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18/11/2024 06:00:00

Femminicidi: il ruolo delle scuole e i Centri per gli uomini "maltrattanti"

Quando si parla di violenza sulle donne c’è sempre un dubbio che appare visibile: è più facile non credere alla donna. Nella maggior parte dei casi l’uomo nei rapporti fuori casa si mostra come una persona affidabile e sorridente. Come può poi diventare un mostro con la moglie e i figli?

I reati di maltrattamento in famiglia sono complessi, avvengono nella sfera delle relazioni affettive e spesso sono caratterizzati da un’iniziale mancanza di disponibilità della donna di procedere contro il partner.

Anche quando le donne lasciano il maltrattante in loro non c’è alcun desiderio di punizione, prevale la voglia di essere libere e al sicuro.

E’ per questa ragione che appare essenziale che la prima valutazione del rischio avvenga in maniera tempestiva, per evitare epiloghi tragici.
Il momento della denuncia è la volontà di mettere fine alla spirale di violenza. Ma proprio in quel momento l’uomo diventa ancora più violento fino ad arrivare al femminicidio. La denuncia si rivela insufficiente se non supportata da una valutazione del rischio e, quindi, di un piano di sicurezza per la donna.
Prevenire la violenza si può con una serie di azioni che mirano al rispetto, all’educazione all’accettazione della fine di una relazione. Essenziale è il ruolo della scuola.

Focus Scuola

Stefano Rossi, psicopedagogista scolastico, spiega che il primo tema da focalizzare è che cos'è la violenza.
Suddivide la violenza in fredda e calda: “La violenza fredda è la violenza di un cuore anaffettivo, la violenza di ragazzi ma soprattutto uomini che non sentendo il loro sentire non sentono il sentire dell'altro. E questa è una prima tipologia di violenza dove rientra chiaramente la cosiddetta triade oscura che in ambito psichiatrico comprende il macchiavellismo, la sociopatia e il narcisismo. Di contro, c'è una violenza altrettanto distruttiva ma radicalmente opposta che è la violenza calda, bollente. È quel tipo di violenza in cui è più facile incappare perchè è dovuta alla difficoltà della regolazione emotiva, quindi alla perdita del controllo sulle emozioni. La rabbia si trasforma in furia e la violenza impulsiva nei fatti crea altrettante ferite, altrettanta sofferenza”.

Ecco che la scuola può arrivare a compiere un atto importantissimo, può “sfruttare le crisi emotive e comportamentali di bambini e ragazzi, per insegnare loro la regolazione emotiva. Noi dovremmo insegnare ai nostri ragazzi, dopo che si sono arrabbiati, a mettersi una mano sul cuore, a cercare di sentire quale ferita c'è sotto la rabbia. Dobbiamo iniziare a capire che la rabbia è un'emozione arcaica che spesso nasconde una tristezza, un dolore, una ferita”.

La violenza fredda rientra nello schema interpretativo della crudeltà, del narcisismo, della manipolazione, dell'opportunismo maligno, allora l'unica forma di educazione possibile è sempre quella empatica nella misura in cui dovremmo insegnare a bambini e ragazzi a sentire il loro sentire. Quella che noi definiamo cultura maschilista è figlia di un'educazione emotiva che ancora oggi è poco attenta alla parità “rimasta intrappolata in quegli stereotipi che sono gabbie invisibili che portano pian piano i bambini, i ragazzi e gli adulti a capire cosa possono e non possono pensare, sentire e fare. Questo schema culturale, come ogni schema, resiste al cambiamento o tenta di resistere al cambiamento”.

Ecco che l'educazione emotiva ha l’obiettivo di  scardinare tutti i pregiudizi che alimentano la cultura del maschio tossico, emotivamente analfabeta e aggressivo.

I Centri per uomini maltrattanti

Nel 2009 è nato a Firenze il Centro Ascolto Uomini Maltrattanti (CAM), con un approccio di contrasto alla violenza maschile attraverso la decostruzione degli stereotipi e dei nodi culturali che stanno alla base del comportamento violento. Il trattamento degli uomini violenti era già presente sin dal 1995 nel lavoro del Centro italiano per la promozione della mediazione (CIPM) di Milano.
L’obiettivo è la responsabilizzazione dell’autore delle violenze, mantenendo sempre la centralità della vittima, per interrompere i comportamenti violenti. 
Per la Sicilia il governo nazionale ha previsto un fondo di 694.419 euro, somma che serviva per strutturare la rete regionale di centri per uomini autori di violenza (Cuav). In tutto ci sono 10 centri, due a Palermo e uno in ciascuna delle altre province.
Si tratta di percorsi psico-educativi, necessari per la fuoriuscita dal tunnel della violenza ma anche per recuperare la persona che ha commesso violenza.

Qui raccontiamo la storia del centro di Trapani.