Domenico Venuti, ex sindaco di Salemi e segretario provinciale del PD, perché il primo partito di opposizione in Italia fatica a trovare una sintesi e un'omogeneità, creando correnti che, invece di convogliare energie, generano divisioni e tensioni?
Il problema del PD è proprio questo: non sono le correnti o le organizzazioni che si sviluppano attorno a un pensiero particolare, storico o di prospettiva, ma l'incapacità di sintetizzare queste diverse visioni. Questo rappresenta un enorme limite della classe dirigente, un ostacolo che la segretaria Schlein sta cercando di superare. Tuttavia, di tanto in tanto emergono frecciate interne che mettono in discussione la sua linea politica. Credo che certe questioni non vadano affrontate attraverso i giornali, ma discusse direttamente, prima a livello personale e poi negli organismi deputati a prendere decisioni.
In secondo luogo, ritengo che sia necessario uno sforzo maggiore: accontentarsi di essere il primo partito di opposizione è un'ambizione al ribasso. Abbiamo le potenzialità non solo per diventare il primo partito, ma anche per creare un collante che attragga altre forze politiche, in modo che il Partito Democratico possa essere un punto di riferimento a Roma, a Palermo e anche a Marsala per le amministrative. Questo è un lavoro che dobbiamo impegnarci a portare avanti.
Non aiuta lo spettacolo che si è visto in Sicilia, dove la situazione si è ulteriormente deteriorata per una serie di ragioni. Tra queste, il fatto che, nonostante il PD abbia ripreso fiato negli ultimi anni elezione dopo elezione, questa crescita si sia fermata a Reggio Calabria. Dobbiamo interrogarci su questo, e chi guida il partito, avendone la responsabilità, deve farlo per primo.
Ci sono una serie di problematiche che avrei voluto affrontare in un congresso. In qualità di segretario provinciale e, insieme ad altri, di responsabile a livello regionale, dico: sediamoci e discutiamo di tutto questo.
Qui l'intervista integrale a Domenico Venuti.
Cristina Ciminnisi, deputata regionale del M5S, nei giorni scorsi abbiamo sentito il sindaco di Petrosino, Giacomo Anastasi, che ha detto basta con lo scaricabarile sulla Diga Trinità. Che novità abbiamo da Palermo?
Purtroppo non ci sono novità. La scorsa settimana si è tenuta la seduta della III Commissione Attività Produttive, che si occupa anche di agricoltura, in cui l’assessore regionale ha preso tempo, chiedendo la possibilità di pazientare ancora. Paradossalmente, ha richiesto un ulteriore mese per nominare un nuovo consulente che possa fornire elementi utili a individuare una quota d’invaso ritenuta sicura. L’obiettivo sarebbe portare almeno la diga a una quota di 61,90, che però sappiamo già essere insufficiente rispetto alle reali necessità del territorio. Si tratta di 6.000 ettari di terre coltivate che avrebbero bisogno di una quota d’invaso di 63,70, già considerata una misura minima per un’irrigazione di soccorso.
Attualmente si sta cercando questo nuovo consulente, il cui nome l’assessore non ha voluto rivelare. Nel frattempo, il tempo scorre e per gli agricoltori non c’è ancora una risposta. Se non si riuscisse a raggiungere una quota d’invaso idonea a garantire la campagna irrigua, da dove prenderanno l’acqua? Abbiamo chiesto se esistano progetti alternativi per far arrivare l’acqua da altri invasi attraverso condotte, ma al momento non ci sono soluzioni concrete all’orizzonte. Siamo molto preoccupati: non è solo un problema dell’agricoltura in sé, ma rischia di diventare un problema sociale.
Il problema della Diga Trinità è comune ad altri invasi regionali. Tanti anni di immobilismo politico e ora a farne le spese sono i cittadini. La pioggia ha messo in ginocchio il Messinese. Questo governo sembra fermo al palo sulla prevenzione.
Quello dell’alluvione è un tema per me molto sensibile, avendo vissuto nei primi giorni del mio mandato il caso di Salina Grande. Si deve lavorare sulla prevenzione, ma il governo, nella scorsa finanziaria, si è limitato a intervenire sulla questione delle allerte, un aspetto sicuramente fondamentale in caso di calamità, ma ha trascurato completamente la prevenzione. Parliamo di un territorio fragile, che soffre di dissesto idrogeologico e che non si riesce a mettere in sicurezza perché le politiche attuate sono inadeguate e tardive. Le risorse si disperdono e, nel lungo periodo, manca la lungimiranza di comprendere che questi fenomeni sono ormai la nostra quotidianità.
Dobbiamo attrezzarci per mitigare gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici, ma questo governo non lo fa, arrivando persino a negare che l’uomo possa intervenire. Serve una gestione responsabile del territorio, con politiche lungimiranti volte alla riduzione dell’impermeabilizzazione delle città. Tutte misure che, purtroppo, questo governo continua a ignorare.
Qui l'intervista completa a Cristina Ciminnisi.