioso Nino Madonia era stato già processato per lo stesso delitto in un procedimento parallelo, con rito abbreviato. Oggi, Gaetano Scotto, ritenuto un suo stretto collaboratore, ha ricevuto la condanna all'ergastolo. Durante le arringhe, la difesa di Scotto ha sostenuto che l’omicidio non fosse di matrice mafiosa, ma derivasse da "altri rapporti" e che non ci fosse alcuna prova che collegasse Scotto all’omicidio. Tuttavia, la Corte ha respinto queste tesi, condannando l’imputato.
La sentenza segna un passo importante in una vicenda che ha segnato profondamente la città di Palermo e che, a distanza di 35 anni, trova finalmente una conclusione giudiziaria.